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Vino della settimana

Vino della settimana: Dos Tierras di Badalucco De La Iglesia Garcia

18 Maggio 2013
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Tempranillo e Nero d’Avola ad armi pari.

Non illudetevi che siamo in Spagna, ci troviamo nella terra di Sicilia, nel trapanese, e vi raccontiamo una storia di grande e quasi incosciente coraggio che riguarda Pierpaolo Badalucco. Il giovane si laurea in Scienze Politiche e scappando dalle vigne di famiglie, ricordando con disagio di quando era costretto a vendemmiare, va a Madrid  per un master biennale in Economia. Lì incontra Beatriz de la Iglesia Garcia che è così bella che se ne innamora subito. Si sposano e lui per qualche anno lavora in banca.

Nel frattempo il papà Paolo, agronomo che fa il burocrate alla Regione, non potendo dedicarsi alla campagna comincia a vendere degli appezzamenti. Pierpaolo a questo punto viene convertito all’improvviso amore per la sua terra, pianta un lavoro sicuro, facilmente convince la moglie, che di suo farebbe la restauratrice ma che per fortuna ama la campagna, e nel 2002 torna in Sicilia. Fin qui il coraggio ci sarebbe, ma relativo. Il bello è che i coniugi Badalucco non si contentano di occuparsi di 4 ettari di vigneto, anche se trascurato, e di un ettaro di oliveto, ma decidono di fondere ulteriormente l’anima italo-spagnola pensando di piantare e sperimentare il Tempranillo, di cui ne possedevano degli esemplari relitti.
Ma se il Tempranillo si pasce con vigore nella Rioja, nel nord ispanico, dove sarebbe come il sangiovese in Toscana, da noi non si sapeva come reagiva e che prodotti poteva dare. Certamente è capace di dare vini tannici e longevi, vini di colore intenso atti a dare nerbo ad altre uve, tanto che si è diffuso in Portogallo, in Argentina ed anche in Francia. Ma in Sicilia è dura, dal 2003 per 4 anni Pierpaolo e Beatriz producono pochissime bottiglie, più che altro sperimentali, e vanno correggendo le operazioni in vigna e quelle naturali in cantina perché hanno un’altra fissazione: devono riuscire ad ottenere un vino che li rappresenti, che rispecchi essenzialmente la loro terra e che dimostri  che anche nella bottiglia l’amore tra la Spagna e la Sicilia si possa rivelare.

Quindi per rendersi la vita ancora più difficile decidono che questo vino debba essere il solo risultato che la natura possa dare per cui niente trattamenti e concimi chimici, solo favino, rame e zolfo. Niente lieviti selezionati bensì quelli spontanei;  la ciliegia o il tabacco devono possederli l’uva non darli artificialmente dei batteri comprati all’uopo.
Oggi finalmente dopo 5 anni sono riusciti a quadrare il cerchio: 1,5 ha di Tempranillo ed altrettanti di Nero d’Avola, niente irrigazione, terreno argilloso e scosceso a 50 m di quota, dove non arriva la brezza del mare. La prima annata commercializzata con la significativa etichetta di Dos Tierras è stata il 2007 e il Tempranillo era al 20%. Ma la svolta vera è propria è stata nel 2009 quando sono riusciti a mettere a punto la coltivazione e l’epoca della vendemmia e da quel momento i due vitigni sono stati miscelati in pari. Una seconda etichetta è il Temprano, un vino meno impegnativo col 20% di uve spagnole. In totale è una produzione di 8000 bottiglie, di cui 3.500 numerate di Dos Tierras.

Parliamo di quest’ultimo. Le uve spagnole sono vendemmiate a fine agosto, quelle di NdA a metà settembre e siamo nelle contrade Delia Nivolelli e Pignolo di Mazara del Vallo. Raccolte a mano e portate in una cantina in affitto che dividono con altri. Dodici giorni di macerazione a 24°, perché l’unica operazione che decidono di ammettere è l’uso del freddo. Poi in barriques usate dove il vino svolge spontaneamente la fermentazione malolattica e riposa per 18 mesi. Non filtrato,  2 travasi e viene imbottigliato per affinare almeno 6-8 mesi. Per questi vini tanto naturali hanno la consulenza degli enologi Ennio Gugliotta e Tina Lino.

Giudichiamo  il risultato di tanto coraggio con l’esemplare 1659 dell’annata 2010 del Dos Tierras. Colore intenso più granato che rubino abbastanza brillante e limpido nonostante sia non filtrato. Avvicinato al naso già a calice fermo emana eleganza, complessità, fascino ed armonia; ossigenandolo ecco distinguersi l’amarena, la ciliegia sotto spirito, un esile tostato e qualcosa di balsamico, speziato, tanto tabacco e poca liquirizia. La bocca viene avvolta dalla fragranza del frutto accompagnato da bei tannini morbidi abbracciati alla giusta dose di acidità. E’ pieno, viscoso, caldo nonostante i soli 13,5° alcolimetrici, equilibratissimo e lungo, tanto lungo, lascia la bocca setosa ed appagata. Sicuramente sarà longevo ma già oggi ha raggiunto la perfezione. Insomma un piccolo capolavoro per il quale è valsa la pena di affrontare una sfida difficile e temeraria.

Fate presto a cercare le rimanenti bottiglie che in Sicilia sono distribuite da Trazzere del Gusto e vendute a soli 15 euro in enoteca.
Per gli abbinamenti non avete che da sbizzarrirvi. Noi l’abbiamo apprezzato con una costata ai ferri, con del culatello e un pezzetto di tuma persa. Ma non è necessario berlo a tavola, si presta magistralmente  ad essere gustato la sera sprofondati in poltrona.

Badalucco De La Iglesia Garcia
C.da Badalucco-Petrosino
91020 Petrosino (Tp)
cell. 347 3695615
www.badalucco.com
www.trazzeredelgusto.it

Recensioni
di Giovanni Paternò

Rubrica a cura di  Salvo Giusino