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Scenari

“Il pesce buono? Dipende da cosa mangia e dove”

29 Giugno 2023
Da sinistra: Roberto Rubino presidente di Anfosc, chef Nino Di Costanzo di Danì Maison, Carmine Farnataro direttore di Porti di Velia Da sinistra: Roberto Rubino presidente di Anfosc, chef Nino Di Costanzo di Danì Maison, Carmine Farnataro direttore di Porti di Velia

Ad Ischia – in uno tra i più delicati e nobili luoghi della ristorazione il due stelle Michelin Dani’ Maison di Nino Di Costanzo – si è tenuta l’iniziativa “Vantaggi Competitivi della Piccola Pesca Costiera” – Capire la Qualità, Opportunità a Confronto – promossa dal Flag Porti di Velia. Alla presenza della stampa di settore e dell’assessore alle politiche agricole della Campania Nicola Caputo, Roberto Rubino – da 40 anni in prima linea al Crea di Bella e di Monterotondo e oggi Presidente dell’Associazione nazionale Formaggi sotto il cielo (Anfosc) – ha rilanciato il suo metodo per “parlare con il cibo”.
E’ un sistema che arriva al consumatore sotto forma di “istruzioni per l’uso” per capire da dove ha origine il gusto di un alimento, ma messo in atto da Rubino attraverso una minuziosa ricerca scientifica basata sulla diversità a confronto. Prodotti di una stessa tipologia vengono attentamente degustati gli uni accanto all’altro per stabilire il loro livello qualitativo e che secondo questo sistema equivale a dire tutto ciò che non c’è scritto in etichetta.

Il dietro le quinte che cela il vero significato del gusto è, infatti, secondo Rubino, nell’alimentazione degli animali dai quali arriva, poi, il prodotto finale.
“Il problema è che è stato proprio il mondo della scienza ad aver sempre ignorato il gusto. Nessuno si è preoccupato di studiare i fattori che determinano il livello qualitativo delle materie prime. E, invece, l’origine del cibo, dipende tutto da come gli animali vengono nutriti, ed è da qui che si origina anche la qualità di un alimento”. Certo l’obiettivo è ambizioso visto che ad oggi al degustatore – quanto al consumatore finale – vengono offerte chiavi di interpretazione molto diverse. Dalla vista al profumo per giungere poi – forse, alla più influenzante – che è quella che arriva direttamente dal mercato: se è caro allora è buono. Perché assuefatti dallo scontrino saremo portati, quasi sempre, ad assaporare un cibo (costoso) e a considerarlo, irrimediabilmente, come buono.
“La politica si propone di valorizzare le materie prime, ma poi il prezzo è uguale per tutte perché viene deciso semplicemente dalla borsa merci. Per dare valore il prezzo deve essere legato, invece, al suo livello qualitativo”.
Ma come si fa a capirlo? Ed è stato così che nell’accogliente sala di Danì Maison si è tenuta una prova pratica del metodo a confronto, dove specie ittiche uguali – tra calamari, gamberi, mazzancolle, merluzzo e orate, ma pescate in mari diversi – sono state servite senza precisare quali fossero di allevamento intensivo e quali di pesca costiera. “La diversità di un pesce dipende da quello che mangia e anche da dove” e in questo gioco alla ricerca della qualità l’olfatto non è sicuramente un turning point per giungere a questa conoscenza “a che ci serve sapere che profuma di fiore o di frutto? Il cibo non è come il vino. E’ solo l’intensità e la variabilità delle molecole presenti che dovremo considerare”.

Ne viene allora fuori che superati i profumi e anche i colori – talora più vivi e accessi proprio in quelli di allevamento intensivo – è proprio il gusto che si mostra evidente alle papille di tutti i degustatori, dove la qualità ( o se si vuole il buono) diviene consapevole attraverso un confronto.
Non potendo, però, ogni giorno imbastire sulle nostre tavole giochi di corrispettivi, l’altra istruzione che ci viene offerta da Rubino è di iniziare a considerare di comprare solo alimenti da allevamenti non intensivi o per lo meno la cui provenienza è nota.
“C’è una profonda differenza tra un tipo di pesca e l’altra. La piccola pesca costiera è un elemento di presidio delle nostre coste e se viene meno anche questo elemento ciò potrebbe avere un impatto notevole tanto a livello paesaggistico che alimentare” – osserva il direttore di Porti di Velia, Carmine Farnataro .
E il pensiero si forma immediato allora su quelle forme virtuose di acquacoltura come la pesca delle alici cilentane attraverso le reti di Menaica o la pesca con le nasse. Esempi, questi, di un’ agricoltura etica e rispettosa e per sua stessa via, quindi, emblema di cibo di qualità. “Preservando l’equilibrio dei nostri ecosistemi si garantisce anche cibo sano per noi umani”.

“La qualità va sempre a stretto giro partendo dal luogo in cui è stato prodotto un cibo e in questo il ruolo dei ristoratori è fondamentale. Siamo anche noi il punto di unione tra chi alleva, chi coltiva, chi pesca e chi consuma. Noi che al mattino scegliamo i prodotti dai nostri fornitori e che poi li serviamo ai nostri clienti. C’è una responsabilità sottesa in questo gioco virtuoso che ci appartiene come ristoratori” – osserva Nino Di Costanzo.
Creare percorsi sostenibili allora che dall’allevatore etico arrivino al consumatore coscienzioso e consapevole senza saltare nessun anello della catena produttiva prima o commerciale dopo “dove i principi cardini sono sostenuti dalla valorizzazione e della differenziazione e non più soltanto dal prezzo”.
Una discussione, questa, che potrebbe estendersi a macchia d’olio se sol si pensa al modo caseario o al grano. Il futuro allora– o semplicemente la sopravvivenza del nostro sistema alimentare – dipende tutto dalla difesa della biodiversità, e a noi esseri umani – o semplici consumatori – il compito di dover imparare a leggere e scrivere di ciò di cui ci nutriamo se vogliamo davvero far parte di questa difesa.