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Il premio

Craft Beer Italy, assegnati i premi 2019

31 Marzo 2019
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(La giuria)

di Andrea Camaschella

Il professore va al congresso è il titolo di un bellissimo – per me almeno – libro di David Lodge e descrive al meglio l’atmosfera che ho vissuto al Craft Beer Italy, la fiera tecnica, dedicata ai professionisti del mondo brassicolo. 

Una due giorni di incontri, qualche assaggio di birra (solo birre andate a medaglia – d’oro – a Birra dell’Anno), chiacchierate interessanti, in una cornice splendida. Una fiera sì, ma anche un congresso, anzi una serie di congressi, con temi dedicati a chi la nostra bevanda la conosce bene, da produttore, ma non solo: anche per chi come me la beve e la racconta non pochi sono stati gli argomenti a dir poco interessanti.

Alle spalle del Craft Beer Italy c’è il gotha della Germania birraria: fa parte della Beviale Family, è organizzato dalla “sorella” italiana di NürnbergMesse, ha come partner Doemens e VLB Berlin; accanto ha il gotha italiano, con UnioBirrai (l’associazione di categoria dei birrifici artigianali italiani) e anche MoBI (l’associazione dei consumatori, casa anche dei produttori casalinghi). E ancora, come media partner, tra gli altri Microbirrifici.org dell’ottimo (e sempre sul pezzo) Davide Bertinotti, Andrea Turco con Cronache di Birra (da oltre 10 anni instancabile contenitore sull’attualità artigianale), Fermento Birra (la rivista cartacea del mondo artigianale). Oltre alla parte espositiva erano appunto organizzati moltissime conferenze, incontri, momenti di approfondimento, con argomenti molto interessanti.


(Alessandra Di Dio e Andrea Turco)

La scelta di Fiera Milano City come casa di questo evento è perfetta. Comoda da raggiungere, nel cuore della Milano che cresce, che mostra quanto è vitale e sempre più capitale finanziaria d’Italia, tra grattacieli e palazzi che rapidamente crescono, solenni, a sfoggiare la creatività di architetti e committenti, pur integrandosi con la realtà urbana.

Si è dato peso, finalmente, alla comunicazione dei birrifici, organizzando un concorso per le migliori etichette di birre: Best Craft Beer Label (quando l’etichetta fa la differenza!). Avevo partecipato a una giuria di questo tipo svariati anni fa in Canada (in occasione di un Mondial de la Bière a Montreal) e trovo che fosse davvero ora dare di fare qualcosa di simile anche in Italia.

Ecco i risultati:

1° classificato: Birrificio Vetra con l’etichetta Vetra Pils

2° classificato: Ritual Lab con l’etichetta Tangie

3° classificato: Birrificio Lambrate, pari merito le etichette Barrel #2 e Tiramisù

1° classificato Premio giuria popolare è Skipa Bread Beer


(Silvio Menghini, Vittorio Ferraris e Andrea Turco)

Si è dato spazio anche ai produttori casalinghi, con incontri dedicati a loro, anche se in due giorni feriali credo abbiano faticato non poco per partecipare. Sul fronte degli espositori, mi è parso che qualcuno di loro sia arrivato poco informato sul target della manifestazione, rappresentandosi con un taglio molto alto e lontano dalla realtà artigianale di qui, offerte di progettazione tailor made da industrie, linee di imbottigliamento da stabilimento in grado di produrre milioni di ettolitri. Per contro mi è parso che altri siano stati visitati in modo molto mirato, per consolidare dei rapporti già in essere o per acquisti – anche importanti – già programmati in un immediato futuro.

Per come la vedo mio, la parte espositiva va potenziata, perché qui, al Craft Beer Italy, ha la sua casa ideale il rapporto B2B, con i birrai che possono e devono incontrare i fornitori, scoprire novità scientifiche e tecniche, approfondire la conoscenza dei macchinari e capire su cosa investire in base alle proprie necessità, ma anche toccare con mano nuovi luppoli, venire a conoscenza di nuovi lieviti, enzimi e tutto quello che concerne la produzione. Fino a passare dal marketing e dalla comunicazione. Tutti aspetti per i quali vedo incerto il futuro di Rimini Fiera, dove i birrai sono espositori a loro volta e non hanno il tempo di girare e informarsi.

