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Il prodotto

Panettone artigianale? Leggete prima le etichette. Il caso di Ottavio Guccione

19 Dicembre 2013
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C’è una domanda che da qualche giorno mi attanaglia.

Quando un panettone si può effettivamente definire artigianale? Ogni anno a dicembre a decine scorrono sotto i nostri occhi e sotto i nostri denti ma, quanti di voi si sono soffermati con attenzione alle etichette degli ingredienti?
Il rigido disciplinare del “Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese” prevede che gli unici ingredienti ammessi siano: acqua, farina di frumento, zucchero, uova fresche, latte pastorizzato, burro, uvetta sultanina, scorze di arancia candite, cedro candito, lievito naturale, e sale.

Prendendo a tiro i dozzinali “panettoni artigianali” leggo frequentemente anche mono e digliceridi degli acidi grassi o grassi polinsaturi, aromi (non ci è dato sapere se siano naturali o artificiali), emulsionanti. A questo punto scattano altre due domande: mangereste mai qualcosa che non riuscite a leggere con facilità? Come mai aggiungere grassi polinsaturi, notoriamente cancerogeni, ed emulsionanti a un prodotto che dovrebbe essere, oltre che artigianale, sano?

Lasciatemelo dire, mi sono sempre fidata molto poco di chi spaccia per artigianale qualcosa che viene distribuita a migliaia di chilometri e in quantità tutt’altro che “casalinghe”. A tal proposito qualche giorno fa scambio due chiacchiere con Ottavio Guccione, scrupoloso mastro fornaio dell’Antico Forno San Michele, che mi racconta del suo panettone, premettendo: “Ne ho appena sfornati una ventina. Non posso farne a centinaia perchè richiedono lunghi tempi di attesa: il primo impasto viene effettuato con il lievito madre mediante tre rinfreschi a sei ore di distanza l’uno dall’altro, mentre il secondo prevede l’impasto definitivo con aggiunta di burro, zucchero, uvetta e canditi, che riposerà per altre 48 ore.”

Grazie a lui le mie domande cominciano a trovare finalmente delle risposte. Anche nel caso dei panettoni si utilizzano semilavorati industriali, ricchi di agenti lievitanti e additivi vari che accelerano i processi di produzione, e promettono grandi numeri. Una ultima piccola nota. Può capitare che qualcuno assaggiando questi panettoni realmente artigianali non apprezzi il gusto e le caratteristiche, vedendo le proprie aspettative disattese. E' d'obbligo in questo caso precisare che le papille gustative non hanno più memoria di determinati sapori, o non li hanno mai sperimentati, parlo di quelli della tradizione, sono oramai assuefatte ai gusti preconfezionati dall'industria alimentare. Tanto che il nostro palato è orientato su “categorie del buono” che spesso e purtroppo non contemplano affatto la qualità, la genuinità, l'identità di certi ingredienti e prodotti che sono invece specchio di una storia e di un territorio. 
 
Ma come ti è venuta l’idea del panettone?
A settembre mi trovavo a Riccione da Alessandro Battazza, titolare della pasticceria-bistrot-panificio Lièvita, con Ezio Marinato e Filippo Drago.”
 
In pratica summit fra guru della panificazione e delle farine.
Ottavio ride: “In quei giorni stavano facendo delle prove-panettone. La cosa ha cominciato ad appassionarmi e incuriosirmi. Alessandro mi ha spiegato passo dopo passo cosa fare, suggerendomi inoltre di utilizzare un burro della Normandia particolarmente adatto per l’impasto del panettone. E così ho fatto”.
 
Il risultato è sorprendente: la pasta è soffice e particolarmente delicata, con alveoli grandi e un giusto equilibrio fra scorza d’arancia candita e uva passa. I sapori si incontrano tutti in totale armonia senza sovrapposizioni o sbavature. Appassionante anche la versione con gocce di cioccolato.
 
Adesso manca solo il pandoro.
“Probabilmente il prossimo anno.”.

Marina V. Carrera