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La degustazione

Vernatsch (o Schiava), che versalità nel calice: tra suoli e territori, l’essenza dell’Alto Adige

25 Settembre 2020
Lago_Caldaro Lago_Caldaro

di Fosca Tortorelli

Rubino tenue, a volte intenso, spiccata acidità, corpo snello, parliamo della Schiava, anche conosciuta con il suo nome tedesco Vernatsch.

Si tratta di uno dei vitigni autoctoni più antichi dell’Alto Adige che per vari anni è rimasto fuori dai riflettori. L’etimologia è ancora incerta, secondo alcuni il termine Schiava sarebbe da riferire a un particolare metodo di coltivazione della vite, secondo altri all’uso di legare le piante a qualche supporto per regolarne il corso della crescita. Ad ogni modo questo vitigno ha una storia antica in Alto Adige. Il nome Vernatsch è infatti documentato per la prima volta in una fattura del 1490 emessa dal convento bavarese di Tegernsee che allora possedeva diversi vigneti a Bolzano e più tardi anche nell’Oltradige. Dello stesso convento si è conservata una valutazione varietale del 1492, in cui si descrivono il Moscato, il Lagrein e il Vernetzer, come i migliori vitigni del Tirolo. Pur essendo tuttora un elemento centrale della viticoltura altoatesina, negli ultimi anni la superficie coltivata dedicata a questa varietà è calata costantemente; basta riflettere sul dato che nel 1970 il 68% della superficie vitata dell’Alto Adige era coltivata a Schiava, mentre oggi la percentuale è scesa del 12,5%, per un totale di scarsi 700 ettari.

(Lago di Caldaro)

Va sottolineato che a questa famiglia appartengono un gruppo di vitigni che prendono il nome di Schiava, dalla Schiava Nera e i suoi derivati, ai tre tipi di Schiava – su cui focalizzeremo la nostra attenzione. Questi ultimi vengono solitamente accomunati tra loro, pur risultando iscritti nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite come vitigni autonomi: Schava Grossa, Schiava Gentile e Schiava Grigia, che hanno piccole differenze a livello agrario e organolettico; la grossa ha meno tannino e più acidità, la grigia è più aromatica e anche più scura, spesso usata per dare più corpo ai vini più morbidi, mentre la gentile ha più tannino e meno acidità.  La Schiava, vino semplice e un tempo molto popolare, oggi sta tornando in auge, non solo per la sua scorrevolezza e versatilità, ma anche per il timore delle sue sorti che ne ha riacceso l’attenzione.

In occasione del resoconto del bilancio dell’annata 2019, il Consorzio Vini Alto Adige ha ritenuto opportuno promuovere questo vitigno attraverso un viaggio tra i diversi territori, per metterne in evidenza le svariate sfumature che lo rendono intrigante e non scontato. Allevata soprattutto con il tradizionale sistema a pergola, la Schiava ha bisogno di calore, ma beneficia anche delle preziose escursioni termiche che ne favoriscono lo sviluppo in termini aromatici e di acidità. Il viaggio parte da un primo confronto tra le espressioni della Val Venosta e del Meranese, dove troveremo schiave più rigide e dal frutto croccante, per poi andare verso Bolzano e dirigerci nella Bassa Atesina, dove nella nota area del Santa Maddalena si avvale del nerbo acido e tinto del Lagrein, dando vita a vini mediamente più ricchi e complessi nella loro struttura e nel colore. Non da ultima la zona del Lago di Caldaro, dove le condizioni ottimali e la varietà dei terreni, con caratteristiche geologiche che cambiano quasi da vigneto a vigneto, la rendono un’area adatta a questa varietà.

(I diversi suoli)

Inoltre negli ultimi anni lo studio della zonazione del territorio ha aiutato a capire quali sono i vitigni migliori da allevare all’interno di ognuna delle aree identificate. Il futuro della viticoltura altoatesina è quindi orientato a una sempre più puntuale mappatura del microclima, dei singoli vigneti e alla ricerca di nuovi.
Gli assaggi si sono alternati dalla 2019 fino ad annate con più anni sulle spalle, anche per capire il suo potere evolutivo. Di seguito le etichette che ci hanno colpito di più per espressività e territorialità. Di seguito i nostri assaggi.

Cantina Meran Alto Adige Meranese Scickenburg 2019
Siamo nel Meranese, il suolo è caratterizzato da terreni argillosi, sabbiosi e arricchiti di humus, il vino che ne deriva si esprime con fresche suggestioni floreali, note agrumate di arancia rossa e di frutti di bosco aciduli. Il palato è diretto e si lascia bere in modo semplice, caratterizzando il sorso con una discreta morbidezza e buon equilibrio. Un vino senza troppe pretese, ma garbato.

Cantina Kurtatsch Alto Adige Alte Reben Sonntaler 2019
Valle del sole, o Sonntaler, siamo tra i 300 e i 400 metri sul livello del mare, qui il suolo si distingue per le sue terre rosse sabbiose, con presenza di dolomite, porfido e minerali argillosi. Prodotto che viene elaborato da una selezione di Schiava a cui si aggiunge anche una percentuale di Schiava Grigia, entrambe provenienti dalle viti più vecchie di Cortaccia. Il bouquet di aromi è variegato, emerge una maggiore intensità e carnosità del frutto, non mancano richiami floreali e tracce fresche di pompelmo rosa; il sorso è deciso con un tannino presente che lascia poi spazio all’esuberanza succosa, calda e morbida del frutto.

