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Il personaggio

Gianni Zonin: “Troppe piccole cantine in Italia, un handicap per crescere e competere”

22 Maggio 2015
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L'imprenditore e banchiere veneto riceve una laurea ad honorem dell'Università di Palermo. Nella sua lectio magistralis i temi sulle sfide del futuro


(Gianni Zonin ed il rettore dell'Università di Palermo Robetto Lagalla al centro durante la consegna della laurea)

Pubblichiamo uno stralcio della lectio magistralis tenuta oggi allo Steri di Palermo, da Gianni Zonin che ha ricevuto la laurea ad honorem in “Imprenditorialità e qualità del sistema agro-alimentare”. 

Zonin ha sottolineato la necessità di essere imprenditori con il cuore e la ragione e poi ha puntato l'indice sull'eccessiva frammentazione del settore dei vino che conta in Italia 400 mila viticoltori ribadendo che “il 'piccolo' (che era bello negli anni Sessanta, in tutti i settori dell’economia italiana) oggi è diventato un handicap che impedisce al nostro Paese di crescere e competere”.
Ecco il testo

“Magnifico Rettore, onorevoli Autorità, illustri Professori, gentili Ospiti, Signore e Signori,

desidero porgere a tutti voi un cordiale saluto ed un sentito ringraziamento per l’alto onore che viene oggi riservato alla mia persona con il conferimento della Laurea Magistrale ad Honorem “Imprenditorialità e qualità del sistema agro-alimentare”.
Una laurea che considero conferita alla mia famiglia ed alla sua storia per ciò che ha rappresentato e rappresenta nel mondo dell’agricoltura e dell’enologia in Italia e nel mondo. (…)
La Casa Vinicola Zonin spa, che ho il piacere e l’onore di guidare da tanti anni, ha perfezionato, da pochi mesi, il proprio marchio: abbiamo scelto ZONIN1821, l’estrema sintesi di quasi duecento anni, attraverso tre secoli, di storia di una famiglia e delle sue aziende che operano in tutto il mondo, pur restando profondamente radicate a Gambellara, dove tutto ha avuto origine dal lavoro dei miei nonni e dei miei bisnonni. E dove, insieme con la nuova generazione, da tempo già in ruoli chiave, costruiamo giorno per giorno il futuro del gruppo in Italia e nei mercati internazionali.
(…) La nostra storia viticola inizia nel 1821, alcune generazioni fa: il nonno del mio bisnonno Giovanni Battista faceva il viticoltore a Gambellara, piccolo centro agricolo del vicentino, il luogo delle nostre radici che, ancora oggi, è la nostra casa madre, cuore di una realtà familiare italiana presente con diverse tenute in Italia e negli Usa in Virginia. Gambellara è diventata oggi il centro di un sistema aziendale di famiglia che conta oggi circa 2.000 ettari di vigne nelle 7 regioni d’Italia a maggiore vocazione vitivinicola, 9 tenute di proprietà oltre ad una tenuta in Virginia, Barboursville Vineyards, dove abbiamo realizzato il sogno del Presidente Thomas Jefferson di produrre vini di qualità nella costa atlantica degli Stati Uniti. Il fatturato consolidato Zonin 2014 è stato di 160 milioni di euro, dei quali oltre il 75% sui mercati esteri dove siamo presenti con i nostri vini in ben 106 Paesi. Oggi Casa Vinicola Zonin è una fra le più importanti realtà vitivinicole private d’Italia e tra le prime in ambito europeo e nasce proprio lì nel Veneto, a Gambellara, da una famiglia di viticoltori.
