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Il caso

Al ristorante su tavole nude e senza tovaglie: quando la moda minimalista è da bocciare

11 Febbraio 2024
Tavola apparecchiata Tavola apparecchiata

Tutti pazzi per il cibo, ma pochi si occupano del contorno, come dire del contesto: dove, come e quando, a quali condizioni, secondo quali principi ideologici e sanitari. A me colpisce per esempio la scomparsa della tovaglia, praticamente dovunque nei luoghi di ristorazione (e, possiamo facilmente immaginarlo, anche negli spazi domestici, come dire nelle case). 

La tovaglia è oggetto importante, sta nella storia, dei signori e dell’arte e dell’artigianato, da parecchi secoli, per non dire millenni. Bianche, colorate, spesse come tappeti o sottili come ostie, larghe e lunghe alla bisogna, le tovaglie non sono vecchie come l’uomo ma lo tallonano stretto. Il loro ruolo è stato duplice: coprendo la tavola, la abbelliscono magari nascondendone le impurità, la rivestono arricchendola e scansando la sporcizia; ragione per cui sono ben presto diventate un simbolo assai forte del benessere in tutti i sensi. Mangiare sulla tavola nuda era invece motivo di disperata indigenza e, invertendo il punto di vista, di plateale disprezzo.

Oggi però è svanita. Per varie ragioni, tutte valide, tutte parziali. Si invocano problemi funzionali, economici, di rapidità e di efficienza, di estetica e di chissà quale credenza politica. La verità è come sempre più semplice: va di moda così, si usa ribaltare le tradizioni (salvo poi invocarle a ogni pie’ sospinto), sovvertire le consuetudini, come se la novità di per sé sia miglioramento, progresso, ottimizzazione. E la tovaglia è caduta in questa strana tendenza all’innovazione a tutti i costi, come piatti e bicchieri, ma in modo più radicale. Di fatto scomparendo, a tutto vantaggio di americani e runner, cenci di carta o, spesso, il nulla. 

Ma forse c’è dietro dell’altro, che assorbe e rilancia la moda. Ed è il reame del senza, negli alimenti e non solo: senza grassi, senza glutammato, senza zuccheri, senza aromi artificiali, senza olio di palma, senza glutine, senza coloranti, senza sale, senza polifosfati, senza conservanti, senza siliconi, senza petrolati, senza parabeni, senza sbiancanti ottici, senza formaldeide, senza piombo… E potremmo continuare a lungo. Così, questa specie di strana smania di purezza, di minimalismo ottuso ha coinvolto l’intera nostra esistenza. È scattata una specie di analogia fra la mancanza di solfiti nel vino e la deficienza di tovaglia a tavola. Ma le mode, per fortuna, passano di moda.