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Il caso

Il record dei siti Unesco e i siciliani incapaci

30 Novembre 2014
teatro-phiale teatro-phiale


il teatro greco di Siracusa e la Phiale Aurea

Certo che ad essere siciliani c'è da mordersi le mani.

La Sicilia, dopo il riconoscimento Unesco per la vite ad alberello di Pantelleria ha ormai sette “sigilli”, una sorta di record, quasi la metà di tutti quelli attribuiti al Mezzogiorno d'Italia. Tiene testa ad altre regioni del Belpaese per numero e prestigio di beni architettonici. E ora ci si mette pure l'alberello di Pantelleria: per la prima volta una pratica agricola ottiene un riconoscimento con 161 voti favorevoli, cioe l'unanimità dell'assemblea Unesco. Eppure i conti non tornano. Non tornano i numeri dei turisti stranieri che arrivano in Sicilia, decisamente troppo pochi, mentre spiccano inadeguatezze e inefficienze. Da far venire i brividi. E da mettere a rischio gli stessi riconoscimenti. Aiuta in tal senso un articolo apparso sul Corriere della Sera nell'edizione del 30 novembre scritto dal giornalista Gian Antonio Stella. Un'analisi spietata ma purtroppo, temiamo, veritiera, profondamente veritiera. Scrive Stella: “…fa arrabbiare: lo spreco di un patrimonio immenso, arricchito da piatti e vini di eccellenza. Spreco turistico, innanzitutto, se è vero come dice l’Enit che l’isola nel 2012 ha avuto poco più di 6 milioni di presenze straniere contro gli 8 milioni della Campania, i 9 e mezzo dell’Emilia-Romagna, i 19 della Lombardia, i 20 del Lazio, i 22 della Toscana, i quasi 26 del Trentino Alto Adige e gli oltre 40 milioni del Veneto. Un disastro, confermato nel 2013 dalla quota di soldi lasciati dai viaggiatori stranieri: 1.100 milioni di euro. Un trentesimo dell’incasso complessivo italiano. Un trentesimo!”.

Continua Stella: “Come mai? Trasporti pessimi, infrastrutture scadenti, alberghi spesso indecorosi o al contrario splendidi ma carissimi, musei e siti archeologici troppo spesso chiusi al sabato e la domenica a causa di un balordo accordo sindacale sulle festività, incapacità di far fronte al nuovo mercato turistico incentrato in larga parte sul web. Pochi dati: stando a uno studio della Fondazione Res, la visibilità dei siti museali siciliani è per il 26% accettabile o buona, per il 16 scarsa, per il 24 minima, per oltre il 33% inesistente: «Invisibilità totale». L’abbiamo già scritto ma val la pena di ripeterlo: perfino il portale web del turismo regionale, a dispetto di tutti i bla-bla-bla sempre più stucchevoli, è solo in italiano e in inglese. Quello delle Baleari è in sei lingue. E le isole spagnole fanno undici volte più turisti e quattordici volte più voli charter”. 

E non basta perchè il timore è che l'Unesco annulli qualche “sigillo” a causa dello stato in cui si trovano alcuni siti o perchè non sono mai partiti i piani di gestione. Un caso eclatante è quello del teatro greco di Siracusa su cui si litiga per un restauro. Insomma c'è tutto il repertorio della solita Sicilia che non è consapevole del tesoro che possiede. Peccato che tutti questi problemi influiscano pure su un comparto come quello dell'enogastronomia che si è costruito una discreta reputazione. E un annullamento dell'Unesco nell'anno di Expo 2015 e del cluster bio-mediterraneo di cui la Sicilia è capocluster e ha la dignità di uno Stato autonomo, sarebbe un'onta insopportabile. 

Fabrizio Carrera