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Scenari

Ricci ad altissimo rischio d’estinzione. A tavola tutto l’anno e manca una normativa ad hoc per la pesca

13 Settembre 2013
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Chi è quel matto che non ha mi gustato un piatto di spaghetti con le uova di ricci di mare? Impossibile non aver mangiato una tale prelibatezza.

Detto questo, anche con i ricci di mare bisogna andarci piano. Perché adesso si sta un po’ esagerando. Anzi, diciamolo pure: si sta molto esagerando.

Certo, battute a parte su un piatto che ormai in tanti conoscono, va detto che in Italia non tutti lo conoscono. Ci sono aree marine del nostro Paese – ma soprattutto di altri Paesi europei – dove i ricci di mare non sono valorizzati. Ma là dove sono conosciuti e apprezzati – come, ad esempio, nel Sud Italia, in Francia, in Spagna e in Giappone,  beh, la pesca di esemplari di Paracentrotus lividus (questo il nome della specie) potrebbe creare qualche problema. In alcune aree del Mezzogiorno d’Italia, ad esempio, è diventata eccessiva. Fino ai limiti dell’insostenibilità. Basta una semplice riflessione frutto di un’osservazione. Fino a non molti anni fa i ricci di mare si gustavano solo in estate. Oggi si mangiano in tutte le stagioni. Ciò significa che ormai si pescano in ogni mese dell’anno, come vedremo, non sempre rispettando le leggi biologiche e non soltanto biologiche che regolano la vita di questa particolare specie marina. Il problema è serio, perché il riccio di mare è una specie ha un accrescimento molto lento. Ciò significa che, nel lungo periodo, un eccessivo ‘sforzo di pesca’ (cioè il prelievo indiscriminato di ricci in certe aree marine) può provocare la scomparsa dei ricci nella zone marine troppo sfruttate. Cosa che, come vedremo, sta succedendo in alcune aree della Sicilia.

L’argomento che trattiamo oggi è molto particolare. Per questo abbiamo chiesto ‘lumi’ a Giovanni Basciano, che oltre ad essere un grande esperto di pesca (è lui il responsabile dell’Associazione generale delle cooperative italiane, sezione pesca, della Sicilia) è anche un biologo. Insomma, la persona giusta alla quale fare riferimento per trattare un argomento che richiede conoscenze specifiche.   

Intanto cominciamo col dire che non esiste, allo stato attuale, una normativa ad hoc che regolamenti la pesca e il commercio di questa specie ittica che fa capo agli echinodermi. I ricci di mare vengono inclusi nella legislazione dei molluschi bivalvi. Tuttavia, i due gruppi di organismi, ci spiega Basciano, sono accomunati dal fatto di essere consumati anche crudi, ma differiscono per quanto riguarda le loro abitudini alimentari. I molluschi bivalvi sono organismi filtratori, mentre gli echinodermi brucano il substrato roccioso o le foglie di Posidonia oceanica su cui stanziano. Se ne deduce che le leggi in vigore si adattano solamente in parte alla tutela dei ricci di mare.

In questo settore poi trionfa l’illegalità. Con controlli e condizioni igieniche che lasciano spesso a desiderare. Insomma, se la pesca dei ricci è spesso illegale, anche la commercializzazione di questi frutti di mare va per i fatti propri. I ricci vengono di solito venduti come capita, appena pescati, lungo le strade. O direttamente ai ristoranti. In alcuni luoghi le uova di ricci vengono vendute in bicchieri di plastica o in piccole bottiglie di vetro. “Accade frequentemente – racconta Basciano – di trovare pescatori ‘sportivi’ che vendono i ricci in chioschi ambulanti non autorizzati o in ceste agli angoli delle strade, non mantenendoli in acqua di mare pulita o a temperatura controllata, e non garantendone, pertanto, la vitalità e la salubrità al momento dell’acquisto da parte del consumatore”.