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Palermo. Presentato il progetto di reintroduzione dell’ape nera sicula

13 Gennaio 2012
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Ape nera sicula

Sarà una siciliana a salvare la specie?

Il dilemma, letto così, potrebbe essere la trama di un film drammatico molto scadente. Dove l’unica sopravvissuta, o quasi, è una siciliana. Ed ha il compito di salvare la specie umana. Qui non si parla di donne. Ma di api. Che affascinano gli esperti e gli ingegneri. Che hanno preso carta e penna e hanno compiuto svariati studi su questi insetti. E sono arrivati presto ad una conclusione. Le api non possono volare. Peccato che loro non lo sanno e continuano a svolazzare di fiore in fiore alla ricerca del prezioso polline da portare all’interno dell’alveare. Anche Albert Einstein si era affezionato a questi insetti. «Se dovessero sparire le api dalla superficie della Terra, all’uomo non rimarrebbero più di quattro anni di vita. Senza le api non si ha impollinazione e quindi l’uomo sarebbe condannato all’estinzione». Diceva così il famoso fisico. Una teoria che è tornata incredibilmente di attualità. Visto che le api sono a rischio estinzione. In molte parti del mondo. Anche se nel vecchio continente, Italia compresa, le api hanno fatto registrare un incremento della loro popolazione. Incremento che aumenterà (e scusate il gioco di parole) grazie proprio ad un’ape siciliana, l’apis mellifera, o ape nera sicula.


Carlo Amodeo

E grazie alla passione ed agli studi compiuti da Carlo Amodeo, un apicoltore, insieme al compianto professor Pietro Genduso, docente di agraria presso l’università di Palermo. Che hanno iniziato a collaborare e hanno creato un laboratorio a cielo aperto alle isole Eolie. Dove hanno lasciato che l’ape nera, libera da tutto, potesse crescere e svilupparsi “in purezza”. Lo ha fatto talmente bene che la Regione Sicilia ha finanziato un progetto di reintroduzione e conservazione dell’apis mellifera con 400 mila euro. Iniziativa presentata oggi all’Istituto Zooprofilattico e intitolata al professor Genduso, artefice, insieme ad Amodeo della riuscita dell’esperimento. Al progetto collaboreranno le università di Palermo e Catania, la fondazione Slow Food e la Soat di Collesano.

In tre anni saranno inserite nella Sicilia orientale qualcosa come 15 mila celle reali con altrettante api regina e con ugual numero di stazioni di fecondazione. L’ape regina avrà il compito di proliferare e costruire il suo mini-impero per far sopravvivere la specie. Ma, soprattuto, per permettere il ciclo vitale di impollinazione delle piante. E della produzione di miele. Tanto apprezzato che anche il principe Carlo d’Inghilterra ne ha voluto un’arnia da far sviluppare al cospetto di sua maestà, la regina Elisabetta II. “Un progetto che è nato dalla necessità di salvaguardare la specie – dice Amodeo – perché queste api rischiavano di essere abbandonate a sè stesse”. Studi hanno dimostrato che l’ape sicula resiste bene ai momenti delicati che stanno attraversando varie specie e non sono mai state registrate, negli anni, morie eccessive. “Un’ape sempre più apprezzata in tutto il mondo – conclude Amodeo –. Un progetto che servirà a salvaguardare la specie ed assolutamente senza rischi per l’intero ecosistema”.

Giorgio Vaiana