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Il caso

Lo sponsor produce semola precotta ed è polemica sul Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo

14 Settembre 2015
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di Francesco Pensovecchio

Mancano pochi giorni all'inizio del Cous cous Fest di San Vito lo Capo e già c'è un problemino tutt'altro che ingenuo.

Riguarda il cous cous, si, proprio il festeggiato della kermesse. Lo solleva Marilù Terrasi del ristorante Pocho, una delle interpreti più autorevoli a livello internazionale di questa materia. Nel dettaglio, si chiede se è il caso di avere tra i main sponsor della manifestazione un industriale della bassa emiliana che realizza preparati risparmia-tempo, aggiungiamo noi, perfetti per i ritmi frenetici dell'homo twittens. Roba da 5 minuti insomma. La domanda posta dalla Terrasi ci pare legittima e se lo chiedono anche Rocco Molinterni su La Stampa e Luciano Pignataro sul suo blog, che coglie l'occasione per polemizzare pure sulle code.

Come dire, perché svilire il cous cous, un piatto della tradizione siculo-araba che richiede manualità e approccio artigianale? Per realizzarlo ci vuole materia prima di livello, la giusta manualità e tanto tempo, così come potrebbe accadere per i tortellini o le lasagne.
Ed ecco l'appello ai ristoratori: esibire all'ingresso del locale un avviso “qui si prepara il couscous incocciato a mano”, seguito dal tipo di frumento, origine e mulino di provenienza. Insomma, dare valore al lavoro e a un millennio di storia.
Mentre parla, due ospiti francesi, anzi, algerini, preparano uno splendido cous cous con carne di montone. Sono lì per un programma di scambio. È davvero squisito, ma per prepararlo ci vorranno oltre quattro ore.

Ed ecco parte della lettera scritta da Marilù Terrasi

“Apprendo da un articolo del Giornale di Sicilia che il Cous cous Fest quest’anno diventa maggiorenne e che a festeggiarlo ci saranno tante star di fama internazionale grazie al contributo di “main” sponsor della portata di Bia Italia di Ferrara, leader in Italia nella produzione di couscous convenzionale (?) e biologico certificato ed Electrolux Professional altro leader mondiale nella produzione e distribuzione di soluzioni professionali destinate al settore della ristorazione.
La notizia ci ha francamente sollevato, poiché era stata preceduta da un accorato appello del Sindaco che il 27 luglio chiedeva a tutte le attività ricettive gratuità a vario titolo per la buona riuscita del Festival, data la scoraggiante situazione in cui versa il Comune a causa del taglio dei finanziamenti che la Regione Sicilia ha ridotto e addirittura cancellato senza tenere conto dell’importanza della manifestazione e del ritorno d’immagine di cui il paese ha beneficiato. Ma forse nella confusione che immancabilmente accompagna i grandi eventi ci si è dimenticati di menzionare il festeggiato. Che cosa c’entra un couscous industriale prodotto a Ferrara, in Emilia Romagna con San Vito lo Capo e la tradizione agro gastronomica siciliana? È come se a Ferrara il Festival della “Salama da sugo” venisse sponsorizzato dalla Sicilsalumi di Roccapalumba, che vende nei supermercati prodotti industriali e che pretende di farli consumare anche al Festival. Dove è finito il cous cous “incocciato a mano” e i suoi produttori che coltivando grani antichi e lavorandoli, faticosamente ne continuano in Sicilia la tradizione e di cui il Festival originariamente doveva essere principale volano, sponsorizzato con tante gratuità e l’entusiasmo di allora, in tempi in cui i finanziamenti correvano abbondanti?

Così  mentre aspettiamo che abbia inizio il colorato circo equestre in cui il Festival si è trasformato con grande ritorno di immagine e che vengano magnificate dai simpatici conduttori di turno le virtù del cous cous precotto Bia, presente nelle grandi catene di distribuzione tutto l’anno, immune dal fastidio di elaborate preparazioni  e, secondo non si sa quali dotti criteri maggiormente sostenibile, diciamo addio ad un’altra illusione ed alla capacità di noi siciliani di far tesoro delle nostre ricchezze e di promuoverle difendendone le esclusive caratteristiche.

Non ce ne voglia, quindi, la efficiente macchina organizzatrice del “Cous cous Fest” se in onore del festeggiato, proponiamo di porre all’ingresso dei Ristoranti che ne fanno ostinatamente uso, un avviso: “Qui si prepara il Cous cous incocciato a mano”, seguito dal nome del Mulino di provenienza e dell’origine della semola.  E non ce ne voglia nemmeno l’azienda leader Electrolux Professional, che propone i suoi forni a vapore con manuale di utilizzo (anche del cous cous, naturalmente)”.

Marilù Terrasi (una che incoccia il couscous a mano).

La replica è affidata a Claudio Sadler, chef stellato e presidente della giuria del Cous Cous Fets: “Le grandi manifestazioni non si possono organizzare senza gli sponsor. ma chi partecipa alla gara non ha nessuna imposizione. Chi vuole usa il cous cous incocciato a mano e chi vuole quello precotto. Io lo incoccerò a mano per la mia ricetta, che vuole unire i saporti del Nord con quelli del Sud”