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Cosa leggo

Cibi, non fidatevi di nessuno

21 Giugno 2007
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    COSA LEGGO

Cibi, non fidatevi di nessuno

copertinalibro.jpgGigi Vianello ha persino un nome simpatico. Ma è un gran pezzo di merda. Ha un ristorante di altissima qualità, Chez Momò,  a Cagliari, ma è solo una copertura. La sua vera attività, quella che gli rende un sacco di soldi, è il mercato dei cibi adulterati. In questo campo è un re, uno che gioca in serie A. Riesce a piazzare latte scaduto e carne macellata clandestinamente; per lui è un gioco da ragazzi  piazzare una partita di polli avvelenata o una nave container di grano contaminato da ocratossina che poi finisce nei molini e nei pastifici di mezza Italia. Persino con le uova ci sa fare. Quelle provenienti  “da una ditta di riciclaggio di rifiuti che, invece di smaltire uova ammuffite, rotte, invase da parassiti, le ripuliva alla buona della putrescina e della cadaverina e le trasformava in una poltiglia confezionata in comodi bidoncini da cinque chili, pronti per essere versati nelle impastatrici delle industrie dolciarie”. Soprattutto di quelle che producono merende per bambini. E poi prosciutti, salmone, vino…tutti rigorosamente di schifosa qualità ma che trattati adeguatamente – e con falsi certificati di controllo ed etichette – riempiono la pancia di milioni di persone che vanno a fare la spesa nei supermercati. Inchiodando periodicamente alla tazza del cesso mezza città. Un virus, dicono i medici. “Intossicazione alimentare”, sogghigna Vianello.
Non il profilo di un imputato sotto processo. Più semplicemente è il personaggio uscito dalla fantasia di Francesco Abate e Massimo Carlotto (Mi fido di te, Einaudi, pp. 175, 14 €) i quali hanno costruito un romanzo  che appare un po’ scontato nella trama, forse perché ricorda altri plot del bravissimo Carlotto che anche questa volta per il titolo di un suo libro sceglie quello di una canzone (Mi fido di te è di Jovanotti). Ma che getta una luce nuova e inquietante sul mondo della sofisticazione alimentare. Un territorio che, perdonate l’ignoranza, non ricordiamo essere stato esplorato in narrativa prima d’ora.
Vianello è un ribaldo trafficante con un passato da spacciatore di droga. Che pensa  sempre di farla franca ricominciando una nuova vita. Ma dietro di sé lascia molti casini e qualche morto.  Nel suo campo è uno comunque che la sa lunga: “Il cibo industrializzato punta a sostituire gli alimenti freschi, ricchi di sostanze nutrienti vitali come vitamine, minerali e acidi grassi. E sai perché? Per guadagnare montagne di quattrini”. E ancora: “Le grandi industrie spendono veni miliardi di dollari in additivi chimici per  cambiare colore, consistenza, sapore e durata ai loro prodotti”. Perché “la qualità del cibo generalmente è scadente altrimenti non si guadagna”.
E a Vianello “a forza di trafficare robaccia” gli era “venuta la paranoia del cibo” e così ecco  il suo ristorante raffinatissimo dove si servono solamente cibi di eccelsa qualità.  Insomma, vive, come lui dice, in un “mondo perfetto”. Un criminale ben vestito, auto di lusso, donne, e frequentazioni altolocate. Con poche regole. Eccone una: “Gli equilibri del mercato degli alimenti sofisticati sono difficili. Il gioco reggeva solo se la merdaccia rappresentava il venti per cento delle vendite. Il resto doveva essere merda, un minimo di qualità era necessaria per dare una copertura decente all’attività”. Ma Vianello si infila ripetutamente in storie pericolose dalle quali uscire, a volte, sembra veramente impossibile. Se accettate di leggere questo libro accetterete anche il rischio di infilarvi in bocca  una buonissima fetta di prosciutto comprata dal salumaio sotto casa e di sputarla subito dopo perché vi assaliranno molti dubbi sulla sua genuinità. 

Giancarlo Macaluso