Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il personaggio

“Km0 solo uno slogan. Quanto territorio c’è nelle cucine degli italiani? All’estero il vero Made in Italy si apprezza e si consuma di più”

11 Ottobre 2013
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La sua rivoluzione parte da un chicco di grano e da una vocazione che non conosce crisi.

L’agricoltura siciliana, l’importanza della biodiversità, la coltivazione dei cereali, il mito e la tradizione in cucina rappresentano il suo personalissimo paradigma da coniugare all'infinito. Bonetta Dell’Oglio, Chef e Ambasciatrice per la condotta di Palermo di tutti i prodotti siciliani nel mondo, è una sostenitrice instancabile del gusto e della salute. Una paladina itinerante che non nasconde il suo disappunto per tutto quello che ancora si deve fare a livello nazionale ed europeo per tutelare la cucina del territorio siciliano.

“Presto” racconta “partirò per New York per presentare le eccellenze gastronomiche siciliane anche dal punto di vista salutistico. L’ibridazione dei semi che mangiamo ormai da più di sessanta anni sta dando dei risultanti che devono far riflettere. In Sicilia siamo al terzo posto per quanto riguarda la celiachia, il diabete aumenta sensibilmente mentre nel sud Italia un bambino su tre è obeso. In Sicilia si spendono dieci milioni di euro l’anno per mangiare e soltanto quattro milioni di euro provengono dai prodotti locali”. C’è dunque una certa urgenza nel ripensare i prodotti siciliani in modo nuovo, per imparare ad amarli di più partendo proprio dal consumatore: “Dobbiamo diventare degli instancabili comunicatori non soltanto attraverso la parola, ma anche attraverso il piacere della tavola”. Cucina tradizionale e km 0 sono diventato ormai dei veri e propri slogan. Ma quanto territorio c’è realmente nelle cucine degli italiani?: “Questo dipende dalla grado di evoluzione dell’uomo. Fino a settanta anni fa gli italiani dedicavano il 60% del loro introito alla cucina e al cibo. Oggi, secondo le statiche, per il cibo non si spende più del 15%. Non ci preoccupiamo più, quindi, di sapere da dove arriva il cibo che ingeriamo. Certamente la crisi c’è e tocca il cibo però non dimentichiamoci che il 20% della nostra spesa finisce nell’immondizia. Probabilmente dovremmo imparare a comprare meno e meglio”.

All’estero, invece, la cucina italiana continua ad essere un richiamo irresistibile: “I prodotti di eccellenza agroalimentari italiani sono i più copiati almondo, anche quelli siciliani. Probabilmente in Sicilia verrà istituita una commissione di controllo che tuteli il Born in Sicily,un progetto che l’assessore Dario Cartabellotta sta cercando di portare avanti anche grazie all’aiuto di Slow Food e di tutti gli chef siciliani che con passione e dedizione trasformano soltanto le materie prime locali”. Oggi si parla tanto di globalizzazione del cibo, ma questi scambi in Sicilia ci sono sempre stati e sono stati vissuti con un grande senso di accoglienza: “Molte materie prime che sono prodotte da secoli in Sicilia, in realtà trovano la loro origine in altri Paesi. Basti pensare al pomodoro, ai fagioli o alla cioccolata, nata nel Messico e importata nell’isola dagli spagnoli”.

Cosa fare allora per sensibilizzare il consumatore che ancora non possiede una cultura alimentare?: “Bisogna lavorare instancabilmente partendo prima di tutto dalla formazione di bambini e ragazzi. E’ necessario educarli nella costruzione di una coscienza alimentare che ancora non hanno. Oggi l’alimentazione dovrebbe diventare materia di studio a partire dalla scuola primaria. Del resto se la dieta mediterranea è diventata Patrimonio dell’Umanità ci sarà una ragione! Mi dispiace dirlo ma anche negli istituti alberghieri questa cultura della alimentazione ancora non c’è. Bisogna poi lavorare con i panettieri e i panificatori per divulgare le materie prime basiche che con pochissimo ci permettono di fare dei prodotti eccellenti”. Al supermercato però i limoni siciliani costano molto di più di quelli argentini. Come invogliare allora il consumatore a scegliere i prodotti locali?: “Queste problematiche sono molto importanti e vanno discusse a livello nazionale, non soltanto locale. Stiamo vivendo una fase molto delicata perché il nostro Bel Paese non lo protegge nessuno. Non ci proteggono nemmeno da alcune leggi sbagliate imposte dalla comunità europea che finiscono per danneggiarci. Mi riferisco ad esempio alla pesca locale o al nostro grano”.

Bonetta intanto continua la sua piccola rivoluzione in un chicco che la vedrà impegnata a Roma presso l’Open Colonna e a Genova per un corso sull'utilizzo delle farine provenienti da granai antichi siciliani moliti a pietra naturale dei Molini del Ponte presso la scuola dello chef Luca Collami: “Bisogna agire fin da subito per salvare la nostra biodiversità. Forse nel giro di un ventennio riusciremo a cambiare direzione, a dare un svolta. Mi rendo conto che questi messaggi potranno apparire sgradevoli, ma non c’è più tempo per discutere”.

Rosa Russo