Rottensteiner Vigna Kristplonerhof 2019

Cambiamo zona e ci spostiamo sopra Bolzano, a 500 metri circa di altezza, il “Vigna Kristplonerhof” viene prodotto da uve Schiava provenienti dall’omonimo maso. Già il nome dell’Azienda sta ad indicare la presenza di porfido rosso nei suoli. Il vino colpisce subito per la luminosità del suo colore rubino, all’olfatto si susseguono note coinvolgenti di ciliegia rossa, ribes e tracce floreali di lavanda. Un sorso semplice, ma garbato con una scorrevolezza nella beva che rimanda alla freschezza delle vigne da cui proviene e lo rende versatile e piacevole nella sua trama tannica.

Hartmann Donà Liquid Stone Granit 2019
Un progetto interessante e studiato a lungo quello di Hartmann Donà, che nella gamma dei suoi prodotti ha inserito la linea “Liquid stone”, la tiratura è molto limitata e comprende tre diverse etichette che si differenziano proprio per la provenienza delle uve e la diversità dei suoli. Si tratta di vigne di 40-50 anni con radici molto profonde, pochi grappoli, bacche piccole e ricche da un punto di sostanza aromatica. In questa etichetta le uve provengono da suoli granitici vicino a Merano, ad un’altitudine di 500 metri, il che conferisce al vino profumi intensi di frutti di bosco e una vena salina al palato che ne rafforza il sorso e la lunghezza.

Hartmann Donà Liquid Stones Phylit 2019
La phylite o Fillade è una roccia metamorfica a grana fine dalla struttura laminare ben sviluppata, è intermedia tra ardesia e rocce di scisto e sulla sua superficie crescono vigorose le viti di Schiava. Rispetto al Granit, qui emerge maggiore freschezza ed eleganza, un vino più sottile e sussurrato e sicuramente più acerbo, essenziale e teso.

Pfannenstielhof Alto Adige St. Magdalener Classico2019
Ci muoviamo verso l’area Classica del Santa Maddalena, a due passi da Bolzano, in questo vino la Schiava è presente per il 95% di schiava con un saldo di 5% di lagrein; il vino che ne risulta è fresco, con profumi di prugna e ciliegia nera matura che richiamano alla memoria quelle usate per la Schwarzwälder Kirschtorte. Elegante e piacevole al sorso.

Girlan Vernatsch Fass nr.9 2019

Torniamo sempre in zona Cornaiano con questa schiava di Girlan, il numero 9 sta a simboleggiare proprio la Botte da cui proviene, messa in bottiglia la prima volta nel 1962 come vino selezione, è diventata una piccola “leggenda”. Le vigne di Schiava hanno circa 60 anni e si trovano a circa 500 metri su terreni morenici, il vino che ne deriva è scorrevole e godibile, piacevole e spontaneo.

Girlan Gschleier Alte Reben Vernatsch, 2018
Anche in questo caso le uve provengono da vigne centenarie, ubicate a pochi passi dalla cantina, su terreni di conformazione calcarea, argillosa e ghiaiosa, si parla di vigne tra gli 80 e i 110 anni di età, davvero sorprendenti. Eleganza e profondità sono le prime sensazioni che il vino trasmette, con una complessità gusto-olfattiva che gioca sulle tracce fruttate di ciliegia, lamponi e ribes, arricchite da una speziatura balsamica di cumino. Il quadro si completa nel sorso pulito e coinvolgente, accompagnato da una meravigliosa sapidità.

Baron Di Pauli Alto Adige Kalterersee Classico Superiore Kalkofen, 2018

Siamo in zona Lago di Caldaro, il “Kalkofen” Baron Di Pauli nasce da uve di Schiava coltivate sulla collina di Arzenhof, tra i 250 e i 390 metri di altitudine. Il terreno composto da ghiaia calcarea, porfido e sabbia quarzosa, con presenza di argilla e le viti sono ultra cinquantenarie. Purista del colore tendente al rubino, il Caldaro Classico Superiore “Kalkofen” è una Schiava in purezza, dal bouquet fresco, con nuance floreali e leggeri cenni balsamici. Il sorso è teso, elegante e dalla personalità fine.

Hartmann Donà Donà Rouge, 2012
Ritorniamo a Cornaiano, stavolta andiamo indietro nel tempo. Un vino che profuma di spezie e rsadici, dove il ventaglio di aromi si muove in modo dinamico non solo all’olfatto, ma anche al palato, regalando emozione ad ogni sorso. Un vino di grinta e di giovinezza

Girlan Gschleier Alte Reben Vernatsch, 2000

Un viaggio indietro nel tempo e la capacità evolutiva espressa a pieni voti da questa Schiava selezione di Girlan. Venti anni sulle spalle portati con slancio ed espressività territoriale. Un profilo complesso che viaggia sulle note del tabacco e della speziatura; il sorso integro e profondo, davvero sorprendente.

Hartmann Donà Metodo Classico Blanc de Rouge Extra Brut
Chiude il cerchio questa inusuale versione effervescente, sempre dalla fervida mente di Hartmann Donà, la schiava si trasforma in Metodo Classico. Un prodotto unico nel suo genere che vede la Schiava vinificata in bianco, con 24 mesi sui lieviti. Grande finezza e pulizia, prodotto dal 2010 in pochi esemplari, rientra a pieno titolo in uno spumante di montagna, gioca su tracce floreali di sambuco, fruttate di lampone e ribes bianco; una vera chicca, rinfrescante e piacevole.