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La manifestazione

Terroir Marche pensa alla prossima edizione: “Con noi produttori portoghesi o spagnoli”

26 Maggio 2017
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Si è chiusa con un bilancio di partecipazione estremamente positivo la terza edizione di Terroir Marche Festival che si è tenuta a Macerata ed era dedicata alla valorizzazione del vino biologico, dell’ambiente e della cultura marchigiana.

Circa mille persone hanno affollato le sale degli Antichi Forni, del Teatro della Società Filarmonico Drammatica e di Palazzo Buonaccorsi partecipando alle degustazioni e alle iniziative collaterali promosse dal Consorzio Terroir Marche che riunisce 16 produttori biologici regionali: la mostra fotografica “Le Marche di Dondero” (visitabile fino al 2 luglio), la presentazione del libro di Fabio Pracchia dedicato alla degustazione del vino, le visite guidate alla città, il concerto di Francesco Pìu Quartet, la valorizzazione dei prodotti e dalla cucina dei Cuochi di Campagna.

Ovviamente protagonista principale è stato il vino marchigiano e non solo: I rossi del Conero, i pecorini del Piceno, i Verdicchi di Matelica e di Jesi, i vini, i vitigni e le zone minori ma altrettanto interessanti sono stati l’attrazione principale della manifestazione che ha richiamato visitatori, appassionati e operatori del settore, parte dei quali provenienti anche da fuori regione, oltre a un gruppo di rappresentanti della stampa specializzata.

Nel corso del festival è stato presentato ufficialmente il gemellaggio tra il consorzio di produttori biologici di Terroir Marche con i loro corrispondenti francesi dell’associazione “Artisans-Vignerons de Bourgogne du sud” e rinnovato quello con i tedeschi di Ecovin Mosel, entrambi presenti all’evento maceratese, un sodalizio che il prossimo si arricchirà della presenza di un altro terroir europeo, probabilmente del Portogallo o della Spagna.

“Siamo molto soddisfatti sia dell’accoglienza della città di Macerata, sia della grande partecipazione del pubblico – ha detto Alessandro Bonci, presidente di Terroir Marche – Dal punto di vista tecnico abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con i nostri colleghi stranieri sull’esigenza di creare una rete di vignaioli indipendenti per lo scambio di esperienze e abbiamo dimostrato ancora come i vini prodotti dai nostri vitigni autoctoni sanno affrontare la sfida del tempo dimostrando una longevità che non ha nulla da invidiare alle denominazioni più blasonate d’Italia e del mondo, anche in annate non facili, come hanno dimostrato un rosso del Conero del 1990, un pecorino del 2001 o un verdicchio del 2007, protagonisti delle nostre degustazioni guidate”.

C.d.G.