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Il caso

Razze, a Milano si vendono 24 euro al chilo. E in Sicilia con 10 euro ne acquistate sei chili

20 Dicembre 2017
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La vendita del pesce in Italia risente di abitudini e tradizioni. Si acquistano poche specie eppure il mare offre molto di più. Nell'Isola partono i bandi per valorizzare la pesca artigianale e consumi più consapevoli

La razza è un pesce di forma romboidale che vive su fondali arenosi o fangosi. Non è di facile preparazione. Va frollata, spellata, anche se ormai per lo più viene venduta già pronta per essere cucinata. 

Le parti migliori sono le ali e la guancia e la cucina francese la utilizza molto. In Italia no. Tuttavia non va trascurato il modo in cui viene proposta e venduta nel nostro Paese. Dario Cartabellotta, dirigente del dipartimento Pesca dell'assessorato siciliano dell'Agricoltura la prende ad esempio per evidenziare le cattive abitudini di noi consumatori che facendo la spesa compriamo sempre gli stessi tipi di pesce. Eppure il mare è molto più ricco. Dovremmo cominciare a fare acquisti più consapevoli. Ed infatti Cartabellotta evidenzia che le razze a Milano costano 24 euro al chilo (e le immaginiamo già frollate e porzionate e pronte per la cottura) in Sicilia con 10 euro ne comprate una cassetta intera e quindi circa sei chili ovvero un euro e 50 al chilo circa. E comunque, la razza, se si sa cucinare è buonissima.

L'occasione è la presentazione dei bandi del Feamp, il Fondo degli Affari Marittimi e della Pesca, in tutto cinque misure, per una dotazione finanziaria di oltre 16 milioni di euro, destinate all’insediamento dei giovani pescatori, alla trasformazione, commercializzazione e vendita dei prodotti ittici, all’acquisto di attrezzature ed ancora al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marittimi. Misure che, come ha ricordato il neo assessore Edy Bandiera mirano “a ridare dignità al lavoro di pescatore annichilito dalle misure comunitarie”.

Tra i bandi spicca quello per la creazione di posti di lavoro, avente una dotazione complessiva di 9 milioni euro, che prevede un premio di 40 mila euro per il tirocinio di giovani pescatori, al di sotto dei 30 anni, a bordo di un peschereccio adibito alla pesca costiera artigianale di proprietà di un pescatore professionista di almeno 50 anni di età. Mentre un bando innovativo con uno stanziamento di 400 mila euro è quello rivolto agli istituti alberghieri della Sicilia per progetti che valorizzano la conoscenza e la diffusione della biodiversità del pescato, inclusi i prodotti derivanti da acquacoltura, “che – spiegano dall'assessorato siciliano – allo stato attuale pur avendo migliorato gli standard di qualità e sicurezza alimentare non risultano adeguatamente conosciuti e apprezzati dai consumatori ma con potenzialità di mercato”.

Ma il vero obiettivo è quello di difendere e promuovere la pesca artigianale che è quella più diffusa in Sicilia e che rappresenta una micro economia fatta di tradizioni e identità, spesso sostenibile ma schiacciata proprio da consumi poco accorti e dall'invasione di pesce che arriva da mari lontani e senza garanzie di qualità. Si citano i casi di pesci che arrivano sulle nostre tavole dall'Argentina o dal Vietnam perché, secondo un dato, il 70 per cento del pesce che si consuma in Italia arriva dall'estero.

Dice ancora Cartabellotta: “Attorno alla pesca artigianale dobbiamo costruire un asset di valore. E dobbiamo tentare di trasferire quel sistema di comunicazione ed emozioni che è stato fatto con il vino. In quel caso si parla di terroir, qui magari creando un neologismo di “marroir”. E non dimentichiamo che due terzi delle imbarcazioni registrate in Sicilia, oltre duemila, riguardano la pesca artigianale, quindi piccole barche attrezzate per piccola pesca. La flotta siciliana è da sola un quarto di quella italiana”. Un punto di partenza importante. E accanto a questi dati anche quelli sul consumo. Si mangiano sempre gli stessi tipi di pesce: tonno, merluzzi, acciughe, spigole e orate. Una decina di specie in tutto quando invece il mare offre molto ma molto di più. Quello della razza è solo un esempio. 

C.d.G.