Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Dove mangio

Vilma e le Lele: una storia di Langa. Il nostro “viaggio” alla Vecchia Osteria

29 Luglio 2020
vecchia_osteria vecchia_osteria

di Luciano Bertello

Come tutte le cose belle, la Vecchia Osteria va cercata, desiderata, meritata.

Castellino Tanaro, infatti, si trova su un percorso secondario di raccordo fra la langa di Murazzano e la valle del Tanaro: difficile incontrarlo, deve essere una meta. Un piccolo paese che, nella sua ordinata essenzialità, riassume i caratteri culturali e paesaggistici delle Alte Langhe cebane. La storia della Vecchia Osteria è la storia delle Alte Langhe dal Dopoguerra a oggi. Nel raccontarla, a Vilma Forneris si illuminano e inumidiscono gli occhi di orgoglio e di malinconia. Nasce come Circolo Enal nel 1965, allorché i sui genitori, Sebastiano Forneris (1925) e Ettorina Zatta (1927), tornano a Castellino, dopo una breve fuga a Torino mossa dal mito del posto fisso alla Fiat.

A gestirlo è Ettorina, coadiuvata dal marito nel tempo lasciato libero dai pochi campi e dalla piccola stalla. Il lavoro è tutto e viene prima di tutto. Anche Vilma (1963) e Mauro (1961), al rientro da scuola, prima ancora di mangiare, aiutano a servire ai tavoli. Ettorina è un’ottima cuoca. A fare la differenza sono i “segreti” imparati dalla mamma Maria (“ma per tutti era semplicemente Nonéta”). Pochi piatti della tradizione casalinga di Langa, ma fatti alla perfezione. I fondamentali sono: tajarìn, ravioli, coniglio al civet, bonét. Tume e acciughe al verde non possono mai mancare. In cucina comandano le stagioni: frittate e insalate d’erbette in primavera; minestroni, meravigliosi sughi di pomodoro, carpioni d’estate; tanti gnocchi quando si tolgono le patate; polenta e rustiche bagne caode in inverno; il maiale dalle orecchie alla coda ai piutìn a gennaio.

Per la festa patronale della Madonna della Neve il paese si riempie e il menù si fa ricco: “C’erano l’insalata russa e il vitello tonnato, i ravioli, il gallo o la gallina bolliti, l’arrosto e naturalmente il bonét; mia mamma preparava anche una sorta di zuppa inglese”. Sono anni di intenso lavoro e di progressi, culminati nel 1977 con l’acquisto e l’ammodernamento dei locali. Il 13 febbraio 1988, dopo alcuni rinnovamenti alla sala e alla cucina, avviene il cambio generazionale e nasce la “Vecchia Osteria”. Forte del sostegno dei genitori e del bagaglio di saperi e di valori acquisiti in famiglia, la giovane Vilma va incontro ai profondi cambiamenti economici e culturali che le Alte Langhe vanno conoscendo con l’arrivo dei turisti svizzeri, tedeschi e, più recentemente, olandesi. La cucina è quella tradizionale di Langa, ma le ricette sono quelle di casa, di mamma Ettorina e di Nonéta: “La mia formazione è unicamente dovuta all’insegnamento di mamma, lei mi ha insegnato tutti i passaggi dei piatti, quei piccoli accorgimenti che fanno la differenza per la bontà e la riuscita del piatto”.

La pasta per tajarìn e ravioli vuole tredici tuorli e due uova intere per ogni chilo di farina, un cucchiaio di olio di oliva e un bicchiere d’acqua; il coniglio e il bonét sono segreti di famiglia; i modi di cottura “un patrimonio da salvaguardare”. Stupendi sono i primaverili ravioli alle erbette (generalmente di tredici varietà). Sorprendenti le frittelle di formaggio (pasta di pane ripiena di formaggio e successivamente fritta in olio), paragonabili solo a quelle dell’immenso Cesare (“per me è sempre stato un idolo”). Immancabili sono le “Lele” che Vilma propone calde col burro, con i salumi casalinghi o con le stupende acciughe, selezionate dal marito Ezio in virtù di competenze che gli derivano dal sangue di quattro generazioni di anciué della Valle Maira. Una classica osteria di Langa che esalta la sua personalità in autunno, con i funghi, il tartufo bianco d’Alba e il caminetto acceso. Nella “Vecchia Osteria” e nella cucina di Vilma c’è dunque un ingrediente principale: il cuore. Lo si coglie nella semplice garbatezza dei modi, nello sguardo, nelle parole. Lo si coglie fin dall’esterno: ci vuole cuore per avere resistito lassù. Lo si coglie nel benvenuto: sui tavoli non manca mai un fiore di campo o un richiamo alla stagione. Lo si coglie nel saluto: “Negli ultimi anni la Vecchia Osteria con le sue Lele e Castellino Tanaro si sono fatti conoscere oltre le mie aspettative. Mi fa piacere pensare a papà e mamma con le lacrime agli occhi di felicità che mi guardano e continuano a proteggermi da lassù”.

La Vecchia Osteria
Via Roma, 21/N – Castellino Tanaro (Cn)
T. 0174 785137
Chiuso: mai
Ferie: variabili, a settembre
Carte di credito: tutte
Parcheggio: no