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Il prodotto

Vastedda del Belìce Dop, record di produzione. Todaro, presidente Consorzio: “Promozione e marketing le chiavi del successo”

17 Gennaio 2013
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La produzione ha superato le 17 tonnellate.

Tempi d'oro per la Vastedda del Belìce Dop. Il dato preciso, ufficiale, sarà dichiarato fra una quindicina di giorni dal servizio di certificazione, ma questo numero, ce lo anticipa il presidente del Consorzio di Tutela del Pecorino siciliano e della Vastedda del Belice Massimo Todaro, e segnala un record. Non è l'unico primato però, il formaggio siciliano, che è anche presidio Slow Food,  ne vanta un altro: quello di essere tra i pochissimi formaggi di pecora a pasta filata ad acidità naturale di fermentazione. E si potrebbe aggiungerne un terzo: la velocità con cui questo formaggio ha scalato il mercato. La produzione sotto la denominazione è iniziata nel 2008 ed erano solo 6.908 i chilogrammi prodotti, nel 2011 era arrivata a quota 16mila. Insomma, performance che di dicono quanto il comparto caseario, che orbita nelle campagne attorno ad Agrigento, Palermo e Trapani, stia bene e continui a fare numeri importanti anche sotto piena crisi. Merito anche del lavoro portato avanti dal Consorzio che, appunto, sta dando i suoi frutti.

I produttori di latte ovino sono nove e sette quelli che producono la Vastedda del Belice. I soci del Consorzio sono sedici. Il valore della produzione certificata all’ingrosso è di 155 mila euro all’anno. Al dettaglio si attesta sui 230 mila euro. Il presidente del Consorzio Massimo Todaro spiega il perché del successo: “Lo si deve all’attività di promozione che da un po’ di tempo facciamo con costanza e con presenza su vari fronti, nelle fiere, in gdo con le promozioni, con la stampa. La gente adesso sa cosa è la Vastedda, poi cominciano a trovarla nel supermercato. E’ reperibile”. Il consumatore è sempre di più fidelizzato al prodotto nonostante il prezzo sia elevato rispetto alla media dei formaggi freschi. “Quello che è stato vincente – prosegue Todaro – è una politica di prezzo che non ha visto aumenti dal duemilaotto ad oggi. Abbiamo deciso di stabilizzarlo ai nove euro al caseificio, prezzo che dà dignità a chi lo produce e a questo mestiere. In cinque anni è rimasto sempre quello. Non è certo il formaggio che si trova ogni giorno nel frigorifero ma la gente inizia ad acquistarlo spesso”. Se in Sicilia e in Italia la Vastedda sta conquistando i consumatori, a breve lo farà anche all’estero, ci anticipa ancora Todaro, dove attualmente è assente. Il debutto oltreconfine avverrà in Germania ad Anuga, al salone sul food&beverage tra i più importanti del Paese e che si tiene dal 5 al 9 ottobre a Colonia.

Ecco qualche accenno sulle caratteristiche di questo formaggio come stabilito dal disciplinare di produzione: “La pasta è di colore bianco avorio con qualche striatura dovuta alla filatura artigianale. La superficie è liscia compatta e non ha crosta.Il sapore è leggermente acidulo, caratteristico del latte fresco di pecora. La percentuale di grasso non deve essere inferiore al 35% sulla sostanza secca e al 18% sul prodotto fresco. La percentuale di sale non deve superare il 5% sulla sostanza secca e del 2,7% sul fresco. Il prodotto viene immesso al consumo in forme leggermente ovali del diametro tra 15 e 17 centimetri e con uno spessore fra i 3 e 4 centimetri”. A seconda delle dimensioni della forma il peso varia tra i 500 e i 700 grammi.  

Sono tradizione, abilità dei maestri casari,  territorio a conferire unicità a questo formaggio. La Vastedda è, infatti, legata in maniera indissolubile al particolare ambiente della zona, alla struttura chimica e fisica del suolo, alle essenze foraggere locali, alle caratteristiche tecnologiche di lavorazione del latte, nonché all’impiego delle attrezzature storiche in legno ed in giunco dove si annidano ceppi della microflora casearia autoctona. I fattori climatici dell’area di produzione della Vastedda sono diversi rispetto ad altre aree della Sicilia. Le temperature massime (35 °C) e minime (9 °C) rilevate nella Valle del Belìce e la particolare orografia dell’area di produzione evitano quei bruschi cambiamenti climatici che possono alterare con la microflora casearia autoctona che caratterizza il formaggio.

M.L.