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Il personaggio

Il vino secondo De Filippi

21 Luglio 2011
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Tipicità e territorio sono le parole d’ordine del giovane enologo della cantina Ajello di Mazare del Vallo. “Il grande vino siciliano del futuro? Il Grillo”

Poche chiacchiere per Diego De Filippi (nella foto), il giovane enologo della cantina Ajello di Mazara del Vallo, appena 28enne: riconducibilità al territorio.

Instancabile lavoratore in sordina, senza ambizioni di visibilità, quando gli capita l’occasione di parlare dei sui vini lancia questo unico e semplice messaggio. Per lui la tipicità è una vera fissazione, sin da quando ha mosso i primi passi tra i fermentini e le barrique di Salvatore Ajello, nel 2004 al seguito degli allora consulenti Bambina e Centonze. Un diktat che si è autoimposto nel suo percorso di crescita e che intende non come un punto di arrivo per i vini ma come step iniziale per la rivalutazione dell’intero areale.
In questi anni, la tipicità è andata a cercarla fuori dalle mura della cantina, tra i 125 ettari di contrada Gibeo in una estenuante analisi dei fazzoletti più vocati per i vitigni dell’azienda, tra i quali è stato individuato il cru La Meta, che dà vita a 6.000 bottiglie di Syrah in purezza, oggi top wine della produzione. Grazie a questa zonazione lunga e complessa, condotta in un panorama variegato di microclimi esteso dalla collina al fiume, adesso De Filippi, nel frattempo passato al “comando” della cantina, può contare su un sistema di destinazione di uve per una produzione di qualità. Iter oramai diffuso e ampiamente condiviso ma che, una volta lasciata la diraspatrice prende le vie, anzi i sentori più disparati e ammessi da quel 15% previsto dai disciplinari di produzione.
De Filippi, in un’ottica purista, a quel margine di aiuto non vuole ricorrere, seguendo rigorosamente la formula “identità del vitigno a tutti i costi e comunque”. Così spiega: “A volte vi è la necessità di aggiustare delle piccolezze di un vitigno. Spesso si utilizzano uve come Zibibbo, Moscato o Chardonnay per dare aromaticità, con il rischio però di peggiorare il vino a lungo andare. Già dopo cinque mesi queste varietà aromatiche si evolvono in note amare compromettendo la tipicità del vino. Penso che aiuti di questo genere, e c’è la tendenza ad abusarne, non premia”. Rigido sul monovarietale il giovane tecnico è anche amante dei blend, purché fatti e concepiti, appunto, come blend. “Non si deve rivendicare il territorio con i blend. Non si devono avere queste pretese – puntualizza -. È una tipologia di vino che porta dentro un’altra filosofia. Devono essere ben fatti e con caratteristiche proprie”.
La disputa tra autoctono e alloctono l’enologo invece la bypassa dichiarandosi riconoscente agli internazionali: “Se in Sicilia non avessimo vinificato le varietà alloctone non saremmo arrivati oggi a nobilitare i nostri autoctoni. Se oggi riusciamo a fare un Grillo di altissimo livello lo dobbiamo ad anni dedicati al Sauvignon Blanc”. Nonstante la giovane età, sembra poi non seguire gli orientamenti del momento. In merito al biologico e al biodinamico sceglie la strada di mezzo che rispetti l’integrità dell’uva e del territorio “senza buttare via anni di ricerca sulla biologia e l’alimentazione”. Per preservare le caratteristiche aromatiche del frutto, con l’avvallo del proprietario della cantina Salvatore Ajello, l’enologo ha introdotto la prerefrigerazione con anidride carbonica anche nella fase della pressatura. “Si evita in questo modo il contatto con l’ossigeno – spiega Ajello -. Utilizziamo questo metodo per la lavorazione dei bianchi. Ogni intervento lo pensiamo nell’ottica della valorizzazione delle qualità dell’uva. Per questo facciamo una  vendemmia anticipata anche con i vitigni a bacca rossa”. Si tratta di una raccolta pematura in senso lato su vigneti con basse rese di produzione. “Con rese nell’ordine dei 60 quintali per ettaro – specifica l’enologo – ne consegue per la pianta un minore fabbisogno di tempo per accumulare quelle sostanze che potano alla maturazione e ad un buon carico di antociani, plofenoli”. Specialista sui rossi, per i quali nutre passione, De Filippi vede nel Grillo il grande vino siciliano del presente e soprattutto del futuro: “È unico. Ha potenzialità che altri non hanno”.

Manuela Laiacona