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Il caso

L’Alta Corte dà ragione al consorzio Prosecco Doc: non si può vendere il Nosecco

26 Giugno 2020
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Nel tentativo di incassare l’amore del Regno Unito per lo spumante a prezzi accessibili e l’ascesa di bevande a basso contenuto alcolico, Les Grands Chais de France, una delle principali aziende vinicole di proprietà privata della Francia, ha lanciato un prodotto chiamato “Nosecco” al London Wine Fiera a maggio 2017.

E il prodotto ha avuto notevole successo, tanto che era disponibile presso numerosi rivenditori tra cui Asda, Tesco, Morrisons, Co-Op e Amazon. Solo che la questione varcò i confini del Regno Unito per arrivare alle orecchie (e agli occhi) dei produttori di Prosecco. Nell’ottobre 2018 il consorzio della Doc Prosecco ha sollevato obiezioni al marchio, portando l’ufficio della proprietà intellettuale del Regno Unito a respingere una domanda di registrazione del marchio “Nosecco” per il motivo che è fuorviante e troppo strettamente associato alle bollicine italiane. Les Grands Chais de France ha affermato che il nome non intendeva competere con il Prosecco nel Regno Unito. La società ha sostenuto che il nome deriva in realtà dalla parola italiana “secco”, che significa “dry”, e anche per evidenziare la mancanza di alcol. La cantina francese ha fatto appello alla decisione dell’ufficio della proprietà intellettule e il caso è arrivato fino all’Alta Corte che ha emesso una importante sentenza nei giorni scorsi, pronunciandosi proprio a favore del consorzio veneto e quindi impedendo alla cantina francese di usare il nome “Nosecco”. Il giudice Nugee ha detto alla corte che non era necessario che il tribunale spiegasse loro la somiglianza tra Nosecco e Prosecco. Sono stati citati diversi post sui social media che hanno dimostrato che i consumatori stavano già realizzando il collegamento da soli.

C.d.G.