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Maiorchino

30 Ottobre 2008
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Maiorchino

Pare che il Maiorchino abbia fatto la sua comparsa intorno al Seicento. Ancora oggi, a Carnevale, con le forme stagionate, nei comuni di Basicò e Novara di Sicilia (in provincia di Messina), si effettua la tradizionale ruzzola: i pastori gareggiano facendole rotolare lungo il pendio della via principale del paese.
Si produce da febbraio fino alle seconda decade di giugno (nelle annate migliori) in piccolissime quantità, lavorando latte crudo di pecora (con un’aggiunta del 20% circa di latte di capra e il 20% di latte di vacca) e unendo caglio in pasta di capretto o agnello. Gli animali sono allevati sui pascoli ricchi di essenze foraggere spontanee dei monti Peloritani. Le attrezzature sono tradizionali: caldaia di rame stagnato (quarara), bastone di legno (brocca), fascera di legno (garbua), tavoliere di legno (mastrello), asta di legno o ferro (minacino).
Dopo la rottura della cagliata in grani minuti e la cottura nella quarara, si colloca la pasta nelle fascere. Inizia a questo punto l’affascinante fase della foratura (o bucatura), per favorire la fuoriuscita del siero dalla pasta. Con un ago di ferro (il minacino) si forano le bolle d’aria che via via si formano nella pasta, pressando poi delicatamente con le mani la superficie del pecorino. Un’operazione lenta e paziente che può durare anche due ore e che viene ripetuta, se necessario, dopo una seconda cottura. Si sala a secco per 20, 30 giorni e infine si fa stagionare (fino a 24 mesi) in locali di pietra interrati, freschi e umidi, dotati di scaffali in legno.
Il maiorchino ha forma cilindrica a facce piane o lievemente concave, crosta giallo ambrato che diventa marrone con l’avanzare della stagionatura e una pasta bianca compatta tendente al paglierino. L’altezza dello scalzo è di 12 cm e il diametro di 35 cm, il peso va dai 10 ai 18 chili.

Il Presidio
Il Maiorchino è un pecorino straordinario che sta rischiando seriamente di estinguersi. La tecnica di produzione, infatti, è molto complessa – richiede tempo, esperienza e cura – e la stagionatura lunga e costosa. E il mercato non premia con un prezzo adeguato un lavoro del genere e le grandi qualità di questo formaggio. Il Presidio, in collaborazione con il Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-Casearia di Ragusa vuole convincere i casari a riprendere la produzione di un formaggio che ha grandi potenzialità, ma che per ora è prodotto esclusivamente su ordinazione.
È uno dei più grandi pecorini d’Italia, sia in senso fisico che qualitativo. Ed è notevole anche la sua attitudine alle stagionature prolungate. Anzi, deve essere molto stagionato. Quando è giovane presenta sensazioni organolettiche meno intense, dominate dal vello e da sentori di latticello. Ma quando supera l’anno di stagionatura si trasforma, letteralmente: i profumi diventano persistenti e netti. Le ricerche del Corfilac hanno evidenziato odori di burro ed erbe, con note fruttate dolci e delicate che richiamano la mela e la vaniglia. Regge bene vini dolci o liquorosi, come il Marsala o la Malvasia delle Lipari, ma funziona anche con un Etna Rosso, di Nerello Mascalese o Cappuccio, come vuole la tradizione contadina che di fatto conosceva soltanto il vino rosso.

I produttori

Antonino Calderone
S. Lucia del Mela (Me)
Via Serri
tel. +39 090 935444
+39 320 4515059

Mario Mirabile
S. Lucia del Mela (Me)
Contrada Fanuso
tel. +39 090 935886

Responsabile Slow Food del Presidio
Pippo Privitera, tel. +39 335 8455507 privitera.slowfood@alice.it

 

Referente dei produttori del Presidio
Mario Mirabile, tel. +39 090 935886