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Il personaggio

Carlo Petrini contro l’Europa dei burocrati e gli avidi gourmand

01 Ottobre 2013
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“L’Europa che vuole far valere le stesse leggi nella Valle della Loira come in Sicilia non mi interessa” , lo dice Carlo Petrini in una intervista concessa a La Revue du Vin, magazine di settore e di riferimento in Francia.

Il fondatore di Slow Food batte sempre su questo punto caldo, “il nodo da sciogliere” di un sistema culturale, politico ed economico che ancora non riconosce il ruolo primario dell’agricoltura, le diversità territoriali e il giusto valore della qualità di un prodotto e della sua storia. Petrini evoca, chiede anzi il ritorno al Trattato di Roma del 1957, e si appella “al senso di responsabilità delle diverse comunità che partecipano ad un destino comune”. Punta il dito contro l’Europa dei burocrati e contro “la coppia Sarkozy-Merkel”.  “L’Europa deve rispettare l’unità nella diversità – ha detto-, deve essere un unione ricca con molta più democrazia partecipativa”.

E nel raccontare le lotte di Slow Food, il progetto di Terra Madre e gli obiettivi raggiunti, Petrini si sofferma sulla percezione del cibo e del suo valore. Questo calato negli ultimi 50 anni, a causa anche  della politica del prezzo, come ribadisce al giornalista, che ha portato il consumatore a concentrare la propria scelta su questo dimenticando il resto e l’origine del prodotto stesso. “Dobbiamo ritornare a coltivare una visione olistica”, dice a proposito del vino, emblema della produzione agricola. E si sofferma sul concetto di qualità. “Per me qualità al prezzo basso è un’utopia negativa – dice – senza i criteri buono, pulito e giusto la qualità del cibo non esiste”.  E va contro gli “avidi gourmand”, contro gli snob che giudicano il cibo “solo perché è buono e non gli interessa se poi gli agricoltori sono trattati come schiavi”. La qualità per Petrini  non è un’idea elitaria. “E’ un concetto umanista – specifica -. Non è un valore di desta o di sinistra. La qualità è l’opposto dell’avidità e di una mentalità dissoluta. E dice ancora, “Che senso ha una gastronomia che non difende i piccoli produttori? – e prosegue a proposito dell'ideologia politica- Bisogna solo guardare la realtà. L'agricoltura deve porsi obiettivi chiari: l'ambiente umano, la difesa delel comunità, del diritto di mangiare bene, la salvaguardia del patrimonio alimentare. (…) Moderazione, condivisione, compartecipazione, gioia di vivere, senza perdere il divertimento che ci da la forza di resistere,  è questo quello che ci deve guidare”.

C.d.G.


fonte: La Revue du Vin