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Il prodotto

Sciur, il volto nuovo della Valtellina. Così un vino cambia la viticoltura eroica

06 Novembre 2014
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La nuova etichetta della Nino Negri. Maule: è il frutto di una sinergia con il Politecnico di Milano


Vigneti della Valtellina e Casimiro Maule

Nasce Sciur, Chiavennasca in purezza, orgoglio della casa vitivinicola Nino Negri – cantina che fa parte della galassia del Gruppo italiano Vini – in Valtellina.

Definirlo soltanto un buon vino? Troppo riduttivo, considerato che sembra tracciare le basi per promuovere un certo tipo d’enologia che sia capace di pre‐figurare ciò che si avrà intenzione di fare in avvenire, in Valtellina.“Oggi non ci sono vini cattivi e la ricerca della qualità va oltre ciò che si vede e si sente nel bicchiere”, afferma il direttore generale ed enologo, Casimiro Maule.

Del resto, basta cominciare dal nome per comprendere che si tratta di qualcosa che trascende l’abituale concetto di vino. Sciur nasce per serendipità come acronimo, in seguito al lavoro di ricerca svolto dagli studenti del Master in Design Strategico del Politecnico di Milano per intercettare alcune parole chiave identificative del progetto e del vino da realizzare. Sta infatti per Sostenibile, Concreto, Innovativo, Unico, Responsabile.  A ciò si può aggiungere una curiosa coincidenza. La parola Sciur non si trova sul vocabolario italiano, ma solo sui dizionari del dialetto lombardo. In Valtellina, come forma di rispetto, veniva così appellato Carlo Negri (noto come Sciur Carluccio) figlio di Nino Negri, storico fondatore nel 1897 dell'omonima cantina. Che sia un caso? “Mi piace pensare che sia il segno di continuità con il passato”, afferma Maule. Del resto, così come è stato affermato, Sciur è “un lavoro” di ieri fatto con la testa e le mani di oggi, le cui tracce sono sparse tra le vigne valtellinesi e nei vini che l'enologo ha realizzato in passato, compreso il noto Cinque Stelle.

Partiamo dunque proprio da un lontano passato per farci raccontare come nasce l’idea del progetto Sciur, connubio tra la tradizione del territorio e un approccio metodologico nuovo alla viti‐enologia di oggi.

“L’intuizione ebbe inizio quando cominciai a fare i nuovi impianti con piccole selezioni in uno dei vigneti risistemato nel ’96, nella vigna più importante della famiglia Negri, nella zona del Valgella, dove c’era una casa, oltre la cantina, in cui si accoglievano amici e visitatori e si presentava l’azienda. In quella vigna, erano imponenti i robusti muretti a secco, caratteristici e tipici del paesaggio. Pensai che probabilmente doveva esserci già l’intuizione di sfruttarne le peculiarità per qualcosa di nuovo, ma mancavano le macchine per aiutare il vigneto. Così ho provato a sistemare le vigne, non più a ritocchino (con la massima pendenza nord/sud), ma a girappoggio, con esposizione est-ovest per consentire una migliore condizione di lavoro, in modo che la persona potesse lavorare sempre in piano. La pendenza resta abbastanza forte, ma con piccoli ciglioni siamo riusciti a fare delle scarpate creando dei terrazzi, in modo che l’insolazione è sempre massima. In più siamo riusciti ad aumentare l’apparato fogliario. La ricerca dice che per maturare un chilo d’uva ci vogliono almeno un metro quadro di foglie e nelle sistemazioni vecchie non c’era questa possibilità; adesso lavorando in piano siamo riusciti a portare la vegetazione da un metro e venti circa a due metri e cinquanta: sotto si può sfogliare, lasciando il grappolo al sole e all’aria; abbiamo anche ridotto il numero di gemme ad un tralcio solo, per avere una produzione massima di nove gemme e un carico abbastanza giusto, rivoluzionando così il metodo vitivinicolo”, spiega Maule. I metodi usati in vigna sono la potatura soffice, lo sfalcio dell’erba, il monitoraggio del microclima, la difesa a basso impatto ambientale e la confusione sessuale per proteggere le piante dai parassiti. Dopo la raccolta manuale, che si è svolta alla fine di ottobre, è avvenuta la fermentazione con macerazione di 12 giorni. L’affinamento è stato svolto in botticelle di legno da 750 litri nell’antica cantina del Castello Quadrio per 16 mesi, ai quali hanno fatto seguito alcuni mesi in bottiglia. Un progetto ambizioso dunque che necessita di un forte sostegno, ottenuto oggi grazie alla condivisione del gruppo Giv (Gruppo Italiano Vini) e di Davide Mascalzoni, direttore generale, e che aspira a divenire un modello da emulare. 

Non a caso Sciur è un laboratorio, un progetto dentro cui ricercare una nuova prospettiva per la Valtellina vitivinicola e il suo territorio. Dialoga con il Polo di Formazione Professionale Valtellina nel progetto di stage per giovani muratori, trasferendo le tecniche e la cultura storica per il mantenimento e la costruzione dei muretti a secco. “E poi, lasciatemelo dire – continua l’enologo -. Basta con questi approcci tecnici al vino. I ragazzi del Politecnico di Milano con cui abbiamo collaborato sono stati nelle nostre vigne e noi da loro. Privi di una cultura vinicola e incontaminati da tecnicismi, mi hanno aperto un nuovo orizzonte, manifestando emozioni, sensazioni e profumi percepiti sulla Valle, che io, tecnico da 40 anni, sconoscevo. Oggi, per la prima volta mi sono reso conto di come saperi diversi possano concorrere a ottenere un grande risultato. Ecco perché Sciur è una piattaforma di scambio tra lavoro in vigna, in cantina, persone e rapporti sociali e con il territorio. Ne sono emerse belle semplicità, sapere intrinseco e una visione innocente e incontaminata verso un mondo che ha tanto da farci scoprire ancora”.

Francesca Landolina