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Il personaggio

Enza La Fauci: l’export è il nostro salvagente. Piccole e grandi cantine siamo su un’unica barca

28 Maggio 2014
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“L'export è il nostro salvavita. La nostra boccata di ossigeno. Senza i nostri importatori o distributori che ci consentono di vendere le bottiglie fuori dai confini italiani potremmo chiudere le cantine. E questo vale per i piccoli produttori quelli da 80 mila bottiglie e anche per i grandi, quelli da 500 mila o tre milioni di bottiglie”. 

Enza La Fauci è una brava e tosta. Ed è una che non le manda a dire. Dal suo piccolo osservatorio di Messina (produce un Faro Doc sempre più buono) ha qualcosa da dire sul vino siciliano. Squilla il telefono. È il suo numero. La ascoltiamo. E ne scriviamo.

Qual è il sentiment? Sei preoccupata per il presente? Che l'export sia il vostro salvagente ormai da qualche anno è un fatto consolidato. Cosa c'è di nuovo?
“Di nuovo c'è che è meglio ribadirlo. Siamo tutti sulla stessa barca e vorrei che si pensasse che il sistema Sicilia, il sistema del vino si intende, fosse considerato alla stessa stregua da tutti. È un sistema infatti perchè tutti mi pare contribuiamo a migliorarlo e a farlo crescere. E mi pare che i risultati non sono mancati. E forse possiamo ancora fare di più”. 

E il tuo export come va?
“Direi bene. Vendiamo ai francesi e questo mi inorgoglisce molto. E non solo. Oggi le vendite all'estero rappresentano il 65 per cento della mia produzione che si attesta sulle 15 mila bottiglie. Una percentuale impensabile sino a poco tempo fa quando tutti guardavamo all'Italia. Il nostro Paese è in crisi di coraggio e di fiducia. Tornerà. Ma non sarà nulla come prima. Tuttavia ne approfitto per ringraziare quei ristoratori siciliani – e ce ne sono – che nonostante il momento difficile tengono alta la barra della qualità. E investono anche sui nostri vini”.

E quindi export avanti tutta?
“Export. Certo. Ma con l'idea che dobbiamo vendere i territori. Come fanno i francesi. E vorrei che molte piccole aziende siciliane si rendessero conto e promuovessero di più il proprio territorio a dispetto anche del proprio marchio. Il brand serve. Ma accanto al territorio. Non viceversa”.

Si parla molto di enoturismo. È un altro volano?
“Ovvio. Ma lì la strada la vedo ancora in salita. Perchèéè la Sicilia tutta a scontare una serie di svantaggi. Non ultimo quello delle compagnie aeree. Siamo penalizzati. E non siamo riusciti neanche a trarre vantaggio dal Nord Africa vittima delle rivolte. Detto questo credo che l'enoturismo sia importante. E molti turisti se scoprono il nostro vino ne restano folgorati. Ma l'export è più importante”.

Hai sentito che l'Irvos è in difficoltà? Dipendenti senza stipendi, pochissimi fondi dal governo regionale, c'è chi teme il peggio…
“Più che sentirlo lo avverto ogni giorno. Spero che l'istituto vite e vino sia salvaguardato. Mi auguro che i deputati regionali facciano qualcosa per dotarlo delle risorse finanziarie necessarie. E poi, attenzione. Per noi produttori, soprattutto i piccoli produttori, l'Irvo è una garanzia super partes di cui ne abbiamo bisogno come l'aria che respiriamo. Mi piacerebbe che un po' del mondo del vino facesse sentire la sua voce. A difesa di quest'ente che in questi anni è stato sempre al nostro fianco in modo tangibile”.

Parliamo di vendemmia 2014. Fare previsioni è azzardato. Ma quello che hai visto fino ad ora com'è?
“Le uve sono ottime. Lo scorso anno in agosto andava tutto bene. E poi sono arrivate le piogge. Oggi incrociamo le dita. E speriamo che continui il trend positivo di quest'estate non troppo calda”.

F. C.