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L'azienda

Cantina Adriano, un Sauvignon in Piemonte

26 Agosto 2011
Adriano Adriano

“Qui tutti sanno fare il vino”, dice la gente del luogo a chi viene nelle Langhe per conoscere la realtà dei grandi rossi italiani.

Suona come un invito a nozze con un retrogusto che sa però di sfida. Così forestiera anche io, decido di accettarlo scegliendo come meta un produttore a caso. Appena fuori Alba, prendo la direzione più a portata di mano: località San Rocco Senio d’Elvio, distante 5 chilometri dalla cittadina. Dopo qualche curva, tra onde di filari e segnaletiche di cantine, mi ritrovo nel territorio del Barbaresco. Scelgo di accogliere il benvenuto che spicca dall’insegna di Marco e Vittorio Adriano. Cantina che condivide la medesime origini centenarie degli altri produttori langaroti e dal 1994 operativa sotto una nuova luce commerciale e produttiva. Imboccata la via sterrata, ad accogliermi, oltre l’architettura di una cascina e lo schiamazzo delle galline, trovo Grazia Sordo incuriosita dalla visita inaspettata in un mezzogiorno infuocato di agosto. E’ la moglie di Vittorio Adriano il titolare, insieme al fratello Marco, della cantina e colui che fa materialmente il vino. Con fare umile e caloroso mi invita ad entrare e a condividere un bicchiere di vino, come detta l’ospitalità di queste parti, che poi si trasformerà in una degustazione di sette etichette.

Un’azienda vinicola che sa di casa, così si potrebbe descrivere la sensazione che prova il visitatore entrato nel mondo degli Adriano. Il salotto è l’ambiente dove tengono in bella mostra le botti grandi, preferite alle barrique, agghindato con cimeli della cultura contadina tra cui spicca un carro. L’atmosfera, per nulla patinata, è dominata dal silenzio e dalla semplicità. In questa tenuta di 22 ettari l’identità punta tutto sulle caratteristiche della cultivar. Come quella, nettissima, del basilico che esprime il loro Sauvignon Blanc. Solo apparentemente una nota stonata in seno alle colline di Nebbiolo, è la scommessa degli Adriano che invece va letteralmente a ruba ogni anno. Tredici mila bottiglie di Langhe Doc in purezza brioso, estivo, suadente, chiamato appunto Basaricò (basilico in piemontese). Il 2010 è brillante, cristallino, dal colore giallo paglierino scarico che recupera nella vivacità dei riflessi verdognoli. Già alla vista preannuncia la freschezza del gusto. Basta solo un sorso per sentire la spiccata acidità, piacevolissima. Dà una sensazione tanto concentrata negli aromi del basilico e della frutta bianca quanto estrema leggerezza per i profumi floreali.

 

I rossi di casa seguono fedelmente la tradizione dei rossi piemontesi lasciando però il palcoscenico al frutto. Il Dolcetto D’Alba Doc 2010 ne è un esempio. Il primo della serie che mi è stato versato. Ha tonalità accattivanti di rosso ciliegia. Bello a guardarsi. Al palato un exploit di frutti a bacca rossa e note di amaro e balsamiche, che fanno capolino solo dopo un lungo frame di tempo, valorizzando la persistenza. Il risultato: un perfetto equilibrio piacevole da bere coltivato in appena 3 ettari. Langhe Freisa Doc 2010 è invece un rosso brioso per via di una seconda fermentazione che va in vasca in primavera. Il cugino del Nebbiolo ha il profilo cromatico tipico della fragolina. Il gusto è tondo con una prevalenza del lampone. Ad associarsi a questi due vini di facile beva è il Barbera d’Alba Doc 2010. Ribes e confettura di frutti rossi e pesca matura, sotto un’impronta tannica decisa e di facile approccio. Del Barbera Adriano produce anche il Superiore da uve selezionate, quelle che hanno goduto della migliore esposizione. Morbido, burroso, elegante il 2009. Ha un’anima fruttata di mora e una verve speziata con reminiscenze mentolate. I Barbaresco Docg di casa Adriano, Sanadaive e Basarìn, esprimono due mondi diversi anche se distanti in linea d’aria 1 chilometro. Assaggiare di entrambi l’annata 2007 è stata l’occasione per apprezzare le influenze macroscopiche dei microclimi su una stessa varietà e a parità di caratteristiche del terreno, in questo caso marna tufacea bianca. Il Sanadaive, nasce in una zona esposta a sud ovest. Ha un colore ammaliante, i tannini sono piacevoli. Fruttato di primo acchito, vira su impercettibili e gradevoli punte di amaro e di catrame. Il Basarìn, proviene da uve abbarbicate su una pendenza del 40% nel cru Basarin, che ricade nel territorio di Neive,  esposte a sud est. Strutturato, con un corredo aromatico di frutta matura e ricordi di spezie in prevalenza di pepe nero, appare versatile nel gusto, buono da bere anche da solo.

Manuela Laiacona