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Il caso

Le inquietudini dei giovani chef siciliani. C’è chi scommette, chi rilancia e chi parte

14 Dicembre 2018
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(Dall'alto, in senso orario: Fabio La Barbera, Giacomo Caravello, Davide Guidara e Peppe Torrisi)

di Stefania Petrotta

Grande fermento nelle cucine dei ristoranti siciliani, da nord a sud, da est ad ovest, isole comprese. 

Si susseguono i post su Facebook di questi giovani talenti che si sentono pronti per fare il grande salto altrove. Grati alla struttura che li ha ospitati e fatti crescere, spiccano il volo verso nuovi orizzonti. Chi all’estero, chi in una nuova città presso un’altra struttura e chi aprendo, finalmente, un proprio ristorante. E se da una parte concordiamo tutti che sia fisiologico che i figli, prima o poi, abbandonino la casa dei genitori, dall’altra ci sorprende che tutto questo stia avvenendo nel giro di un paio di mesi. Ma quali sono le motivazioni e le spinte che li hanno convinti ad “emanciparsi”?


(Fabio La Barbera)

Iniziamo proprio dal pizzaiolo, Fabio La Barbera, classe '85 che, dopo una bella esperienza al Bioesserì di Palermo, grazie a cui è cresciuto e si è fatto conoscere nel panorama nazionale della pizza, decide di mollare tutto e trasferirsi, non solo in un’altra città, ma addirittura in un altro continente, l'America del Sud e un altro Paese: la Colombia. Lo ha spinto la voglia di conoscere una cucina totalmente diversa da quella a cui è abituato, una nuova materia prima da sperimentare, ma anche una nuova cultura e la voglia di imparare lo spagnolo. Oggi vive e lavora a Barranquilla, vicino Cartegena e si dichiara felice e pronto ad investire nel suo campo per farsi una posizione e conquistare il Sudamerica.


(Peppe Torrisi)

Diversa la scelta del trentenne Peppe Torrisi che, in occasione della chiusura stagionale del Talè Restaurant & Suite di Piedimonte Etneo in provincia di Catania, dove lavora da tre anni, ha comunicato che il nuovo anno lo vedrà chef executive non solo in un’altra struttura, ma in un’altra città. Scelta che lo accomuna a Davide Guidara, il più giovane dei 4 che abbiamo preso in considerazione con i suoi 24 anni, anche lui “migrante” altrove (ne avevamo parlato in questo articolo) e premiato da Cronache di Gusto nel 2017 mentre era alla guida del ristorante dell'Eolian a Milazzo come Miglior Ristorante. Allo stesso modo di Guidara, Torrisi si sposta in una città più grande di cui non ci è consentito dare il nome (ah, questa scaramanzia!). Come Guidara, in mano a lui sarà la cucina di un hotel 5 stelle di lusso. Poche camere, due suite, terrazza sul mare (anche questo come Guidara) e ristorante con una quarantina di coperti. Una struttura che aprirà a giugno, ma la cui organizzazione in cucina è già chiara allo chef. Sarà infatti a vista e la brigata composta da 8 elementi, 6 ai fuochi e 2 in pasticceria, oltre al fattorino. “Al Talè sono stato bene ed è anche grazie a quest’esperienza se sono cresciuto fino ad essere premiato come miglior chef Emergente del Sud Italia lo scorso 28 ottobre a Roma al Festival della Gastronomia Witaly – dice Torrisi – Ad un certo punto però la mia voglia di continuare su questa strada, di evolvermi, non era in linea con la proprietà. Anche la chiusura stagionale è stato un tassello del puzzle. Perché, fino a quando ero single e solo, anche se la chiusura si protraeva per un paio di mesi, andavo a fare qualche stage e tornavo più carico. Oggi sono marito, papà e i mesi di chiusura sono diventati sei. E, onestamente, non posso permettermi di stare fermo così tanto tempo. Ho bisogno di continuità e di stabilità e così ho dovuto prendere questa decisione”.


(Giacomo Caravello – ph Barbara Santoro)

Ed è degli ultimi giorni la notizia che Giacomo Caravello, inseparabile sous chef ventinovenne di Martina Caruso lascerà il Signum di Salina, nell'arcipelago delle Eolie in provincia di Mesina dopo quasi 5 anni per una nuova avventura. “Non è stato facile prendere questa decisione perché per me il SIgnum è casa. Sono stati i Caruso a credere in me quando ancora non avevo alcuna esperienza. E' vero, venivo da uno stage con Massimiliano Alajmo, prima al Montecchia e poi alle Calandre, ma sono stati loro a vedere in prospettiva e volermi nella loro famiglia”. Ed è così che comincia come commis agli antipasti. Poi il suo cammino si intreccia con quello di Martina e, complice la giovane età comune, proseguono insieme in un percorso di crescita e formazione che li vedrà quasi come fratelli. Sempre al fianco della chef stellata in tutte le manifestazioni, quasi ne fosse un prolungamento naturale, gli chiediamo oggi come sia arrivato a questa decisione. “Due anni fa ho capito che avevo voglia di tornare al mio paese natale, Milazzo, e di aprire un’attività tutta mia – spiega – e un anno fa ho esposto questa mia idea ai Caruso, i primi a saperlo subito dopo la mia famiglia. Non è stato facile, ma, come immaginavo, mi hanno sostenuto dal primo momento e si sono messi a disposizione. Mi stanno facendo una pubblicità che neanche mia mamma”. Aprirà ad aprile e si chiamerà Balìce il suo ristorante nel centro di Milazzo, come il nome che prende il palamito dopo il procedimento di salatura che fanno a Messina, simile a quello utilizzato per le sarde. “Mi piaceva questo nome perché è strettamente messinese, suona bene, mi piace la carne del pesce lavorato in questo modo e soprattutto restituisce subito l’idea di quella che sarà la mia cucina: conoscenza della materia prima, tecniche da alta ristorazione, ma piedi per terra e un cammino lento ma graduale”, dice Giacomo. Una cucina non strettamente gourmet, quindi, con dei piatti più raffinati accanto allo spaghetto al pomodoro, alla pasta con i ricci, alla frittura. “Perché io amo mangiare i piatti classici quando mangio fuori e quindi li voglio nel mio ristorante”. Cucina a vista, sala divisa in due: una parte più elegante, con servizio attento e tovagliato raffinato ed una zona con servizio al banco servito direttamente dal cuoco, su tavoli nudi. In generale l’idea è quella di, un po’ come succede al nord, far servire i piatti dai cuochi stessi. Ci sarà anche un angolo di after dinner con qualche drink riservato solamente a chi cenerà, una carta con 3 o 4 cocktail classici, niente di più. Ampio spazio alla cantina con una metà di etichette siciliane e l’altra metà internazionale. Panificazione interna perché è da sempre la sua passione, pasticceria propria. Ma soprattutto uno staff giovanissimo. “I piatti saranno tutti miei – conclude – non mi porterò nessun piatto dal Signum, ma la mia mano è figlia della mano di Martina quindi il sapore sarà quello.” 

Si prospetta un 2019 pregno di novità.