Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Cosa bevo

Nutaru, le bollicine di Avide

05 Dicembre 2013
nutaru1 nutaru1

La scintilla per le bollicine scoccò nel 2008, quando Marco Calcaterra, nipote del notaio Giovanni Demostene, proprietario di Avide, si stava laureando in Scienze enologiche.

La sua tesi? “Produzione in Sicilia di spumante metodo classico da uve della cultivar Frappato”. Da allora l’amore non è mai scemato, anzi si è alimentato. 

Ed oggi Avide, di cui Marco Calcaterra è ormai direttore e agronomo, presenta uno spumante metodo classico in due versioni, bianco e rosè. Si chiama Nutaru, chiaro riferimento a Demostene, ed è stato presentato nei giorni scorsi dalla cantina di Comiso con un evento all’antico convento dei cappuccini di Ragusa Ibla. Special guest della serata gli chef Dario Diliberto (Tocco Sicilian Ways  – Ragusa), Massimo Blanco  (Ristorante Cibus – Niscemi), Francesco Piparo (Le Terrazze – Mondello, Palermo) e Rita Russotto  (Ristorante Satra – Scicli) che hanno preparato dei finger food da abbinare agli spumanti.

Torniamo ai protagonisti della serata. Il Nutaru rosè nell’etichetta porta il nome di Francesco De Stefano che nel 1882 acquistò il primo vigneto su cui con mezzadria si portava a frutto il lavoro.  Il brut è invece dedicato al notaio Giovanni Demostene, motore della moderna cantina Avide.

Entrambi, ovviamente espressione di uve Frappato, si caratterizzano per vinificazioni in bianco con permanenza sulle bucce, macerazione di 36 ore per il rosè. Dopo il tiraggio è prevista una permanenza di 24 mesi sui lieviti.

“Il Frappato – spiega Calcaterra –  è stato scelto come matrice per la produzione del metodo classico, perché tra le uve siciliane, è quella che si presenta indubbiamente con un ottimo rapporto acidità, concentrazione zuccherina, struttura (proteine e colloidi protettori), senza escludere la semi-aromaticità dell'uva che anche se ‘attenuato’ dalla doppia fermentazione, trasmette comunque un certo quid al vino spumante”.

Andiamo alle note di degustazione. Partiamo dal Brut. Bel giallo paglierino con nuances dorate, perlage d’impatto. All’olfatto emergono chiari sentori di lievito e crosta di pane, sullo sfondo piacevoli sensazioni di albicocca e zagara. Riesce a stare in equilibrio tra acidità e freschezza, è sapido il giusto e con una buona persistenza.

Il rosè ha le tonalità della buccia di cipolla, ma è più brillante. Petillant direbbero i francesi. I profumi sono più marcati rispetto al brut e qui percepiamo al posto dell’albicocca odori di frutta a bacca rossa. Al palato riesce ad essere contemporaneamente fresco e secco. Il retrogusto lascia un piacevole ricordo. 

Fra. S.