A soli ventidue anni, nel 1921, assunse l’iniziativa di gestire l’attività di famiglia, specializzando nella viticoltura i pochi terreni di proprietà, acquistando uve e vino anche dagli altri agricoltori della zona e avviandone la commercializzazione sia a Vicenza sia nelle province limitrofe di Verona e Padova. Iniziava così la prima attività imprenditoriale vitivinicola, nel senso moderno del termine, della Casa Vinicola Zonin, che potremmo definire organizzata a livello industriale secondo un modello che diede buoni risultati e rimase praticamente immutato fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Il vino, a quei tempi, si vendeva soprattutto sfuso, nelle fiaschetterie o presso i vinai, contenuto in fiaschi o in damigiane, riservate ai bar e alle trattorie. Alla fine degli anni ’50, esattamente nel luglio del 1957, appena diplomato in enologia, lo zio Domenico mi chiamò a collaborare con lui in azienda. Nelle nostre cantine ricordo che allora lavoravano stabilmente almeno un centinaio di persone addette al lavaggio e al riempimento manuale delle damigiane. Quando inventammo la prima macchina lavatrice semiautomatica e la prima riempitrice semiautomatica per damigiane si lavavano e si riempivano fino a 4.000 damigiane al giorno. Il vino in bottiglia era, in quegli anni, un lusso per pochi. I consumi erano molto elevati: circa 110 litri pro-capite annui contro i 38 litri di oggi. Chi comprava cercava essenzialmente il prezzo (e d’altra parte l’Italia stava uscendo allora dal dramma della seconda guerra mondiale). Il concetto di qualità era ancora, diciamo così, nebuloso. (…) Nel 1958 un primo grande salto di qualità in termini organizzativi nelle nostre cantine di Gambellara: viene deciso l’acquisto di una macchina imbottigliatrice che assicura una produzione di 5.000 bottiglie all’ora (una quantità inusuale per l’epoca).
Si tratta della più grande linea imbottigliatrice installata in Italia, che lavorava a ciclo continuo.
Con gli anni Sessanta cambiano le tecniche di imbottigliamento, ma soprattutto gli stili di vita. Il 1965 è ricordato ancor oggi come un vero e proprio “punto di svolta” nella storia del vino in Italia. E’ l’anno in cui entra in vigore la nuova legge sulle denominazioni di origine dei vini (DOC) che sostituisce la vecchia normativa risalente al 1925.
Si tratta di una legge severa e moderna, che riordina dalle fondamenta il settore del vino, dal campo sanitario alla repressione delle frodi. Crescono le dimensioni delle aziende che hanno puntato sulla qualità e spariscono anno dopo anno quelle che non hanno compreso i cambiamenti del mercato.
(…)
Appena dieci anni più tardi, nel 1970, usciamo dal Veneto. E da allora non ci siamo ancora fermati.
Nel 1970 entrano a far parte dei vigneti di famiglia le tenute di Cà Bolani e Cà Vescovo in Friuli, nella zona DOC di Aquileia che produce ottimi vini sia bianchi che rossi come il Pinot Grigio, lo Chardonnay, il Sauvignon, il Cabernet ed il Refosco. Con i suoi 600 ettari di vigne in produzione l’azienda vitivinicola Cà Bolani rappresenta oggi il più esteso vigneto privato del Nord Italia.
Nel 1979, mentre il mercato accentua la propensione alla diversificazione sia varietale che produttiva, approdiamo in Toscana: prima con la tenuta di Castello d’Albola, nel cuore del Chianti classico, e poi con quella di San Gimignano, dove produciamo la Vernaccia, prima denominazione di origine controllata in Italia.
Nel 1985 ci insediamo in Piemonte, con la tenuta di Castello del Poggio con vigneti in Comune di Asti (oggi il più grande vigneto in unico corpo della regione) e di Costigliole d’Asti dove si produce Asti e Moscato d’Asti Docg che esportiamo in tutto il mondo.
Nel 1987 in Oltrepò pavese, territorio vocato per le nobili uve di Pinot nero, sperimentiamo l’emergente spumante metodo classico con rifermentazione in bottiglia nella Tenuta Il Bosco, dove avviamo anche, tra i primi, la vinificazione in purezza delle uve rosse Bonarda.
Arriviamo agli anni Novanta, quando inizia la rinascita internazionale del vino italiano attraverso la fortunata vicenda dei Super Tuscans. Uno per tutti il mitico Sassicaia che riafferma nel mondo il mito di una regione, la Toscana, dove, accanto a terroir ormai famosi, rimaneva una terra da scoprire, ricca di potenzialità eccezionali, ma purtroppo da sempre malata di siccità: la Maremma.
