Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il personaggio

Il mondo di Caravaglio

21 Luglio 2011
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“Isola, io non ho che te cuore della mia razza” scriveva Salvatore Quasimodo nel 1932 a testimonianza del suo profondo legame con la Sicilia.

Lo stesso amore, la stessa carica emotiva, lo stesso fortissimo sentimento nelle parole di Nino Caravaglio, produttore vinicolo, quando si parla della sua Salina. L’isola che gli ha dato i natali, che gli ha dato lavoro fin dall’età di sedici anni quando, raccogliendo capperi, ci si assicurava un po’ di benessere “Mia madre ha mantenuto me e i miei fratelli all’università per anni solo grazie ai capperi”, le sue parole a testimonianza. Oggi Nino Caravaglio vive ancora di quest’isola nei suoi dodici ettari di vigneti sparsi ad altitudini diverse. Vive dei suoi grandiosi panorami, della potenza della natura che trova espressione nei boschi di felci, nei colori accesi di alcuni fiori (alcuni dei quali non siamo stati in grado di riconoscere), in una vegetazione che cresce senz’acqua. Proprio così, senz’acqua, come uno dei vigneti di Nino che si trova a Tricomi, prima di Malfa, ma in alto dove il panorama toglie il fiato anche ai contadini che lo conoscono a memoria.

Qui trova dimora il Corinto nero, uva capricciosa priva di semi e dalla buccia spessa “Una volta con questa si faceva l’uva passa. C’era addirittura una marca che si chiamava proprio Corinto – racconta Nino divertito – poi tutti hanno smesso di crederci e forse non ci credono nemmeno adesso”, il viso è duro ma nasconde un sorriso timido e  vivace, di chi sa quale sarà la sua prossima mossa. Questo piccolo vigneto è il suo orgoglio. E’ bello, è forte e non ha bisogno di niente. E’ come quest’isola, il vento la bagna, l’acqua l’asciuga, proprio come nel proverbio siciliano… e forse è un po’ come Nino.

Si scende. Questa volta si va nella base operativa, nella piccola azienda dalla splendida terrazza. Qui Nino ci rapisce con due Malvasie, entrambe buonissime, entrambe “fimmine”perché raccolte solo da mano di donna, “La mia squadra è fatta di sole donne – spiega Nino – lo preferisco, sono più precise, più delicate e si affezionano di più all’azienda”.

La prima Malvasia ha visto un mese di appassimento, ha i riflessi dorati ed un naso delicato e armonico nelle note mielate e floreali, in bocca una equilibrata acidità. E’ l’annata 2010 e sarà in commercio tra 5  o 6 mesi. La seconda è una chicca. Stessa annata, stessa uva, due mesi di appassimento “Per i nostalgici della Malvasia di una volta” racconta divertito Nino. Il colore non tradisce, è decisamente più scuro perché viene da un’uva molto appassita che ha  note dolci e profumi intensi di datteri e frutta secca. In bocca è un’esplosione, si dispiega nella sua potenza aromatica ma la dolcezza resta contenuta. “E’ stucchevole?” domanda Nino con lo stesso timido sorriso di chi non si prende mai troppo sul serio. La risposta è corale “ E’ elegante e avvolgente”. Lo vogliamo definire un cru? Forse, se entrerà in commercio. Certamente è un vino che racconterà la sua storia ancora per molto tempo.
L’ultimo incantesimo di Nino è accompagnarci dove produce i capperi. Si scende ancora e siamo quasi a strapiombo sul mare. La vista è ancora più bella, qui si possono riconoscere perfino le barche a largo.

Ci aggrappiamo tra le rocce nella discesa, mentre fanno capolino in ogni dove le piante di cappero. Da lontano un profumo che non tradisce. Dietro l’angolo la moglie di Nino confeziona i pregiatissimi boccioli tondeggianti insieme alla figlia e ad una vicina. La madia è piena di piccolissimi capperi, i più pregiati, che sono già stati lavorati con il sale per quindici  giorni ed il profumo è così intenso da stordire.

I sorrisi, la semplicità di questi luoghi, i colori accesi ed un viso aperto come quello di Nino non si trovano spesso. Viverli è un privilegio di pochi, come sarà un privilegio assaggiare la Malvasia di Nino per chi lo farà tra qualche anno. Siamo sicuri che ci ricorderemo di tutto questo ancora per un bel pezzo, almeno fino a quando stufi della vita reale non decideremo di rintanarci nel sogno di quest’isola dai boschi di felci. Speriamo che Nino, da buon custode e padrone di casa, ci aprirà ancora una volta i suoi portoni con lo stesso sorriso timido e vivace.

Laura Di Trapani