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Il personaggio

Emanuele Cottone, il macellaio che sognava di diventare un fotografo: “Poi però…”

01 Luglio 2021

di Giovanni Franco

Gli scatto una foto e dopo qualche secondo sento la sua voce quasi emozionata “ma è la mitica reflex analogica Canon A1? Il suono dell’otturatore è inconfondibile, musica per gli appassionati. Un simbolo per i reporter negli anni ‘80”, dice e gli occhi gli brillano.

Posa il tocco di carne che stava per tagliare, lascia il bancone e con passo veloce si dirige, su mio invito, verso di me. Guarda la macchina e dice, dopo averla controllata in ogni particolare: “Ma è immacolata”. Prego faccia una foto gli suggerisco. Dopo qualche attimo di tentennamento la prende e quasi carezzandola e scatta due foto con mano ferma come se fosse un prolungamento del suo braccio e del suo occhio, inquadrando, mettendo a fuoco velocemente, fuori dalla vetrina della sua bottega gourmet. Gira la ghiera dei diaframmi e quella dei tempi di posa, nell’obiettivo 50 millimetri. Poi mi dice: “Io ho la Nikon F1”, altra mitica macchina di quel periodo. E racconta la sua passione per la fotografia e di quando passava nottate intere in camera oscura. Già in quel momento Emanuele Cottone, titolare della premiata macelleria e salumeria a Palermo, che ha anche conquistato il premio Best in Sicily come migliore macelleria nel 2015, ritorna con la mente a quando era più giovane. Abbattute le formalità del lei e dandoci del tu diventa una miniera di aneddoti. La sua attività commerciale avviata dal padre gli fece abbandonare la possibilità di diventare un fotografo professionista. “Ora dipingo – dice – ma ho nei miei archivi migliaia e migliaia di negativi di cui si occupa mia figlia”.

Intanto entrano nel negozio altri clienti. Fuori il termometro sfiora i 37 gradi. Afferma un ragazzo: “Ogni volta che passo da questa strada mi fermo da Cottone. E’ un posto di nicchia con un’ottima offerta di vini”. Emanuele compiaciuto offre pezzi di primo sale e di fesa di tacchino”. Quando siamo di nuovo da soli e mia moglie è intenta a scegliere altri prodotti per una cena con le sue colleghe, Emanuele riprende i racconti. “Una mattina – afferma – ero in negozio e viene a trovarmi Letizia Battaglia con un suo collega e amico. Aveva sentito parlare del “carnezziere” fotografo. Io ero convinto di conoscere il suo interlocutore. E infatti ne ebbi la certezza quando si presentò per me fu una grande emozione. Era Josef Koudelka di cui sono stato sempre un grande ammiratore e il cui volto avevo visto nelle riviste specializzate”. A lui si deve soprattutto la testimonianza fotografica che ha offerto sulla fine della Primavera di Praga: Koudelka era rientrato da un viaggio per un servizio fotografico sugli zingari della Romania, appena due giorni prima dell’invasione sovietica, nell’agosto 1968. Svegliato da una telefonata si precipitò in strada mentre le forze militari del Patto di Varsavia entravano a Praga per soffocare il riformismo ceco. I negativi di Koudelka lasciarono Praga seguendo canali clandestini, nelle mani dell’agenzia Magnum Photos, e finirono per essere pubblicate sul periodico The Sunday Times, in maniera anonima, contrassegnate unicamente dalle iniziali P.P., sigla di Prague Photographer (“fotografo di Praga”), nel timore di rappresaglie contro di lui e la sua famiglia.

Le sue immagini di quegli eventi divennero drammatici simboli internazionali. Nel 1969 l'”anonimo fotografo ceco” fu premiato con la Robert Capa Gold Medal dell’Overseas Press Club, per la realizzazione di fotografie che richiedevano un eccezionale coraggio. “Mostrai a Josef i miei negativi – riprende Cottone – e lui con un pennarello sotto l’immagine mise una “x” su quelli che gli piacevano di più. Li conservo gelosamente”. Poi mi racconta delle foto scattate agli ultimi e agli scorci della città. Un archivio da valorizzare. E da mostrare anche sorseggiando un bicchiere di vino accompagnato da salumi e formaggi gourmet. Sicuramente Emanuele sa dove reperirli…