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L'azienda

Dove non aveva osato nessuno: “Sì, facciamo vino a 1.300 metri di altezza”

23 Dicembre 2021
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di Saveria Sesto

Per arrivare a coltivare il progetto ardito di una vigna da record per altitudine a 1.300 metri sul livello del mare e trasformarlo in realtà, ci sono voluti 15 anni di studio, di prove, di attese, di errori.

Oggi se ne può raccontare la storia e raccogliere i risultati consolidati e anche con sigillo di premi e apprezzamento dai consumatori, dagli assaggiatori e dalle selezioni ai concorsi. La vigna mette radici nel 2006 come vigneto sperimentale autorizzato dalla Regione Calabria con 500 piante in un terreno di famiglia originariamente abbandonato e incolto. Qui si cominciano ad effettuare le prove d’innesto in campo per passare invece all’impianto di barbatelle già innestate delle varietà più rispondenti tra gli autoctoni e internazionali e delle più idonee tecniche agronomiche concludendo con le microvinificazioni. I limiti, le incognite, i timori sono tutti incentrati sulla variabile clima: temperature ben al di sotto delo zero d’inverno, gelate primaverili, forte umidità per la vicinanza al lago Cecita, pendenze ardite del 80% che condizionano le lavorazioni, tra l’altro vincolate nella mitigazione per essere l’azienda collocata nell’area 2 del Parco Nazionale della Sila e vinificazioni in ambienti già freddi in vendemmia. Sono tutti aspetti a cui Immacolata Pedace e il figlio Emanuele De Simone, ingegnere di professione, troveranno soluzione sotto la guida dell’enologo Giuseppe Liotti tanto da avviare 2 ettari di vigneto con 10.000 piante, oggi in piena produzione.

Le varietà coltivate sono lo Chardonnay, il Pinot bianco, il Merlot e i Cabernet franc e sauvignon, vitigni che hanno ben risposto e si sono acclimatati a queste altitudini arrivando a ottimi risultati in termini quantitativi e qualitativi. Una coltivazione d’alta quota che sovverte i canoni e i ritmi di una vigna di pianura: senza fretta, tutti i lavori vengono ritardati per attendere la ripresa della mitezza del clima, la raccolta delle uve si effettua nelle ore più calde della giornata, si procede al riscaldamento degli ambienti di cantina, le fermentazioni sono naturalmente lente senza alcuna necessità di abbassare la temperatura dei mosti e le criomacerazioni sono naturali. Il significato etimologico delle etichette che Immacolata e Emanuele hanno scelto è tutto legato al territorio e alla natura: il bianco Chione, dal dio delle nevi, un blend di uve Pinot e Chardonnay vendemmiate in settembre, che affina su fecce fini; i rosati Silva da Silva Brutia, da uve Merlot e Cabernet franc, più intensamente colorato rispetto ad Anthea ed il Lykos dal greco lupo, l’emblema dell’Altopiano della Sila. Quest’ultimo è un rosso da Cabernet franc e Sauvignon le cui uve sono raccolte a fine ottobre con 18-20 giorni di macerazione che liberano un’alta concentrazione di polifenoli, ricchezza di sapidità e mineralità dai graniti della Sila. Merita essere sottolineato il rosato Anthea, dea dei fiori, dedicato all’arrivo della figlia primogenita di Emanuele, il rosato da Cabernet franc che ha conquistato una medaglia d’argento al concorso enologico Vini estremi 2021 tenutosi in Valdosta. Accattivante è il suo colore rosa corallo brillante, vivo, il bouquet di elegante freschezza e gusto sapido.

Il valore di questi vini eroici di montagna risiede nella straordinaria tenacia e nella forza delle viti che sopportano le rigidità invernali, sepolte dalla neve per mesi e mesi e che risorgono dopo ogni inverno. La stessa resilienza di chi le coltiva, ne rispetta fisiologia, tempi e clima senza accelerare processi e tecniche che a 1.300 metri possono essere solo lenti, senza fretta e in silenzio perché nelle vigne di Cava di Melis è il clima che detta i ritmi e le stagioni ne impongono il rispetto dei bioritmi di tutti. E non solo. Perchè trovarsi nell’aerea del Parco nazionale della Sila significa anche rispetto del suolo e delle giaciture, non si può spianare una collina o un versante e ricavarci ampi terrazzamenti che ne faciliterebbero la meccanizzazione e i costi. Qui si lavora in condizioni estreme di montagna con alti impegni di gestione, rischio di avversità climatiche, con penalizzanti distanze dai luoghi ed isolamento. Dalle vigne a 1.300 metri di altitudine i vini sono più sostenibili in tutta la sua accezione e a guadagnarci sono soprattutto i profumi connotati di finezza, eleganza, delicati nella struttura, persistenti e di gusto lungo. La Sila, luogo di straordinaria bellezza e ricchezza di biodiversità, di silenzi, di naturalità che si esprimono nella terra e nelle vigne, diventa anche più vicina alla lontana Danimarca, Svezia, Germania e Austria dove perfino arrivano le bottiglie di vino dell’azienda agricola Immacolata Pedace.