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Il personaggio

Giuseppe Fortunato e il vino dei Campi Flegrei

29 Agosto 2011
giuseppe-fortunato giuseppe-fortunato

di Fabio Cimmino

Giuseppe Fortunato (nella foto) è il prototipo del contadino del nuovo millennio. Giovane, impegnato in prima persona nel lavoro tra i filari delle sue vecchie vigne a piede franco.

Siamo a due passi dalle fumarole della Solfatara (una sorta di Yellowstone partenopea), tra Pozzuoli e Licola, litorale nord-ovest della città di Napoli. Qui i terreni di natura sabbiosa vulcanica (con residua presenza di limo e più scarsa di argilla) hanno preservato le radici delle piante dal flagello della fillossera. Dopo un faticoso lavoro di recupero, i vigneti di famiglia sono rinati grazie al suo impegno sottraendoli alla trascuratezza e all’abbandono in cui versavano. Lentamente sono stati portati ad un sistema di allevamento più moderno e funzionale, il doppio Guyot, conservando della tradizionale spalliera puteolana, solo ed in parte, l’altezza. Giuseppe dispone di circa un ettaro e mezzo di terreno, vigne adagiate sulle colline e poco distanti dal mare, tutte piante, come ricordato, a piede franco che hanno un’età compresa tra 10 e 30 anni con qualche ceppo molto più vecchio e con qualche raro ceppo di aglianicone ed altre uve che ancora, pur rivolgendosi ad esperti, non è riuscito ad identificare con scientifica certezza. Falanghina e piedirosso sono le due sue etichette doc “Campi Flegrei” al momento prodotte, sono entrambi ottenuti da coltivazioni rigorosamente biologiche con rese naturalmente molto basse intorno ai 40 quintali per ettaro. Siamo tra i 90 e i 200 metri sul livello del mare: un vigneto è in località Pozzuoli, dove ha sede l’azienda con la relativa cantina, mentre l’altro a Monterusciello, poco distante, più fresco e ventilato. Giuseppe lavora le sue uve con metodi ancora artigianali ed i suoi vini sono vini veri, vivi con tutti i pregi e i limiti di questo modo di lavorare.


Panorama dei Campi Flegrei

Nel caso del piedirosso si tratta di un vitigno difficile che spesso presenta problemi di riduzione non facili da gestire e che molti produttori risolvono attraverso l’apporto-aiuto di altri vitigni. Giuseppe cerca di lavorare in purezza anche se qualche grappolo delle uve, di cui sopra non meglio identificate, continuano ad essere raccolte ed inserite nell’uvaggio di partenza. La falanghina è un bianco fresco, vibrante, che Giuseppe interpeta sempre con grade rigore senza facili scorciatoie di un frutto banalmente esuberante come molte falanghine destinate al consumo “sveltina” della miope ristorazione locale. La sua Falanghina esce circa un anno dopo la vendemmia. I suoi vini hanno una struttura solida che permette sia nel caso del bianco che del rosso un misurato potenziale di invecchiamento. I prezzi sono onesti, poco più alti della media di un mercato cinico che inneggia alla qualità ma non è disposto a a pagarla. Non vi consiglio nessuna annata in particolare, la piccola produzione non vi consentirà molte possibilità di scelta che non sia l’ultima in commercio. Piuttosto non perdetevi il suo miele, anzi i suoi mieli, anche questi in serie limitata e di manifattura squisitamente artigianale. Per conoscere meglio Giuseppe e la sua piccola realtà vi suggerisco di non perdervi assolutamente questo video pubblicato su Youtube: http://www.youtube.com/watch?v=MWA2vp6FLz4>