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L'appello

La Cina secondo Milazzo

06 Dicembre 2011
cinesi cinesi

 

La Cina sarebbe molto più avanti di quanto si pensi in fatto di cultura del vino.

Sono sempre più i giovani appassionati e competenti e i ristoranti a dotarsi di una carta dei vini. Ad essere ricercate sono le bottiglie importanti. Un mercato in crescita dove la Francia però sembra possederne la quota maggiore. E’ il Paese che utilizza la parola Bordeaux come sinonimo di vino. Questo il quadro dipinto da Giuseppe Milazzo, titolare della Azienda Agricola Milazzo rientrato in Italia dopo l’International Wine & Sprit tenutosi il mese scorso a Honk Kong. La sensazione che il produttore si porta a casa è quella di un Italia che stenterebbe a conquistare fette di mercato, e di una Sicilia ancora poco conosciuta. “In fiera i visitatori li dovevamo tirare noi dentro lo stand e spiegare loro da dove venivano i nostri vini. Non sanno dove sia l’Isola – dice Milazzo -. Però devo dire che una volta assaggiati e scoperti apprezzavano. Manca una forte azione di comunicazione. Dovrebbe occuparsene il Ministero delle Politiche Agricole. Sono pochissime le cantine italiane e figuriamoci siciliane conosciute”. Nei locali le etichette richieste sarebbero quelle francesi. “Questo è il risutlato di anni di educazione alla cultura del vino portata avanti in Cina dai francesi. Già 40 anni fa la Francia era presente commercialmente e spadroneggiava. Oggi i consumatori chiedono Bordeaux per chiedere vino. Trovare vino italiano nei locali è davvero cosa rara. L’ho visto di persona girando per Honk Kong e Shangai. La Francia fa la parte del leone”.


Giuseppe Milazzo mentre fa degustare i suoi vini ad alcuni buyer cinesi

Ma anche per gli importatori stessi e gli operatori del settore ristorazione e beverage cinesi il vino è Francia, pochi paesi per loro sarebbero all’altezza. Ad essere richieste principalmente le bottiglie costose. I vini di media qualità non troverebbero posto, se non nelle aree dell’entroterra.  “A me, per esempio, chiedono i vini top della mia produzione – racconta Milazzo -. A loro interessa riempire il loro catalogo con vini d’eccellenza”. Se, a detta del produttore, per il vino italiano la strada verso gli scaffali della Cina è ancora lunga, ci sarebbe anche altro un fattore che remerebbe contro lo sbocco del vino italiano e made in Sicily nel mercato cinese: la politica commerciale di alcuni produttori. “Finché vi sono produttori che vendono vino a meno di un euro non abbiamo dove andare. Questo compromette il vino di qualità. E si consente tutto ciò. Si dovrebbe intervenire su questo, proprio evitando che certi produttoriproducano 180-200 quintali di uva ogni anno. C’è chi cento li imbottiglia e cento li dà sottobanco. Così non raggiungeremo mai i livelli della Francia”. Una strategia efficace sarebbe quella di comunicare al popolo dei giovani consumatori. “Io sono rimasto colpito. Sono anni luce avanti a noi dal punto di vista della cultura del vino. Ho trovato ragazzi giovanissimi e preparatissimi, che hanno frequentato scuole serie. Da noi non c’è questo livello di preparazione. Basti pensare a cosa si vede al Vinitaly ogni anno. Ragazzi che vanno lì solo per bere”.