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Il caso

Ceta, accordo Europa/Canada: “Buon punto di partenza” “Così si svende il Made in Italy”

07 Luglio 2017
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Differenza di vedute per il Ceta, il trattato di scambi commerciali tra Europa e Canada. Da un lato la posizione favorevole di Aicig e FederDoc; dall'altra quella di Coldiretti. 

Oggi la nota congiunta di Aicig, l'Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche e FederDoc che hanno confermato l'appoggio al Ceta. Si tratta, per il presidente di Aicig Cesare Baldrighi, di “un compromesso che riconosce il principio delle Indicazioni geografiche, ma che non deve essere usato come modello di riferimento per gli accordi di libero scambio dell'Europa con i Paesi terzi”. Aicig rappresenta oltre il 90% delle produzioni italiane tutelate. Secondo Aicig l'accordo è positivo, “perché il Canada, essendo un paese di diritto anglosassone basato quindi sul sistema del marchio d'impresa, non riconosceva in precedenza nessuna tutela ai prodotti a denominazioni di origine. Il fatto che un paese nord americano riconosca il principio delle Indicazioni Geografiche e del loro valore pubblico, apre un varco al duro fronte statunitense che si oppone a tale principio e che é organizzato attraverso il Consortium For Common Food Names, che si oppone al sistema europeo delle Dop e delle Igp (Stg in America).

Dello stesso avviso è Riccardo Ricci Curbastro Presidente di Federdoc – Confederazione Nazionale dei Consorzi Volontari per la Tutela delle Denominazioni dei Vini Italiani – che afferma: “L'accordo Ceta è un buon punto di partenza per il riconoscimento delle Indicazioni Geografiche in un Paese, come il Canada, che fino ad oggi ha concepito unicamente il sistema dei marchi. Abbiamo accolto con favore la volontà  della Commissione Europea di offrire una corretta e completa informazione sulle qualità e caratteristiche dei nostri prodotti  ai consumatori canadesi  attraverso il Comitato Ceta istituito dall'Accordo. Confidiamo che l'elenco delle IG protette possa crescere nei prossimi anni”.

Di diverso avviso la Coldiretti che ha anche organizzato varie manifestazioni in piazza: “Bisogna fermare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) che legittima le imitazioni di tante eccellenze agroalimentari italiane, spalancando le porte all'invasione di grano duro e di carne a dazio zero”. “Penso che dobbiamo guardare all'accordo commerciale con il Canada come ad un punto di partenza, come un'opportunità”, così il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina sul Ceta. “E' giusto discuterne, alzare l'attenzione, monitorare la situazione, affrontare tutti i nodi che possono emergere – ha aggiunto -, ma quello che penso è che noi abbiamo bisogno di buoni accordi, che ci aiutino a difendere meglio le nostre produzioni di qualità in quei mercati e che garantiscano una partnership non solo commerciale, ma appunto di relazioni più solide, anche tra Europa e Canada. Vedo nel Ceta la possibilità di iniziare a fare un lavoro serio di maggiore tutela delle nostre produzioni in quei mercati. Oggi le nostre produzioni in quei mercati non hanno protezione. Domani, con gli strumenti che l'accordo prevede, le protezioni a tutela delle nostre qualità saranno superiori e quindi penso che sia un passo necessario, va discusso, però sono per guardare alla possibilità che si apre con questi accordi”.

Ma cosa è cambiato dopo l'entrata in vigore dell'accordo Ceta per le Ig italiane? Per il settore vitivinicolo, il Ceta include il precedente accordo Europa – Canada Wine e Spirits del 2003, prevedendo quindi il reciproco riconoscimento delle pratiche e processi enologici. Sul versante agroalimentare, in Canada fino ad oggi non esisteva un sistema di protezione dei prodotti agroalimentari a Indicazione Geografica, i quali non godevano di alcuna tutela. Con l'entrata in vigore dell'accordo si prevede la piena protezione di circa 150 Indicazioni Geografiche europee, di cui ben 39 sono italiane. Tuttavia, il testo prevede alcune eccezioni, riguardanti in particolare alcune Indicazioni Geografiche che coesisteranno con marchi  precedentemente registrati in Canada, di cui tre italiane ovvero Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele e Prosciutto Toscano: ciò significa che i marchi canadesi continueranno ad essere presenti sul mercato ma che allo stesso tempo sarà possibile per i produttori delle suddette Indicazioni geografiche utilizzare la propria denominazione. Altra eccezione vale per il Parmigiano Reggiano – che potrà contare su una protezione piena lasciando la possibilità di utilizzare il termine Parmesan per indicare prodotti diversi dal Parmigiano Reggiano ma vietando qualsiasi forma di evocazione che possa trarre in inganno il consumatore sull'origine del prodotto – e per altri formaggi come Asiago, Fontina e Gorgonzola considerati dal Canada denominazioni generiche che continueranno pertanto ad essere venduti sul mercato canadese a fianco di prodotti aventi lo stesso nome, ma indicando chiaramente la vera origine del prodotto e vietando anche in questo caso qualsiasi evocazione che potrebbe trarre in inganno il consumatore circa l'origine geografica del prodotto.

C.d.G.

 

 

 

 

 

 

“Siamo qui alla manifestazione promossa dalla Coldiretti per salvaguardare ciò che abbiamo conquistato negli anni per le imprese, per le produzioni d'eccellenza agroalimentari e per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori – ha detto Susanna Camusso, segretario generale Cgil -. Chiediamo a tutti i nostri parlamentari di capire meglio e quello che comporta, e non avere fretta ad approvare questo trattato. Leggete e interpretate meglio le ragioni per le quali siamo qui”.