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Il prodotto

Aglio Rosso di Nubia, annata 2020 al top: “Aspettiamo la Dop, ma pensiamo all’Igp”

18 Giugno 2020
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Una qualità eccellente. Come non se ne vedeva da un po’ da queste parti.

La raccolta dell’aglio rosso di Nubia è iniziata da qualche giorno. E i produttori della cooperativa agricola rosso di Nubia tirano un sospiro di sollievo dopo la grande paura per i temporali improvvisi che si sono verificati un po’ in tutta Italia. “Temevamo di aver perso tutto il raccolto – dice Giovanni Manuguerra, uno dei 4 soci della cooperativa – La semina quest’anno è iniziata in modo particolare. E anche il raccolto non poteva che iniziare in maniera diversa”. Già, perché da queste parti era da parecchi ani che non si vedeva un’assenza di pioggia nei mesi di dicembre e gennaio, il periodo di semina dell’aglio: “Non ha mai piovuto in questi mesi – raccota Manuguerra – Qualche goccia a metà dicembre e poi nulla, se non a marzo. Venivamo da un periodo di poca pioggia e abbiamo dovuto preparare i terreni in maniera perfetta per non far perdere tutto il raccolto”. Nonostante l’impegno, però, alcune piantine non hanno superato le condizioni di airidità. “In totale abbiamo perso il 20 per cento circa del raccolto – dice Manuguerra – Ma abbiamo guadagnato in qualità, davvero superlativa”.

Per Giovanni Manuguerra, il merito è dello scirocco. “Ha imperversato parecchi giorni da queste parti – dice – ed è una vera benedizione per l’aglio. Questo vento contribuisce a “pulire” le piante. Noi praticamente non abbiamo fatto nessun trattamento contro la ruggine, grazie proprio allo scirocco. Una vera medicina in campagna”. Ma verso la fine di maggio si è temuto il peggio: “Prima tre giorni di caldo torrido che ha fatto morire alcune piante – racconta Manuguerra – poi la pioggia torrenziale proprio mentre avevamo iniziato la raccolta. Ci siamo dovuti fermare per circa sette giorni”. I produttori hanno temuto il peggio: “Già, perché non sapevamo come avrebbero risposto le piante e i terreni – dice – Alla fine le perdite sono state limitatissime”. La cooperativa agricola rosso di Nubia è composta da 4 soci. Circa 28 gli ettari di terreno in cui viene coltivato l’aglio per una produzione che in media sfiora i duemila quintali. L’aglio, che è anche presidio Slow Food dal 2002, viene venduto intrecciato. I prezzi di una treccia composta da 50 teste variano da 20 a 5 euro, in base alle dimensioni dei bulbi. “Sono molto richieste anche le trecce più piccole da 20 o 10 teste, oppure i canestrini che hanno 4 bulbi”, spiega Manuguerra. Il mercato principale rimane l’Italia, con Palermo e i palermitani davvero ghiotti di questa delizia. Ma anche all’estero aumentano le richieste: “Da mesi riceviamo mail con ordini e informazioni – dice Giovanni Manuguerra – Non possiamo negare che sia aumentato l’interesse nei confronti di questa produzione. La Svizzera rimane il nostro mercato estero di riferimento, ma vendiamo bene anche in Germania, Francia e Repubblica Ceca”.

L’aglio di Nubia ha caratteristiche uniche che possono esserci solo qui: “A partire dal colore – dice Manuguerra – dovuto ai terreni argillosi, ma anche al fatto che sono ricchi di salsedine. Queste un tempo erano saline. Ma determinante è anche l’allicina, che da il sapore e il profumo all’aglio. Il nostro ne possiede tanto. Ma ha un vantaggio: ad un sapore e profumo molto intenso, corrisponde un’altissima digeribilità. Quindi se ne può usare molto meno e si digerisce facilmente rispetto agli altri agli”. Con il presidio Slow Food è arrivato anche il successo per l’aglio di Nubia: “Prima del 2002 non ci conosceva nessuno – dice Manuguerra – Adesso partecipiamo al Salone del Gusto ed è un modo per farci conoscere e apprezzare ancora di più”. Nei progetti della cooperativa c’è il riconoscimento della Dop. Ma c’è qualche intoppo: “Abbiamo prodotto tutta la documentazione che è già al ministero a Roma – racconta Manuguerra – Ma da due anni non abbiamo notizie. Dicono che ci sarebbe qualche problema legato alla storicità del prodotto. Mi sembra assurdo. Io ho 44 anni e sono cresciuto in mezzo all’aglio, mio padre ne ha 75 ed è cresciuto in mezzo all’aglio, così come mio nonno, nato nel 1902, coltivava già l’aglio. La Dop sarebbe importante, ma a noi urge avere un marchio”. E allora che fare? “Stiamo pensando all’Igp – dice Manuguerra – In questo momento per noi produttori di aglio sarebbe importante avere riconosciuto un marchio, un modo per tutelare il nostro prodotto ed evitare le speculazioni di qualche furbetto”.

G.V.