La quantità di conferenze, i temi proposti proposti, il pubblico – in alcuni momenti numerosissimo tanto da vedere gente in piedi, e le sale non erano affatto piccole -, l’organizzazione impeccabile, la traduzione simultanea italiano-inglese e viceversa. Proprio riguardo le conferenze ci sono sicuramente molti margini di miglioramento. Anzitutto il tempo: mezzora per argomento sono davvero troppo pochi, non c’è spazio per domande e a volte nemmeno per approfondire, lasciando al solo titolo il reale interesse dell’ascoltatore. Ho ascoltato Agostino Arioli ed Eugenio Pellicciari raccontare a velocità doppia la realtà del luppolo italiano. Per mia fortuna ho avuto altre occasioni per ascoltarli con più calma e approfondire.

Ho trovato molto interessante la presentazione del progetto ObiArt, l’osservatorio Birre Artigianali della Università di Firenze, a cura del professor Silvio Menghini, introdotto da Vittorio Ferraris, ma anche qui il tempo è stato piuttosto tiranno. Alcuni temi sono, per i birrai italiani, già vecchi e forse rappresentano una novità per il mercato tedesco ma non per il nostro. In questo forse Doemens e VLB, o chi per loro, hanno peccato di presunzione: l’Italia brassicola manca magari di basi classiche, ma non sicuramente di innovazione ed è sulla cresta dell’onda in questo senso. In sostanza sono mancati dei relatori dagli Stati Uniti sui temi più innovativi o alcuni italiani su temi specifici, in cui si applicano con successo da tempo: Pietro Di Pilato, di Brewfist, ha fatto per esempio un eccellente intervento dal titolo “Controllo qualità nel microbirrificio: analisi e strumenti”, un tema su cui lavora da anni, quindi perfetto, per contenuti, per la realtà italiana.


(Andrea Turco)

Molto interessante anche l’intervento di Miro Sampino, il presidente di MoBI, su “Farmhouse ale lituane, lieviti Kveik norvegesi, Sahti finlandese – tradizioni e tecniche di produzione”, organizzarlo in una delle sale conferenze anziché in mezzo alla fiera, affiancandogli magari un birraio finlandese per dare ancor più scientificità ad un tema molto attuale non solo per i produttori casalinghi sarebbe stato un gran bel colpo. Altrettanto dicasi per l’altro intervento “Fermentazione spontanea in ambito HB –  gestione della cantina (acida e non)” in cui Miro ha toccato temi innovativi e molto interessanti anche per professionisti.

Una soluzione potrebbero essere meno incontri ma a più voci e con più tempo a disposizione: questo renderebbe ancora più interessante la parte conferenze e attirerebbe ancora più birrai e interessati in generale. Sul fronte dell’apertura della manifestazione ho alcune perplessità che mi fanno sospettare che dalla Germania abbiano una conoscenza del nostro panorama leggermente sfalsata. Senza voler nulla togliere a Teo Musso – e tantomeno alla incredibile parabola di Baladin – mi è parso fuori contesto chiedere a lui di fare i saluti ufficiali lato italiano, raccontando, al solo pubblico italiano (perché non tradotto, nemmeno in inglese, agli ospiti tedeschi), la storia della birra artigianale nostrana, lasciando poi solo la chiusura a Vittorio Ferraris, il presidente di UnionBirrai. Ho apprezzato molto trovare Andrea Turco ad aprire gli interventi di presentazione e fare poi da moderatore in molti degli incontri successivi e ho poi assistito con interesse alla presentazione, a cura di Alessandra Di Dio, del suo libro “Dieci anni di Cronache di Birra: La storia di un decennio di birra artigianale italiana” (lo trovate su Amazon e no, non è una stampa degli articoli che potete trovare on line, è molto di più).

Tirando le somme finali, sono ben contento di essere andato a Craft Beer Italy, evento che ho visto in decisa crescita rispetto all’edizione beta di quasi due anni fa, che finalmente prende forma e che con pochi aggiustamenti può migliorarsi e ingrandirsi ulteriormente. Aspetto con interesse la prossima edizione, perché non vedo l’ora di partecipare nuovamente.