E’ bastato, appena due decenni fa, l’arrivo di una innovazione tecnologica come l’irrigazione a goccia e da quella Maremma, in cui nel frattempo avevamo acquistato la tenuta Rocca di Montemassi, abbiamo iniziato ad ottenere risultati di assoluto rilievo qualitativo, con vini come il Vermentino, lo Syrah, il Sangiovese, il Petit Verdòt.
E siamo giunti ormai ai nostri giorni. Il vino italiano vive una stagione di grande successo, la sua nuova immagine di grande qualità e prestigio si afferma a livello internazionale. Dopo anni di sudditanza nei confronti dei vicini fratelli d’oltralpe, il “made in Italy” diventa anche un fatto di vino, non solo di moda e di griffe.
In Italia si beve meglio, certo, ma molto meno. L’export diventa pertanto una frontiera irrinunciabile per salvare le nostre aziende.
(…) Ed è così che già nel 1997, guardiamo con nuovo interesse al Sud. E individuiamo nella Sicilia,  per prima, la terra della nuova eccellenza italiana, la terra ideale per produrre i grandi vini del futuro, soprattutto rossi, con una precisa carta d’identità. Il nostro obiettivo è quello di valorizzare le varietà tipiche del territorio trovando, al tempo stesso, una perfetta mediazione con il gusto internazionale. In questo modo nasce l’investimento nella tenuta Feudo Principi di Butera in provincia di Caltanissetta. Un investimento – il primo realizzato in Sicilia da imprenditori vitivinicoli del Nord – fatto con “il cuore e la ragione”, come dissi in occasione dell’inaugurazione dell’azienda e amo ricordare spesso. Perché le tenute Zonin, nascono con una filosofia precisa: essere presidi del territorio e delle tradizioni rurali.
(…) E la scelta di questa azienda siciliana nasce dal fascino che esercitò su di noi la storia di questi luoghi, il paesaggio – un’incantevole collina adagiata tra il mare del canale di Sicilia e le montagne del Nisseno, – e l’antico Baglio che fu dei Principi Branciforte. Un frammento della bellezza e della fierezza della terra di Sicilia che, come rientra da sempre nella nostra filosofia aziendale, abbiamo accolto con grande rispetto, dando corso ad un restauro importante e filologicamente attento alla storia delle strutture dell’azienda agricola. Oggi in Sicilia produciamo vini in linea con le richieste dei consumatori, sempre più orientati verso vini rossi corposi, ben strutturati, frutto di un patrimonio varietale di primissimo ordine ed allo stesso tempo dotati di un forte appeal internazionale. Abbiamo terroir, cultura e storia; un corredo di vitigni autoctoni di straordinaria potenzialità, dal Nero d’Avola all’Inzolia, al Grillo. Vitigni riscoperti dopo secoli di oblio, da cui otteniamo vini che si stanno affermando in tutti i continenti. Proprio dall’antico vitigno Insolia si ottiene l’ultimo nato della nostra gamma di vini siciliani, un cru molto particolare chiamato Serò, presentato poco più di un mese fa alla stampa specializzata internazionale e ad un’ampia platea di opinion makers. Di più abbiamo riscontrato, nei nostri vigneti siciliani che si estendono nel territorio di Butera, condizioni ambientali uniche ed irripetibili che consentono di ottenere anche dai vitigni internazionali, Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah e Chardonnay, ottimi vini con il caratteristico imprinting siciliano, l’imprinting di una delle migliori terre da vino al mondo.  Produrre vino di qualità porta naturalmente a rispettare di più la natura. Nella nostra tenuta Feudo Principi di Butera – dove abbiamo attrezzato una cantina fra le più moderne d’Europa – tutte le vendemmie hanno confermato che stiamo producendo vini di straordinaria qualità. Prestigiose riviste internazionali hanno attribuito ai nostri prodotti premi e valutazioni di eccellenza. È una sfida vissuta in azienda con entusiasmo, come tutte le altre nelle regioni viticole più prestigiose, ma in particolare come quella che ci vede impegnati in un’altra regione del Sud, le Puglie, nella Masseria Altemura. Anche nello straordinario terroir del Salento la sfida è produrre