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Il progetto

I detenuti agricoltori nella terra di Matteo Messina Denaro

24 Febbraio 2014
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Nelle campagne fra Castelvetrano e Menfi, nella terra del latitante numero uno della mafia Matteo Messina Denaro, i detenuti imparano a coltivare la terra.

Sedici ettari, di proprietà dell’Ente Sviluppo Agricolo, che adesso diventano luogo di riscatto e rieducazione. Il progetto nasce da una collaborazione fra l’assessorato regionale all’Agricoltura e il Ministero della Giustizia. Il protocollo d’intesa è stato siglato oggi. E un atto amministrativo si è trasformato in un’occasione per ribadire i temi della legalità e dell’antimafia, oltre che del reinserimento sociale dei detenuti. A firmare l’accordo sono stati l’assessore Dario Cartabellotta, il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta, il capo del Dap Giovanni Tamburino e il commissario straordinario dell’Esa, Francesco Calanna. Ma la presenza del procuratore aggiunto Leonardo Agueci, dell’ex pm Antonio Ingroia, dell’ex sindaco antimafia di Corleone Pippo Cipriani, insieme ai rappresentanti di Regione, Anci e Ministero, dà un'impronta all’iniziativa. Che Agueci sintetizza: “Abbiamo constatato che i personaggi emergenti della mafia spesso provengono da esperienze carcerarie, detenuti per altri reati. Il carcere si trasforma in “scuola di mafia”, diventa occasione di crescita della cultura mafiosa. Iniziative come queste sono importanti perché significa togliere acqua al terreno della cultura mafiosa che in carcere si sviluppa”.

Campo Garboj fu acquistato nel 1971 dall’Esa, all’inizio era destinato agli agricoltori che dovevano imparare a irrigare. Divenne così azienda sperimentale dell’Esa, utilizzata per campi dimostrativi. Il viale di accesso è delimitato da pini, poi ulivi e alberi da frutto. Tre edifici, che dovranno essere ristrutturati, sono destinati a uffici, fienili, stalle, magazzini. Il Dap individuerà fra i detenuti delle case circondariali di Sciacca, Castelvetrano e Trapani, i detenuti che potranno essere inseriti nel progetto.

“È la prima applicazione della Banca della Terra – dice l’assessore Cartabellotta – , la terra pubblica che viene messa a disposizione dei giovani e per attività che hanno una forte valenza sociale come questa. La campagna ha un grande valore terapeutico in senso lato, adesso ne sperimentiamo anche il valore sociale per il reinserimento dei detenuti partendo dalla valorizzazione della terra”.

Il progetto pilota potrebbe diventare il primo di una serie. “La pena non è una vendetta ma deve essere strumentale alla rieducazione del detenuto – dice il sottosegretario Berretta – . Contiamo di avviare una iniziativa simile per impiegare i detenuti nelle aziende agricole confiscate alla mafia. Ma questa iniziativa ha anche un’altra valenza. Siamo all’indomani di un decreto legge finalizzato a superare l’emergenza carceraria ma affrontarla non significa solo ridurre il numero dei detenuti ma accompagnare questa riduzione con misure che, nel rispetto del dettato costituzionale, mirino alla rieducazione e al reinserimento dei detenuti”.

Berretta ricorda che dall’insediamento del governo Letta a ieri, da 69 mila detenuti e 41 mila posti nelle carceri si è passati a 61 mila detenuti e 48 mila posti. “In Sicilia i reclusi – sottolinea Maurizio Veneziano, provveditore regionale per l’Amministrazione penitenziaria – sono 6.600, ciascuno costa allo Stato 116 euro al giorno che significa 720 mila euro al giorno, 280 milioni in un anno. Il carcere non può essere considerato il contenitore del disagio sociale, è nostro dovere garantire condizioni dignitose. Ben vengano iniziative di questo tipo, le statistiche ci dicono che i soggetti che hanno espiato la pena in maniera alternativa hanno un tasso di recidiva più basso”.

L’agricoltura dunque assume valenza sociale, il ritorno alla terra visto come occasione di riscatto e di rieducazione. “È una sfida difficile, come tutte quelle che riguardano il sistema giustizia – dice Giovanni Tamburino, magistrato alla guida del Dap da quasi due anni – . come tutte le sfide che riguardano la giustizia. Il recupero non diminuisce la sicurezza lavorare la terra significa restituire alla società cittadini nuovi e diversi, rispetto a quelli che hanno commesso il reato. L’agricoltura permette di riscoprire valori antichi, oggi attuali e necessari”.

Stefania Giuffrè