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Il personaggio

Jacopo Biondi Santi: i disciplinari di Brunello e Rosso di Montalcino non devono cambiare

29 Marzo 2012
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Quando si parla di Brunello di Montalcino il pensiero va inevitabilmente alla famiglia Biondi Santi.

Nella seconda metà del XIX secolo Clemente Santi, esperto in chimica ed agronomo, comincia a studiare un ceppo di Sangiovese, il Sangiovese a bacca grossa, chiamato nella zona di Montalcino Brunello a causa del colore scuro dell’acino. Nasce così un grande vino che nel bene e nel male ha segnato la storia della viticultura toscana ed italiana.

Uno degli stand più visitati del Vinitaly è stato inevitabilmente quello di Biondi Santi, che ha offerto in degustazione anche il Brunello Riserva 2004 e 2006. Jacopo Biondi Santi (nella foto), cortese padrone di casa, si è intrattenuto con noi in piacevole conversazione.
 
Qual è la situazione del mercato vinicolo in riferimento al Brunello ed alla zona di Montalcino?
“Va bene, non ci sono giacenze ed il prezzo del sangiovese è a buoni livelli. Gli unici due mercati che ci fanno soffrire sono quello USA, che risente ancora della crisi finanziaria del 2008, e quello brasiliano, dove un’enclave di produttori italo-brasiliani ha indotto il governo ad aumentare le già onerose tasse di importazione”.

Dati delle camere di commercio suggeriscono una contrazione della vendita di vini da vitigni internazionali, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah in testa. Gli autoctoni invece tengono o sono addirittura in incremento. E’ possibile che i recenti tentativi di modifica del disciplinare di produzione del Rosso di Montalcino e, in prospettiva, del Brunello, siano funzionali al tentativo di recuperare questi prodotti all’interno di una Doc che vende?
“E’ possibile, ma su questi argomenti si possono solo fare ipotesi, non vi sono certezze, poiché non è possibile entrare nelle cantine dei produttori per controllare ciò che fanno. Una cosa invece è certa. Le proposte di modifica del disciplinare sono state caldeggiate da quelle aziende che posseggono vigne nei terreni meno vocati di Montalcino, e che con questi trucchi ritengono di poter fare un prodotto più presentabile e più appetibile per il mercato”.

I disciplinari di produzione del Brunello e del Rosso di Montalcino devono cambiare?
“No. Assolutamente no. Consideri che lo scandalo di Brunellopoli ha danneggiato la Doc. Modificare i disciplinari consentendo l’uso di vitigni internazionali verrebbe interpretato dal mercato come il tentativo di legalizzare lo status quo. Si otterrebbe un effetto di  generalizzazione, per cui il consumatore penserebbe che fino ad oggi i produttori di Montalcino hanno barato ed adesso tentano di legalizzare le loro magagne. I disciplinari devono rimanere così come sono”.

Il clone di sangiovese a bacca grossa selezionato da Franco Biondi Santi, il BBS 11, è oggi considerato il più pregiato del montalcinese. Alcune aziende sostengono però che qualsiasi sangiovese impiantato a Montalcino ottenga i medesimi risultati. Crede che anche il sangiovese di Romagna possa essere coltivato a Brunello?
“A Montalcino non esiste Sangiovese di Romagna. Chi lo afferma dice sciocchezze. Perché un produttore Ilcinese dovrebbe impiantare un Sangiovese non della zona? Neanche la difficoltà a reperire marze, o a reperirle a prezzi ragionevoli, lo giustificherebbe”.
 

M.M.