Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il personaggio

Una dolce rockstar ai fornelli

04 Agosto 2011
Pier-Bussetti Pier-Bussetti

Nella cucina di Pier Bussetti, al Castello di Govone, in provincia di Cuneo. Tratto da http://myslowburninglife.blogspot.com/

Di estremo non c’è nulla in questo ragazzo che ha l’aria svagata della rockstar, con la bandana che nasconde i capelli, e gli occhiali colorati.

 Un peccato perchè gli occhi sono dolci, indagatori, un po’ da sognatore come si conviene a chi prima di trovare la consacrazione tra i fornelli, ha camminato i sentieri della letteratura e della musica. Un artista nell’anima lo chef Pier Bussetti, anche in cucina con piatti di gusto, colorati, che mettono allegria a guardarli. La tradizione del Piemonte, ma anche la tecnica ispirata da Ferran Adrià dove è possibile. Dal cuoco catalano, al Bulli, Pier ha incontrato il sifone, l’azoto liquido, ha imparato le tecniche per portare i cibi dallo stato solido a quello liquido e viceversa. Ma ha anche capito che in Piemonte ci vuol altro. I gourmet sono ancorati alla tradizione, vogliono vedere cosa c’è nel piatto, mica l’aria. Paziente lo chef lo ha spiegato a voce, poi se non bastasse ha presentato piatti con le due scuole: tradizione e innovazione, uno accanto all’altro. Debbo dire che la faraona con valeriana, uvette, pinoli e mela verde, mi ha sorpreso: gran gusto, gran materia prima, grande estetica, gran classe. Sotto i soffitti di quelle che un tempo sono state le scuderia del castello di Govone le ore sono volate tra chiacchiere  e assaggi. Qui dove pochi ricordano che un giovane signore, Jean-Jacques Rousseau, ha fatto lo sguattero e, diventato celebre ha citato il savoiardo chateaux de Govon, nelle sue Confessioni. Adesso che le antiche sale cadono a pezzi e tutti fanno spallucce gettando al vento occasioni incredibili turisticamente parlando, un uomo, Pier Bussetti, che già aveva tentato di svegliare gli animi con la locanda Mongreno ci riprova in una cornice davvero degna  di un principe.
Vanno bene le esperienze da Adrià, in Francia, negli Usa, in Giappone, ma che piacevole quando lo chef ricorda di aver studiato l’arte culinaria a Torino, all’istituto “Giuseppina Colombatto”,  “dove tanto ho imparato dal mio insegnante Gilberto Rosa”. Riconoscimenti senza retorica come tutto in questo ristorante è: anche i tocchi d’arte dello scultore Osvaldo Moi, le luci calde e senza griffe, i tocchi leggeri di un design riposante. Di chi ci lavora: Fabrizio Verderosa e la sua premura, la competenza per la cantina di Rosanna Basso, sommelier. La cucina, visibile da una serie di oblò, il regno di silenziosi e precisi chef e uomini di bottega. 
Il crudo di ricciola è una delizia del palato. Accompagnato da insalata di fragole, mango disidratato, germogli e condimento allo yogurt sorprende per l’azzardo degli accostamenti, azzeccati comunque in una giornata post pioggia e piena di sole frizzante d’aria. Sembra tutto così semplice e facile, in realtà è tutto così controllato e curato che anche una virgola stonerebbe. Pier, che in vita sua ha pure suonato il contrabbasso, gesticola per  spiegare il confine tra tradizione e interpretazione, la sua. Non serve più di tanto, parla la cucina. La creatività va da sola quando accanto a una insalata russa lo chef serve una crema di piselli con spuma di patata all’olio di oliva e un centrifugato di carota, da bere con la cannuccia. Già visto con il centrifugato di piselli di Adrià?  Bene, quanti arrosti abbiamo dovuto sopportare?
Bussetti ha capito che in cucina bisogna sgobbare, qui ai confini con la Langa astigiana è più difficile che altrove. La sostanza appaga l’occhio, ma anche lo stomaco. I primi piatti sono una sfilata di leccornie: dagli agnolotti fatti con pasta al cacao, ripieno di carni bianche (coniglio, pollo), origano fresco, scorza di arancio e mozzarella di bufala, agli spaghetti con punte di asparagi, maggiorana e bottarga, in un bel contrasto di sapori e sapidità. Piccolo premio ai tortelli. Piccolo capolavoro culinario: sono stati serviti ripieni di robiola con menta, nocciola tonda gentile di Langa, succo di piselli crudi e olio di zenzero.
Sono contrario al dolce nel menu , ma primo goloso al termine della colazione se lo presentano come si deve. E se il gioco è così simpatico come ha saputo fare questo chef-artista, appassionato lettore di un caro amico comune, scrittore, Martin Hocke e delle sue saghe con gufi, allocchi e barbagianni protagonisti. La consueta panna cotta che diventa costruzione nel piatto in due versioni: semifreddo con gelatina di amaretto e toffee al caffè e gelatina allo stesso. Bella anche la costruzione cromatica e negli scatti fotografici di Susannah Bosanquet. Come per l’insalata di fragole con succo al profumo di lime, gelato allo zenzero e schiuma al Campari. Una nuvola di dolcezza. Come l’ambiente che accoglie il gourmet e davvero lo fa sentire a proprio agio.