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Vino della settimana

Il vino della settimana: Doc Eloro Sciavè 2013 di Riofavara

29 Ottobre 2016
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Nero d’Avola 95% e altre uve rosse minori locali

di Gianni Paternò

Saverio Padova nel 1920 iniziava un’attività agricola che comprendeva anche le viti di cui vendeva il frutto. Nel dopoguerra realizzò un palmento dove, primo della zona, introdusse la diraspatrice meccanica. Si produceva del vino e quel poco imbottigliato prendeva la via verso l’America soprattutto per i parenti. Il figlio Carmelo continuò l’opera affiancato da suo figlio Massimo che, fin da bambino, era attratto da questo magico mondo in cui da un frutto solido veniva fuori una piacevole bevanda alcolica. Per assurdo fu lo scandalo del vino al metanolo di 30 anni fa a determinare una svolta produttiva: nessuno comprava lo sfuso e nemmeno l’uva raggiungeva prezzi remunerativi per cui Massimo convinse la famiglia che dovevano cambiare strada, bisognava fare vino di qualità e farlo in proprio. Nacque così Riovafara dal nome della contrada nel 1994. Erano allora 5 ettari di vigneti, nella maggior parte di Nero d’Avola, che nei dintorni ha un areale ottimale. Padova si pose un obiettivo: valorizzare un prodotto ricercato, ma che nella zona scontava la mancanza di preparazione enologica.


(Massimo Padova)

Massimo si dedica ormai solo al suo vino e alle sue vigne che già sono 16 ettari tra Ispica e Noto a cui se ne stanno aggiungendo altri 10. Sempre Nero d’Avola, in un particolare clone veramente aziendale nel senso che le marze, con cui è avvenuta la propagazione della vigna, sono ricavate selezionando le vecchie viti, a loro volta sempre ricavate da quelle più vecchie. Praticamente è una catena di Sant'Antonio applicata al Nero d’Avola. A questo aggiungiamo le caratteristiche pedoclimatiche della zona, la sua vocazione al vitigno, l’attenta cura del vigneto e otteniamo una miscela estremamente positiva. La famiglia Padova ha continuato ad adottare anche le vecchie tradizioni del territorio per cui il Nero d’Avola non era completamente monovitigno, ma c'era sempre un 5-10% di altre antiche uve locali quali l'Albanello, il Moscatello, il Nero grosso, il Surra un fratello del Frappato.

Come se non bastasse la tradizione della vigna si è aggiunta una conduzione agronomica d'altri tempi quando la chimica era praticamente assente, una coltivazione in conversione biologica, certificata dal prossimo anno. Oltre al Nero qualche ettaro di Moscato bianco, Grecanico ed Inzolia. Oggi le bottiglie sono 85 mila in 7 etichette. Fino a quest’anno l’enologo è stato Nino di Marco con la consulenza di Peter Vinding, ma dal prossimo gennaio sarà un importante nome dell’enologia italiana.


(Il wine relais)

Accanto alla cantina un wine relais con 3 camere splendidamente e diversamente arredate sui temi del vino.


(Una camera)

Degustiamo lo Sciavè, dalla pronuncia dialettale del nome del nonno Saverio, il vino più prestigioso. Nasce dalle vigne più vecchie, in due contrade caratterizzate da suoli ricchi di calcare: 1,5 ettari a cordone speronato e 1,8 ettari ad alberello pantesco, quindi basso, di quasi 50 anni. Raccolta a mano con selezione che continua in cantina prima della diraspatura. Criomacerazione a 10° per due giorni a cui segue la fermentazione in acciaio con lieviti spontanei, come per tutti i rossi; macerazione per almeno 20 giorni con follature e rimontaggi. Dopo la pressa soffice torna in acciaio dove svolge la fermentazione malolattica e dove decanta staticamente per 60 giorni, successivamente in barrique e tonneau in poca parte nuovi dove affina per 14 mesi. Solo le migliori botti diventano Sciavè e dopo la selezione ritorna in acciaio per decantare a freddo; quindi senza chiarifica, nè stabilizzazione nè filtrazione riposa in bottiglia per almeno un altro anno. Solfiti aggiunti in quantità lievissima, solo all’imbottigliamento, tanto da trovarne alla fine la trascurabile quantità di 40 milligrammi per litro. Insomma un vino che possiamo definire, come a molti piace, naturale.

Nel calice il colore è rubino carico, denso e brillante con i bordi porpora. Un olfatto particolarmente intenso, franco ed equilibrato, note terziarie di cioccolato, pepe, liquirizia, tabacco su un fondo di cappero e di confetture di amarene e fragoline. Splendido e serio. Da questo naso non ti aspetteresti in bocca un vino così vivace, ricco di acidità e di tannini morbidi, che però gradualmente si evolve diventando pieno, armonico, caldo, strutturato e lungamente fragrante. Un vino di classe, un degno rappresentante di quello che il Nero d’Avola può esprimere e per giunta per tanti anni.

Abbiniamolo a piatti gustosi, ad anelletti al forno con ragù di carne sfilacciata e tuma, a una porterhouse alla griglia, un formaggio ragusano Dop mediamente stagionato. Sono 3.870 bottiglie, a cui si aggiungono 200 magnum, che in enoteca trovate a 24 euro.

Rubrica a cura di Salvo Giusino

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