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Il prodotto

Consorzio Pesca di Leonforte: il prodotto è a rischio di estinzione, i giovani non vogliono investire nel settore

01 Marzo 2012
pesca pesca

Il consorzio della pesca di Leonforte torna dalla manifestazione Fruit Logistica di Berlino con un bagaglio di esperienza in più e con idee importanti per il packaging, ossia per l’imballaggio e la distribuzione del proprio prodotto.

Ne parla Domenico Di Stefano, referente commerciale del consorzio: “Una vetrina internazionale molto importante – dice, riferendosi alla Fruit Logistica – Non abbiamo avuto grandi risposte dal punto di vista commerciale, ma in realtà perchè in Germania abbiamo portato solo i “trasformati” e non il prodotto fresco. Ma abbiamo studiato ed appreso i segreti del packaging internazionale, quello usato dai grandi distributori. Con loro potremmo instaurare un rapporto di collaborazione molto importante”.

Il consorzio di Leonforte è famoso per la pratica dell’”insacchettamento”. Una pratica sconosciuta ai più. In pratica, vengono ricoperte le pesche “neonate” con sacchetti di carta argentata fin dal mese di giugno. Questa è la caratteristica principale della pesca di Leonforte, che da poco può vantare il marchio Igp e dal 1996 è sotto la tutela del consorzio nato a Leonforte da un’idea di Pippo Trovati. Che ormai non c’è più.

La pesca di Leonforte viene prodotta da due cooperative che raccolgono in totale circa 40 produttori. Sono “La settembrina” con 30 aziende e “Biofrutta”, che conta una decina di produttori. “La forza di questo frutto è l’extra tardività in cui matura”, spiega Di Stefano. Già, perchè le pesche di Leonforte sono “pronte” a metà settembre e fino ad ottobre. Ma alcune varietà possono maturare anche nei primi giorni di novembre. “Il nostro è un mercato di nicchia – continua Di Stefano – dove gli unici nostri concorrenti sono gli spagnoli. E paradossalmente, rispetto a due anni fa, quando abbiamo iniziato a fare un po’ di comunicazione, le vendite hanno fatto registrare un aumento”. Grazie al metodo dell’insacchettamento, le pesche possono essere quantificate. Ne producono circa due milioni. Questo metodo, antico ed utilizzato dai nonni, permette al frutto una maturazione senza l’uso di alcun genere di pesticidi chimici. La pesca ha un sapore dolce e la polpa è molto compatta.

“L’extra tardività – spiega Di Stefano – probabilmente è dovuta alla forte escursione termica che si registra in queste zone tra il giorno e la notte”. Il consorzio ha il suo mercato maggiormente nel territorio regionale e da poco ha iniziato le vendite anche in Olanda ed in Francia. “Produciamo anche dei lavorati come la sciroppata e le confetture”, dice Di Stefano. Che punta il dito contro il mercato generale in Sicilia e sul rischio di estinzione della pesca di Leonforte.

“Oggi tendono a far produrre una pesca unica per tutta la regione, una sorta di pesca siciliana da far conoscere in giro per l’Italia e per l’Europa, evitando il numero di specie che contraddistingue le produzione siciliana – dice – Questo prodotto standard a noi non sta bene, visto che produciamo una pesca di qualità superiore”. Il calo delle vendite e dei produttori probabilmente è dovuto alla mancanza di personale: “I giovani non vogliono scommettere in questo settore dove la maggior parte delle volte sei in perdita e dove le amministrazioni locali non ti danno una mano. Poi, l’apertura delle frontiere ha solo portato disastri”.

Per Di Stefano, infatti, non si può competere con quello che arriva dall’estero. “I costi di produzione da noi sono elevatissimi – dice –, la manovalanza scarseggia sempre di più. Adesso dovremmo fare qualcosa per riattivare il mercato, attraverso la promozione dei nostri prodotti, ma soprattutto attraverso un aiuto dai finanziamenti pubblici”.   

Giorgio Vaiana