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Il personaggio

La cucina slovena e un po’ visionaria di Tomaž Kavčič

07 Luglio 2014
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Tomaž Kavčič e il Viaggio della Trota

“Prima un bicchierino di vino, dopo tutto il resto”. 

È questo il benvenuto che ci riserva lo chef sloveno Tomaž Kavčič, ristoratore di quarta generazione considerato una tra le personalità più visionarie nell'arte dei fornelli. Lo incontriamo alla cena organizzata dalla rassegna romana Vinoforum, in una serata ricca di effetti speciali: dal panino sulla corda alle piastre di sale ideate da lui stesso, fino al gelato inebriato dei fumi di ginepro. Una cena studiata per rendere protagoniste non solo le portate ma anche i commensali, coinvolti con uscite coreografiche e storie provenienti dalle gostilna, le tipiche trattorie slovene che tramandano il patrimonio culturaleculinario della Slovenia. Qui, almeno l’80 per cento di piatti della casa sono tipicamente sloveni: si usano i prodotti del territorio (almeno 3 con l’indicazione geografica protetta) e il cinque per cento di questi deve essere di agricoltura biologica.

La prima storia è quella del Viaggio della trota. Con il calice di benvenuto di Sauvignon Blanc Opoka 2010 dell'azienda vinicola Simčič, della zona del Vipacco come il ristorante di Kavčič Pri Lojzetu, la trota della Vipaca incontra il dentice dell’Adriatico. Sono due bicchieri sovrapposti: in quello superiore c'è una spuma di trota (leggermente affumicata), nel bicchiere inferiore invece il dentice galleggiante in una gelatina di vera acqua di mare. A completare lo spettacolo dei mini Panino in corda con paté di fegato d'oca, frutta secca e ciliegia, da staccare dalla fune che li tiene tutti a penzoloni. Sul tavolo non manca la crema di cren (rafano), molto presente nella cucina slovena, da gustare anche solo con un tozzo di pane spezzato (in questo caso  dalla corda) e del vino locale. E' questo il piatto di benvenuto!

La cucina, per Kavčič, è il palcoscenico della sua arte, un teatro dove il gusto incontra l'intrattenimento, e la tradizione della sua terra scopre una creatività senza confini. “Non è stato facile crescendo in una famiglia di ristoratori da quattro generazioni”, racconta durante la cena. “E' inevitabile rimanere legati alle tradizioni, ma quando ho iniziato a viaggiare, soprattutto in Italia, e fare delle ricerche e studi, ho capito che invece era possibile non tradire le mie origini pur portando nel mio ristorante piatti diversi da quelli preparati da mia nonna o mia mamma Katja”.

Kavčič, che è anche cofondatore di Slow Food Slovenia e socio dei Jeune Restaurateurs d’Europe,  è stato infatti capace di declinare la gastronomia slovena in tante diverse interpretazioni, ricordandoci sempre che il cibo non è mai di frontiera. Ecco perché preferisce parlare della sua cucina in termini di territorio, inteso come quello spazio condiviso in cui non esistono dei confini ma delle materie prime, che lui usa e valorizza.

Italia e Slovenia, due Paesi che hanno molta storia e tradizioni in comune, a tavola. E infatti tanti erano, e lo sono tuttora, i clienti italiani della famiglia Kavčič. Soprattutto quando in Slovenia, ex Jugosavia, si era diffuso il cosiddetto “turismo di benzina”, composto dai friulani  che andavano lì per fare rifornimento di benzina e risparmiare qualche lira. Una volta passato il confine, d'abitudine, si andava a mangiare proprio in una gostilna, dove non mancava mai lo stinco, la lujubianska (una specie di cordon bleu), arrosto di vitello o di maiale, gli njoki (gnocchi di patate) o il riota (risotto). 

Tornando alla cena, si passa dal mare alla campagna con una portata chiamata Prato. Siamo in piena valle del Vipacco, distese di pascoli con mucche cariche di latte. E così, all'interno di questa vellutata di verdure, troviamo il latte diventato formaggio e del ragù di manzo (la terra). Il tutto decorato con fiori d'erba e foglie, da gustare con un Rebula Opoka 2009.

Arriviamo al piatto che ha reso famoso lo chef, il Branzino cotto su una piastra di sale. Si tratta di una piastra creata con sale grosso delle saline di Pirano, inumidito con acqua aromatizzata alle erbe e riscaldato fino a diventare un unico blocco. Basta mettervi il pesce e cucinarlo come si farebbe in qualsiasi altra piastra, ma senza altri condimenti perché assorbe gli aromi della piastra stessa. Vino di accompagnamento Chardonnay Opoka 2010.

E come in tutti i migliori spettacoli, alla fine arriva il colpo di scena, il Sorbetto di Ribolla Gialla con un autentico show di ghiaccio secco al profumo, inebriante, di ginepro. Spettacolare. Dal centro della sala, dove c'è un contenitore di ghiaccio secco, acqua e ginepro, Kavčičiniziare a versare azoto liquido con un innaffiatoio di latta. Ecco spuntare una nuvola bianca di vapore che dal bancone centrale si diffonde verso i tavoli del commensali, accompagnando con un'atmosfera quasi celestiale la fine di questa interessante cena. Finale paradisiaco, come la cucina di Tomaž Kavčič.

Valentina Gravina