Il caso
L'appello dell'imprenditore Borgia (Bioesserì): "A Milano non trovo pizzaioli"
L'appello dell'imprenditore a pochi giorni dall'apertura del nuovo punto di vendita milanese: "Non trovo gente disposta ad abbracciare il nostro progetto. Sono disposto ad assumere a tempo indeterminato"
(Vittorio Borgia)
di Francesca Landolina
Più facile trovare un ago dentro un pagliaio o un pizzaiolo a Milano? Sembrerebbe assurdo ma è più facile la prima delle due ricerche.
A lanciare l’Sos è Vittorio Borgia, fondatore del brand Biosserì, che proprio da giorni ha fatto il bis a Milano aprendo un secondo locale in via Vespucci (il primo è in via Brera, oltre a quello palermitano, leggi questo articolo). “Non riusciamo a trovare pizzaioli a Milano – afferma l’imprenditore - Ed è assurdo, la città è la capitale indiscussa del food in questo momento, con continue aperture di locali, offre posti di lavoro in tutte le aree di attività che ruotano intorno al mondo della gastronomia. E la pizza è top of mind per i consumatori, è un simbolo del nostro paese sul quale si continua a innovare, a produrre contenuti, nuove sfide; lo trovo paradossale, ma facciamo fatica, ed è quasi impossibile trovare risorse che abbiano voglia di impegnarsi in un progetto a lungo termine, giovani pizzaioli che desiderino partecipare all’avventura di Bioesserì, che ha enormi potenzialità di sviluppo a livello nazionale e internazionale”. Tanta, forse troppa domanda e pochissima offerta insomma. Ma quali possono essere le cause? “C’è una discrepanza enorme tra domanda e offerta. Qui le pizzerie crescono come funghi. E il problema sta a monte. Nel corso del tempo, le scuole si indirizzano più a formare chef e pasticceri, dimenticando i pizzaioli. Per noi le difficoltà crescono”.
Che sia un problema di compenso? “Affatto – continua Borgia -. Noi assumiamo le nostre risorse a tempo indeterminato: un pizzaiolo guadagna tra i 1.700 e i 1.800 euro (netti) al mese, più bonus incentivi. Al momento abbiamo bisogno di alcune figure: un capo pizzaiolo, un assistente, anche con pochi anni di esperienza, e qualche giovane che voglia fare stage formativi. Il compenso per un capo pizzaiolo non è quindi poco. Ma nonostante questo non se ne viene a capo. Al momento cercheremo di sopperire con le risorse del nostro organico. Spero che arrivino delle candidature; a noi interessano esperienza, voglia di lavorare e professionalità”. Forse il mestiere del pizzaiolo non ha un grande appeal tra i giovani? “Proprio questo è il punto – spiega - Non c’è la cultura. Oggi è più figo fare lo chef. Sembra che la giacca da chef dia più visibilità, ma in questo momento la visibilità dei pizzaioli è crescente in maniera esponenziale, soprattutto se si lavora per un prodotto ricercato e di qualità, che non ha nulla da invidiare ad un piatto d’alta cucina. Noi per esempio, facciamo pizze di grande qualità, con lunghe lavorazioni; la nostra è una pizza che si ispira a quella napoletana, ma ricercata negli impasti e nelle materie prime. Fino a quando qualcuno non si sveglierà e non si metterà in testa che bisogna fare una vera scuola dedicata al mondo dei lievitati, la questione non sarà risolta. Oppure dobbiamo aspettare un programma in tv, un Master Chef dedicato alla pizza, con una figura di spicco: forse serve questo a far sì che inizi il luccichio negli occhi di molti ragazzi? Speriamo invece che crescano in fretta la cultura per i lievitati e la consapevolezza che in questo settore il lavoro c’è. Invito quindi pizzaioli interessati ad aderire al nostro progetto a scrivere una mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. per presentare la propria candidatura, abbiamo bisogno di voi”.
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