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Il personaggio

Marco Davì il “twist” della mixology: “La mia alchimia di grandi materie prime”

22 Luglio 2021
Twist_del_Moscow_mule_con_whisky__con_note_fruttate_leggermente_affumicato_e_agrumato Twist_del_Moscow_mule_con_whisky__con_note_fruttate_leggermente_affumicato_e_agrumato

di Clara Minissale

Passione, studio, tante letture per tenersi sempre aggiornato e uno sguardo attento e curioso su quello che succede intorno.

Ci sono anche questi ingredienti dentro i suoi cocktail, miscelati come si conviene ad una base alcolica, una dolce, una acquosa ed una amara. Marco Davì, palermitano classe 1978, da dieci anni è il barman di Dejavu, il cafè-bistrot di Loredana Accardo, in viale Strasburgo a Palermo. Ma la sua passione comincia da lontano, quando, da adolescente, si divertiva a spulciare i ricettari che aveva a casa e poi dava il via a prove di miscelazione. Quando ha capito che questa passione era un affare serio, ha iniziato a studiare. “Ho investito molto sulla formazione – dice – perché volevo diventare un professionista”. Così sono arrivati i corsi con l’Aibes, l’Associazione italiana barmen e sostenitori, quelli con l’Ais, Associazione italiana sommelier e quelli con Onav dedicati agli assaggiatori di vino e un corso a Bologna alla Drink Factory di Federico Mascellari. “A Palermo poi ho conosciuto Mattia Cilia e la sua scuola di formazione per mixologist dove ho approfondito le mie conoscenze”, afferma.

(Twist del Moscow Mule)

Le sue letture partono da antichi manuali sulla miscelazione ante litteram come “How to mix drinks” di Jerry Thomas del 1862, per arrivare alle correnti contemporanee, passando per libri di cucina, altra passione. “Non c’è una grande differenza tra la cucina e la miscelazione – dice – in entrambi i casi è una alchimia composta da materie prime di qualità e giusto equilibrio. Un succo di pomodoro può diventare un Bloody Mary o una zuppa”. Ha lavorato all’estero e in giro per l’Italia, negli anni ha partecipato a varie competizioni, ma il suo mondo è piuttosto quello composto dai suoi clienti, quelli per i quali ogni giorno sta dietro il bancone a miscelare e comporre. Marco Davì è uno di poche parole, ma se stimolato sulla mixology, diventa un fiume in piena. Ogni giorno per lui parlano i suoi drink, raccontando un mondo fatto di ricerca, pensieri che si intrecciano, tendenze da seguire e altre da creare. E ciò che colpisce dei suoi cocktail sono gusto ed equilibrio, ricerca delle materie prime e abbinamenti. “Quello che mi piace della miscelazione – ammette – è che si intreccia con la storia dell’uomo. Penso al vino, alla birra, al sakè. L’alcol è solo uno degli elementi, un esaltatore del gusto ma io lavoro sul sapore”. I suoi drink nascono da un fatto storico, dalla visione di un film o dalla storia di un regista. Come ad esempio quello creato per la Campari Competition, un omaggio al regista di “Un americano a Parigi”, Vincente Minnelli.

(Tatiana)

“Ho fatto un twist on classic – racconta Davì – ho preso cioè due cocktail classici per crearne un terzo completamente nuovo che raccontasse la storia di questo regista. Ho unito bitter campari, gin, soda e frutti rossi con sciroppo di champagne, riduzione di Cinar, Cinzano rosso e infuso di pino silvestre”. “Per creare e mettere a punto un nuovo cocktail – aggiunge – è necessario circa un mese di lavoro in modo da ottenere il giusto abbinamento di sapori e l’equilibrio di tutte le componenti”. Come è successo, ad esempio per Tatiana, un cocktail che per Marco Davì è un ritratto della persona alla quale è dedicato ed è composto da base di vodka alle pere, vodka alla vaniglia, sciroppo di cannella, succo di lime e vino chianti ai frutti di bosco. Ogni mese al Dejavu oltre ai classici, vanno in carta una serie di cocktail creati da Marco seguendo suggestioni, spunti, ingredienti di stagione. “Mi piace anche inserire cocktail di barman famosi e qualche signature – dice – ma è importante che noi barman spieghiamo ai clienti quello che facciamo, conducendoli per mano nel viaggio sensoriale che vorremmo facessero. Un po’ come gli chef fanno con i loro piatti. Da questo punto di vista, negli ultimi anni la situazione è un po’ migliorata in Sicilia rispetto al ritardo con il quale ci siamo approcciati alla miscelazione. Oggi ci sono bravi barman ma ancora pochi imprenditori disposti a scommettere su questo mondo. Io al Dejavu sono stato fortunato”.