altri rossi da antichi vitigni autoctoni, come Primitivo di Manduria, Aglianico, Negroamaro, e riuscire a conciliare tradizione con modernità/innovazione, rivoluzionare i vigneti spingendo esclusivamente sull’alta qualità, ottenendo vini che interpretano al meglio il territorio. Il tutto in un contesto naturale dove energia solare, clima e suolo offrono un altro eccellente vantaggio competitivo: la eco-sostenibilità. Stiamo lavorando – e qui in Sicilia ci riusciremo prima che in altre regioni – per ridurre di quasi l’80 percento i trattamenti antiparassitari e per affrontare e ricercare diverse situazioni in vigna e in cantina sempre concentrandosi sulle pratiche ecosostenibili nel rispetto e nella cura dell’ambiente. L’obiettivo è anche il recupero e la valorizzazione della biodiversità: è una esperienza unica passeggiare tra viti e olivi percependo la presenza della fauna e flora locale tra gli agrumeti, i roseti, le agavi e le siepi di rosmarino. Una filosofia che fa parte da sempre della nostra famiglia.
(…)
Il settore del vino in Italia conta 400.000 viticoltori. Però le aziende della dimensione della nostra Casa Vinicola si contano sulle dita di una mano.
Il “piccolo” (che era bello negli anni Sessanta, in tutti i settori dell’economia italiana) oggi è diventato un handicap che impedisce al nostro Paese di crescere e competere.
Pensate che in Australia le prime tre aziende vitivinicole controllano l’80 per cento della produzione e del commercio di vini di quell’intero Paese e negli Stati Uniti una winery californiana controlla da sola quasi un quarto del mercato americano.
Per continuare a competere in questo scenario, i produttori italiani non potranno che attenersi a tre regole:
–          produrre vini di ottima qualità (e abbiamo storia, terroir e tradizione e tecnici per farlo in modo eccellente);
–          dotarsi di un’ottima organizzazione di marketing e di vendita (e qui forse abbiamo ancora qualcosa da imparare, ma non ci manca né inventiva né fantasia per farlo al meglio);
–          disporre di una dimensione aziendale, in grado di ottimizzare gli sforzi, e coniugare ottima qualità ed ottimo prezzo (ed è ciò su cui dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi e le nostre attenzioni).
Solo così il vino italiano potrà affrontare con successo la sfida della globalizzazione.
(…)
Vorrei concludere però con un breve cenno alla grande occasione dell’Expo universale che anche noi come azienda abbiamo cominciato a vivere a Milano con i nostri vini, le nostre esperienze e i nostri contatti.  Expo2015 è un’occasione forse irripetibile, per il settore agro-alimentare, per affrontare in modo globale il tema delle risorse, dell’ambiente, del cibo. Per noi quella dell’impegno sui temi della sostenibilità è una scelta strategica consolidata nel tempo. I risultati del nostro lavoro sono presenti in diversi padiglioni, pronti all’incontro con milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo.  Noi ci riteniamo da sempre impegnati a restituire all’ambiente le risorse che ci ha fornito e poniamo, nella ricerca della qualità, una cura scrupolosa in ogni fase della lavorazione, dalla vigna alla cantina alla bottiglia. In tutte le nostre aziende inoltre siamo impegnati in un percorso che ci condurrà all’autosufficienza energetica mediante il ricorso a fonti rinnovabili: oggi siamo oltre metà dell’opera, al 56 per cento del fabbisogno complessivo.
 “Quello che prendiamo alla terra, lo restituiamo alla terra’’ è il motto che abbiamo scelto come sintesi della nostra filosofia aziendale, in perfetta sintonia anche con il tema di Expo2015. ’’Nutrire il pianeta, energia per la vita’’.
Grazie al Magnifico Rettore, al Senato Accademico e a tutto il corpo docente dell’Ateneo di Palermo per l’onore che hanno riservato a me, alla mia famiglia, ai miei collaboratori e a tutta la grande famiglia ZONIN1821″.

C.d.G.

(Pubblicato alle ore 13,30)