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La provocazione

Mosto concentrato nei vini: ma è davvero utile?

17 Luglio 2012
Mosto Mosto

di Massimiliano Montes 

Oggi vorremmo provare a coinvolge direttamente i lettori per capire il loro punto di vista su un argomento assai delicato: l'aumento del grado alcolico del vino mediante artifizi di cantina.

Gli strumenti più usati per ottenere questo risultato sono il mosto concentrato ed il mosto concentrato rettificato nei paesi mediterranei, lo zucchero (saccarosio) nei paesi del centro-Europa. In Francia ed in Germania le annate climatiche sfavorevoli, con freddo e pioggia che anticipano la vendemmia, determinano un basso contenuto zuccherino nelle uve e conseguentemente un basso tenore di alcol sviluppato. Inoltre la pioggia prima delle vendemmie diluisce tutte le componenti dell'acino. I governi di Francia e Germania autorizzano, nelle annate sfavorevoli, lo zuccheraggio dei mosti per recuperare almeno in parte i difetti delle uve. C'è da dire che i Riesling tedeschi sono tra i migliori vini bianchi al mondo nonostante il basso contenuto alcolico, che spesso oscilla tra i 9° e gli 11°.  Non è quindi questo il parametro che rende un vino grande.

In Italia lo zuccheraggio è illegale dal 1965, perché qualche furbetto usava fare il vino con le fecce di cantina aggiungendo acqua e zucchero, convincendo così il legislatore a proibire la pratica. E' invece consentito addizionare i mosti con mosto concentrato (MC) e mosto concentrato rettificato (MCR). Il primo è un mosto disidratato che ha perso una parte della componente acquosa mediante evaporazione a freddo. Nel mosto residuo vengono concentrate tutte le componenti: colore, tannini, aromi, ed acidità sotto forma di acido malico. Il secondo viene trattato con resine scambiatrici (piccole palline apparentemente di plastica, composte da polimeri a scambio ionico e contenute in cilindri, che “depurano” il mosto) capaci di eliminare il 98% delle sostanze disciolte, lasciando solo acqua e zucchero d'uva. Una terza, recente, possibilità è quella di concentrare ulteriormente il MCR fino ad ottenere zucchero d'uva cristallino.
L'obiettivo finale è sempre quello: aggiungere zuccheri al mosto in fermentazione per aumentarne il grado alcolico.
 
Ma la domanda che rivolgo ai lettori è questa: è sempre necessario aumentare il grado alcolico per ottenere un vino di qualità? Inoltre, berreste un vino addizionato al fine di ottenere un grado alcolico elevato e stabile nel corso delle annate?
Personalmente credo che in annate veramente sfortunate, pur di non veder perso il frutto della vendemmia, accetterei zuccheri, MCR, o concentrazione con altri metodi, tipo osmosi inversa. Nelle annate normali no.
Nei paesi mediterranei difficilmente le vendemmie sono così umide e sfavorevoli da richiedere di addizionare il mosto per ottenere gradazioni alcoliche accettabili. Particolarmente negli ultimi tempi, con l'inasprimento del surriscaldamento globale, è veramente una rarità la dilavazione delle uve. Eppure le aziende produttrici di prodotti di enotecnica vendono ogni anno grandi quantità di MC e MCR. Come mai? Cosa ne fanno le cantine di tutto questo zucchero?
 
La risposta la possiamo trovare sugli scaffali delle enoteche. I vini, soprattutto quelli del mezzogiorno d'Italia, hanno quasi sempre gradazioni che oscillano tra 14° e 14,5°. Soprattutto sono in genere costanti negli anni. Tutte le annate di un vino noto, prodotto da una cantina nota, hanno sempre la stessa gradazione. Come se la variabilità delle annate per certi produttori non esistesse.
Ma siamo davvero sicuri che un vino di 12,5° sia qualitativamente inferiore ad uno di 14,5° ?
A voi la risposta.