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Il personaggio

Possente punta tutto sulla tradizione: e presenta un nuovo Nero d’Avola in purezza

04 Marzo 2019
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(Maria Possente)

di Francesca Landolina

C’è un grande fermento nel territorio vinicolo che fa capo alla Doc Alcamo in provincia di Trapani. 

Giovani produttori che si impegnano per un nuovo rilancio, capace di far scoprire il vero volto di quella zona vitivinicola, così storicamente importante, ma per molti versi bistrattata. Tra questi, Maria Possente della casa vinicola Possente, tra Alcamo e Salaparuta. Ci racconta le novità della sua azienda, ma pure quella voglia, nuova, di recuperare le antiche tradizioni alcamesi, con un nuovo modo di pensare e di agire. Iniziamo dalle novità: una scommessa vinta. Dopo il debutto di Acini di Grillo nel 2016, Grillo in purezza, macerato sulle bucce per circa 8 ore, per poi fare solo acciaio, senza l'aggiunta di anidride solforosa, per una espressione fresca, floreale e fruttata del vitigno, entra in commercio Acini di Nero 2018, Nero d'Avola in purezza. Anch’esso per offrire al palato una versione giovane e fruttata del vitigno, senza solfiti aggiunti, con fermentazione spontanea, che con immediatezza sia in grado di evocare territorio e frutto. Entrambi sono coltivati a Salaparuta, in vigne che si collocano ad un’altitudine di 350 metri sul livello del mare, in terreni argillosi. Per entrambi, le produzioni sono piccole. Solo 3.300 bottiglie.

Due vini giovani, che si possono collocare tra i “naturali”, con un costo contenuto di circa 14-18 euro per renderli accessibili a tutti. Una linea dunque che marca ancor di più la filosofia aziendale, basata sul rispetto della natura, sul minimo intervento in vigna. Ma Maria Possente precisa: “Come filosofia aziendale mettiamo sempre un bassissimo contenuto di solfiti, vogliamo trasmettere il vitigno dentro il territorio. L’immediata pienezza di frutto, in questi casi. Il nostro orientamento è sempre volto alla ricerca. Facciamo micro vinificazioni, sperimentazioni su una parcella di terreno o su un’altra, nelle nostre vigne tra Salaparuta ed Alcamo. Questi due vini arricchiscono la gamma e sono una scommessa vinta, ma siamo categorici, li mettiamo in commercio solo se sono puliti e perfetti. Non va mai trascurata la piacevolezza, un vino deve riuscire, essere buono innanzitutto”.

Una dichiarazione che suona molto bene in termini di onestà produttiva, come a dire “naturale, ma senza difetti”. In futuro altre possibili novità per completare la linea. “Pensiamo ad un Catarratto più giovane che non faccia passaggio in legno, come il Catarratto Cinque inverni; senza solfiti aggiunti e con fermentazione spontanea anch’esso,  per donare una nuova interpretazione del vitigno più orientata sul frutto”. L’azienda vitivinicola conta circa 50 ettari, per 80 mila bottiglie prodotte. Ha grandi potenzialità di crescita, ma l’obiettivo non è la quantità: “Vogliamo restare un’azienda familiare, di nicchia. La nostra è una tradizione che va da generazione in generazione. Mio padre ha acquistato i primi vigneti nell’82. Avevamo cantine in famiglia ad Alcamo, poi abbiamo costruito a Salaparuta, finendo nel 2009. Con l’ingresso di noi figli è arrivato un nuovo vento, ricco di nuove idee. Noi siamo diversi dai nostri genitori e guardiamo con occhi diversi al territorio”. E proprio su Alcamo e sul nuovo coinvolgimento generazionale che sembra essersi innescato di recente, messo in atto da alcuni produttori, più distanti da vecchi schemi produttivi, afferma: “C’è dinamicità oggi, un nuovo gruppo generazionale di produttori. Crescendo, in 20 anni di attività tra produttori di vino e di olio, sono stata segnata, ho percepito quella sorta di eredità del passato lasciata dai nostri avi, che si sono legati ad una struttura cooperativistica. Purtroppo, le scelte del passato non hanno dato buoni frutti, perché gli interessi esterni, più commerciali, hanno avuto un’incidenza forte sul territorio. Oggi questo sta cambiando. La nostra è una generazione nuova, del cambiamento. Vogliamo tornare indietro per rivivere le sensazioni che avevamo da piccoli in famiglia, per trasmettere la nostra territorialità, la nostra solarità, senza compromessi. Vogliamo mostrare il territorio nella sua nuda essenza. Farlo parlare attraverso i nostri vitigni, a cui dare la giusta dignità”. Possiamo parlare di un nuovo ciclo per Alcamo, una rinascita? “Assolutamente sì”, conclude.