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L'azienda

Alessandro di Camporeale: “Macché Lucido, noi continueremo a chiamarlo Catarratto”

07 Ottobre 2021
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di Alessia Zuppelli

L’annata 2019 sancisce l’ingresso del Catarratto Vigna di Mandranova di Alessandro di Camporeale nella nuova Doc Monreale, una denominazione istituita nel 2000 ma che dal 2018, su volontà dei soci, è stata oggetto di una rivisitazione volta alla maggiore valorizzazione del territorio per tracciare con più enfasi il profilo qualitativo degli autoctoni dell’areale.

Molto fiduciosi sull’importanza del nuovo disciplinare, in attesa di approvazione ministeriale, Anna e Benedetto Alessandro dell’omonima azienda di famiglia nell’alto Belice credono nell’importanza della zonazione. E, in occasione del Camporeale Days, hanno sottolineato l’importanza di volgere lo sguardo a tutti quegli esempi virtuosi che hanno puntato sull’espressività del territorio. Plauso e fiduciosa attesa espressa per la “nuova” Monreale Doc che introduce in disciplinare la tipologia Monreale Syrah riserva e rosato, e lo Spumante bianco metodo classico. Oltre le novità in termini di metodi di vinificazione, l’ampio ventaglio di varietà incluse vent’anni fa, da dodici passa a quattro. Niente più Chardonnay e Cabernet Sauvignon, e neanche i siciliani Grillo e Nero d’Avola. Si restringe il campo su Catarratto e Inzolia, che insieme andranno a delineare il profilo della Doc Monreale Bianco, Perricone e Syrah riguardo i rossi. Quest’ultimo è l’unico alloctono ammesso per via della sua ormai perfetta integrazione con il territorio, dimostrata proprio dalla storia della Famiglia Alessandro, come racconta Anna. L’intuizione di puntare sul Syrah risale infatti alla fine degli ’80 e vede luce nuova in un crescendo di eccellenza con “Kaid” la prima etichetta che debutta già con successo nel 2000. La stoffa di Kaid, e dunque del Syrah su questo territorio, parte da lontano. Espressione di sinuosa e intrigante potenzialità che ha attraversato e conquistato negli anni non solo la Sicilia ma il resto d’Italia, sia nella sua versione ferma che nella sua variante Vendemmia Tardiva.

Il Catarratto sembra essere però la posta in gioco più alta, quella su cui scommette attraverso i differenti cloni. Proprio attraverso il “tradizionale” nome dell’uva a bacca bianca più diffusa in Sicilia la famiglia Alessandro continuerà a chiamare questa varietà. Come si ricorderà, già nel 2018 su volere del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia le aziende hanno avuto la possibilità di etichettare il proprio vino con il nome di Lucido, per semplificare la comunicazione e la comprensione del termine sul mercato internazionale e rendere il vino, in un certo senso, più affascinante. In realtà per l’enologo Benedetto Alessandro “si tratta di qualcosa di molto semplicistico, si creano anche equivoci nel riassumere in un unico termine tre diversi cloni: comune, lucido, ed extra lucido. Musicalmente “lucido” può suonare meglio forse, ma io non ho avuto pareri molto positivi quelle volte che ho provato a spiegarne il significato”. Gli fa eco la cugina Anna: “Assurdo cambiare la parola Catarratto. Noi lo comunichiamo come Catarratto, e su questo stiamo puntando. Nelle nostre etichette continueremo a indicare il vitigno con questo nome. Non mi sento di condividere pienamente la scelta del termine “lucido”, uno dei tre cloni del Catarratto. Uniformare sotto un’unica etichetta tre uve diverse non credo sia una scelta azzeccata, ma si vedrà con l’evoluzione della Doc Monreale”.

Proprio sull’espressività e poliedricità del Catarratto Alessandro di Camporeale ha proposto una degustazione orientata a coglierne le sfumature nelle diverse annate, dei diversi metodi di vinificazione, e non meno importanti delle uve delle diverse vigne, attraverso gli assaggi di “Benedé” e Cataratto Vigna di Mandranova. In pole position lo Spumante metodo Classico proveniente da uve Catarratto extra lucido coltivate nella porzione più bassa del vigneto più antico. “Stiamo vedendo come il clone extra lucido si presti molto bene alla spumantizzazione” sottolinea Anna Alessandro. Un extra brut millesimo 2017 affinato sui lieviti per 36 mesi. Colore brillante e un perlage fine per un naso vivace che mostra le caratteristiche del varietale. La nota agrumata e particolarmente citrica accompagna al naso nuance che virano, dopo qualche minuto, su sentori piacevolmente vegetali e tostati. Corrispondenza gusto olfattiva all’assaggio. Un sorso che rivela dinamicità nella sua verve gradevolmente acida quanto intensamente delicata.
Una bollicina equilibrata dal buon potenziale evolutivo. Non a caso la produzione di spumanti metodo classico, come sopra indicato, è fra le novità della Monreale DOC. Un restyling, quello di questa denominazione, che guarda al territorio senza esimersi, infine, dall’interpretare il gusto dei consumatori che vede proprio lo spumante fra i vini più apprezzati.