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L'azienda

Da Judeka l’ultima trovata, un vino affinato nella ceramica di Caltagirone

19 Dicembre 2013
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Il territorio. Ragione di vita, radici ma soprattutto sistema.

E' il punto di riferimento per Valentina Nicodemo, il suo must sin dal debutto nel mondo del vino e continuerà ancora di più ad esserlo per il nuovo anno appena cominciato. Perché in cantiere, progetti che mettono in rete risorse del territorio, la giovane produttrice di Judeka, azienda vinicola nel calatino, nell’areale della Docg Cerasuolo di Vittoria, ne ha davvero tanti. Nel suo piccolo incarna una mentalità inusuale per la cultura italiana soprattutto al Sud, spesso invocata da più parti ma che in concreto trova una realizzazione ancora in pochissimi casi e realtà. Per lei entrare in relazione con gli altri protagonisti del territorio è  la strada più giusta da percorrere, facendo della collaborazione punto di partenza di un percorso che intende portare avanti uno scenario d’insieme che fa eccellenza.


Valentina Nicodemo in un momento dell'inaugurazione della cantina insieme al marito,
al fratello Cesare e a Francesco Patti

Il fare sistema è infatti il nuovo concept della cantina che Judeka ha inaugurato il mese scorso. Non più luogo esclusivamente deputato alla produzione, la cantina voluta da Valentina si ridefinisce e si arricchisce come dimensione dedicata al gusto e all'arte tout court, spazio di sinergie aperto a tutti i giovani artigiani e produttori. Il primo step di questo capitolo è la partnership con Francesco Patti e Domenico Colonnetta dello stellato Coria di Caltagirone, con il progetto di banqueting Squiseating (per leggere l’articolo cliccare qui). Il secondo prevede invece l’utilizzo della terracotta per l’affinamento del vino e coinvolge alcuni artigiani ceramisti della cittadina barocca. “Un salto indietro nel tempo di duemila anni per garantire il futuro alle vocazioni del territorio calatino, quella del vino e della ceramica”, la produttrice sintetizza così l’idea del progetto. Caltagirone vanta uno degli Istituti d'Arte di ceramica più rinomati d’Italia e d’Europa, tanto da essere da tutti conosciuta come “La città delle ceramiche” e nell’areale sono tanti i reperti archeologici che attestano una cultura fiorente del vino sin dall’epoca dei Romani. A pochi chilometri nel ragusano, in effetti c’è già chi usa la ceramica per fare vino, anzi è stato uno dei primi in Italia a reintrodurla e a scommeterci, Giusto Occhipinti è tra le icone di questo filone. Il progetto di Judeka potrebbe però tracciare un nuovo solco con il contenitore chiamato, in modo scherzoso, barricoccio.


Nicola Centonze

Ci ha spiegato il progetto Nicola Centonze, enologo che segue la produzione della cantina. “Si tratta in tutto e per tutto di una barrique di terracotta – chiarisce -. La capienza è di 225 litri, esattamente come quelle di rovere. La tipologia del materiale è la stessa con cui vengono fatte le anfore utilizzate oggi. In pratica il barricoccio vuole essere un’alternativa alle vasche in acciaio. Abbiamo pensato a questa soluzione proprio per far sì che il vino riposi meglio. Sappiamo già i vantaggi di questo materiale. La terracotta è inerte, in questo modo andremmo ad azzerare la relazione che il vino ha invece con le cariche elettrostatiche quando riposa nei silos di acciaio. Con  questo studio però vogliamo capire quanto inciderà la forma nella qualità del vino”. La sperimentazione avverrà inizialmente solo con il Cerasuolo di Vittoria, anticipa.

Le barrique arriveranno in cantina nei prossimi giorni. Non vengono tutte dallo stesso laboratorio, la produttrice ha voluto commissionarle a diversi ceramisti, piccoli e grandi artigiani, tra cui Navanzino, uno degli storici, proprio per testare la resa delle differenti lavorazioni. “Pensiamo che la barrique di ceramica possa far evolvere meglio e più velocemente il vino rispetto all’anfora – prosegue Centonze – E in più garantisce un affinamento simile a quello che avviene nelle vasche di cemento. Favorisce la maturazione e penso che potremmo ottenere un vino meno spigoloso, più morbido e rilassato. Vedremo”. Il barricoccio sarà impiegato solo per i rossi. “Dobbiamo ancora iniziare ma al momento escludiamo qualsiasi prova con i bianchi”, conclude l’enologo. Ed è presto anche per sapere quanto della produzione vedrà l'impiego della barrique di terracotta. La produttrice e l'enologo definiranno meglio gli orizzonti del progetto all'arrivo dei primi risultati. Intanto la sperimentazione verrà fatta su 25 ettolitri, pari a 3.700 mila bottiglie. L'azienda, che in sette anni è arrivata a produrre 600 mila bottiglie, nella sua tabella di marcia ha inserito tanti traguardi da raggiungere anche orientati alla sostenibilità. La nuova cantina è una delle pochissime in Italia ad essere completamente autosufficiente con l'energia alternativa e l'utilizzo dell'acqua. Da poco ha anche aderito al progetto vino Libero di Eataly, con il Solitario, bollicine di Zibibbo, e ad Eataly in Campagna – Incontro tra Me e Te, iniziativa che sostiene la filiera corta. 

Manuela Laiacona

Qui le immagini che raccontano l'inaugurazione della cantina. 

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