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Il caso

“Scusi la Chianina da dove viene?” Ed è subito cacciato dalla trattoria

01 Marzo 2013
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Pubblichiamo la sventura che è capitata ad Aldo Fiordelli, cultore del buon cibo, anzi proprio della carne, ancor prima che firma del giornalismo enogastronomico.

Il fatto solleva una riflessione sugli scandali alimentari che in questi giorni stanno mettendo in apprensione i consumatori di mezza Europa, ci riferiamo a quei cibi dichiarati in un modo in etichetta e che al test del dna, invece, hanno riservato qualche sorpresa. Oramai non si parla d'altro, lo fa anche chi non è ferrato in materia, di salute alimentare e di origine del prodotto. Bene, Fiordelli ha proprio voluto indagare su questa, esattamente sulla provenienza della carne appena ordinata al tavolo di una trattoria di Firenze, chiedendo di vedere la carta di certificazione. Un diritto che il giornalista, come qualsiasi cliente, ha, e aveva in quel momento, il diritto di esercitare. Ma, in barba al diritto, ha avuto il ben servito con l'invito a cercarsi un altro ristorante per poi vedersi mettere alla porta. 

Il fatto lo ha raccontato sul Corriere Nazionale. Per noi rappresenta un caso meritevole di attenzione, perché proprio il nostro giornale, poco prima dello scandalo delle Lasagne Findus contenenti carne di cavallo, invitava i lettori ad informarsi sull'origine dei prodotti serviti al ristorante, e a chiedere, oltre al menu e alla carta dei vini, anche la carta delle bolle di accompagnamento (per leggere l'articolo cliccare qui). Per approfondire la questione della tracciabilità abbiamo interpellato, in seguito, anche il presidente del Consorzio del Vitellone Bianco, che tutela la razza Chianina (qui l'intervista). 

Ecco l'articolo di Aldo Fiordelli

Dove si mangia la bistecca buona a Firenze? Domandare è lecito, rispondere è cortesia, cacciare un cliente dal ristorante è proibito. Ieri alla trattoria Il Fagioli di Corso Tintori a Firenze una domanda di troppo è costata un invito ad accomodarsi fuori: «Ascolti, io sto qui dalla mattina alla sera, se si fida bene, sennò l’acqua gliela offro io, vada a cercarsi un altro ristorante». La cosa era cominciata con una prenotazione per tre persone. La voce al telefono è stata corretta informando subito che non avrebbe ricevuto carte di credito né bancomat, con buona pace di Monti e l’invidia di qualche collega ristoratore. Al tavolo abbiamo chiesto una “bistecca alla fiorentina di chianina”, come per iscritto da menu. Alla domanda sulla provenienza della carne il cameriere ha risposto: «E’ una Chianina certificata della zona di Stia e Pratovecchio». Trattandosi di carne certificata chiunque abbia uno smartphone può andare su internet (www.vitellonebianco.it/operatori.php) e verificarne la tracciabilità, obbligatoria per esempio dal vostro macellaio. Significa che dal produttore al venditore, ogni anello della filiera garantisce il certificato. Operatori certificati a Stia o Pratovecchio non esistono. «Non vi dico da chi la compro perché commercialmente non mi conviene» ha anche aggiunto il cameriere rifutandosi di mostrare il certificato. Ad aumentare i dubbi anche il prezzo: 38 euro al chilo. Uno dei più importanti macellai fiorentini ha commentato: «Non può essere Chianina. Quella costa 26-28 euro al chilo a noi fornitori». Dopo tutti questi “gialli” quando è arrivata in tavola la fiorentina cruda per esserci mostrata era lecito sincerarsi del peso: «Quella è di 1,8 chili?». Da cui la cacciata. «Non è possibile rifiutare le prestazioni del proprio servizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo» dice la legge che non pensavamo nemmeno di dover scomodare scrivendo dell’accoglienza in una seppur semplice trattoria.