Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il prodotto

Il nostro viaggio nelle Dop siciliane certificate dall’Izs Sicilia – IL PIACENTINU ENNESE

24 Agosto 2017
piacentinu1 piacentinu1

Acquistare un prodotto Dop è una sicurezza per il consumatore. Garantire la qualità di un prodotto è l'obiettivo dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia che nell'Isola certifica ben dieci prodotti. 

A coordinare queste attività di controlli, il direttore sanitario Santo Caracappa e il dirigente Aldo Migliazzo che hanno avuto la felice intuizione di snellire la procedura per la certificazione dei prodotti, incentivando i produttori ad affiliarsi ai consorzi per offrire ai consumatori un prodotto che dia garanzie di qualità e sicurezza alimentare. Noi stiamo imparando a conoscere questi dieci prodotti. E dopo l'Arancia di Ribera Dop e il Piastacchio di Bronte Dop, oggi ci occupiamo di un formaggio molto particolare: per il suo sapore e il suo colore: è il turno del Piacentinu ennese Dop. Poi analizzeremo la situazione della Vastedda della Valle del Belice, il pomodoro di Pachino, la pesca di Bivona, l’uva da tavola di Canicattì, il limone di Siracusa, il ficodindia dell’Etna e il salame di Sant’Angelo di Brolo. 

IL PIACENTINU ENNESE

Come sia nato il nome “Piacentinu” è ancora un mistero. La leggenda vuole che il nome derivi dal termine “piacenti”, che in siciliano significa “ciò che piace”. Ma c'è chi racconta che il nome sia dovuto al termine “piagentinu”, che significa “piangente”, a causa delle lacrime di grasso che trasudano dalla forma. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. E’ stato citato nel IV secolo d.C. dallo storico Gallo, il quale raccontava dei sistemi di salatura e dell’aggiunta dello zafferano per conferirgli il colore tipico. Il racconto più fantasioso che lo coinvolge chiama in causa Ruggero il Normanno che, intorno al 1090 d.C., ordinò di inventare un formaggio per combattere la depressione della moglie Adelasia. Difatti lo zafferanno era considerata una spezia energizzante, antiossidante e antidepressiva.

Tra i monti Erei e la valle del Dittaino, in provincia di Enna, le primavere sono molto piovose e le estati umide. La ricca vegetazione (sulla,veccia, rosmarino e finocchio selvatico oltre a numerose altre piante della macchia mediterranea) che cresce tra i 400 e gli 800 metri sul livello del mare ne fa una delle province siciliane con il maggior numero di allevamenti ovini. Comisana, pinzirita, valle del Belice sono solo alcune delle razze autoctone siciliane allevate tra queste colline. E, sin dai tempi antichi, dal loro latte unito allo zafferano coltivato nell’area, si ottiene il piacentinu, pecorino, che piace, in dialetto locale. E' prodotto in nove comuni della provincia di Enna (Aidone, Assoro, Barrafranca, Calascibetta, Piazza Armerina, Pietraperzia, Valguarnera e Villarosa), è a pasta compatta e unico nel suo genere: è infatti aromatizzato con zafferano – che conferisce alla pasta il caratterisco colore giallo – e pepe nero in grani – posto in ammollo in acqua calda la sera precedente la produzione. La tecnica di lavorazione, che prevede l’aggiunta di acqua calda alla cagliata, e l’uso attento del sale ne fanno uno dei formaggi meno aggressivi della Sicilia, il “più europeo”. Dopo una maturazione di circa 60 giorni, ha odore delicato e sapore aromatico e dolciastro dovuto alla presenza dello zafferano. 

Attualmente del consorzio fanno parte 17 produttori con 10 caseifici e la produzione varia di anno in anno. Gli ultimi dati in nostro possesso si riferiscono al 2015: i produttori hanno fatto circa 17 mila chili di formaggio per un totale di 4.150 forme. Il formaggio è forma cilindrica con facce piane o leggermente convesse del diametro di 20-21 centimetri, lo scalzo è diritto o leggermente convesso, alto 14-15 centimetri. Il peso varia fra i 3,5 e i 4,5 chili. Per ottenere il formaggio, il latte intero crudo viene immesso nella tina di legno, si aggiungono lo zafferano e poi il caglio di agnello o di capretto. La cagliata, presamica, viene tagliata fine e cotta con l’immissione di acqua calda a 75°. Alla pasta, una volta estratta e tagliata grossolanamente, si aggiunge pepe in grani. La formatura avviene in canestri di giunco, successivamente posti nella scotta per alcune ore. La salatura è a secco, in due tempi, a distanza di 10 giorni. Il caglio è di provenienza locale, così come lo zafferano. Stagiona per almeno 60 giorni. 

C.d.G.

LEGGI QUI L'ARANCIA DI RIBERA DOP

LEGGI QUI IL PISTACCHIO DI BRONTE DOP