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L'azienda

La nuova era del Montiano. Presentata l’annata 2016: la prima senza Renzo e Riccardo

18 Settembre 2019
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(Enrica, Dominga e Riccardo Cotarella con Federico Quaranta)

di Michele Pizzillo, Milano

Con “genitori” che si chiamano Riccardo e Renzo Cotarella, Montiano non può non essere un grande vino. 

Ma, nel corso della presentazione del millesimo 2016 a Milano, presso l’hub di Identità Golose – Orazio Vagnozzi che Cotarella ha incaricato di guidare la degustazione, ha detto scherzando: “Caro Riccardo, tuo genero ti ha fatto le scarpe”. Il genero di Riccardo è Pierpaolo Grasso e il Montiano 2016 lo ha fatto da solo, senza il “conforto” del suocero tranne, forse, il confronto con i suoi coetanei, le figlie dei due grandi enologi, Dominga, Enrica e Marta che, adesso, sono proprietarie dell’azienda di Montefiascone. Risultato? “Strepitoso, ho subito commentato quando me lo hanno fatto degustare. Il vino era già pronto e, quindi, non avrei potuto più intervenire”. Questa è stata la fase conclusiva della presentazione milanese dell’ultimo Montiano, vino prodotto per la prima volta nel 1993 “cinque anni dopo il viaggio a Bordeaux, consigliatomi da Robert Parker – ha ricordato l’enologo – che mi fece aprire anche le porte delle aziende più importanti di quella città dove si respira vino dappertutto”. Un viaggio forse magico, visto che un collega francese convertì l’enologo italiano alla venerazione del Merlot, regalandogli alcune marze con l’invito di utilizzarle nelle sue vigne di Montefiascone. “Ordine subito eseguito – ha ricordato Cotarella – ed anche l’inizio di un periodo di amarezze perché, secondo i tradizionalisti, con il Merlot andavamo a cozzare con la tradizione, alteravamo l’ampeleografia locale; insomma, facevamo qualcosa che alcune istituzioni pubbliche ritenevano addirittura illegale”.

Ma, quello che il giornalista Federico Quaranta, incaricato di condurre la presentazione dell’incontro, ha definito sogno utopico, è difficile da interrompere. E, così, i Cotarella hanno continuato a credere nel Merlot che una volta ben acclimatato nell’Alto Lazio, ha subito dato risultati eccellenti. E, non solo il millesimo 2016, che per Dominga Cotarella “non rappresenta una rivoluzione, quella l’hanno fatta mio padre e mio zio, credendo nel Merlot e superando gli ostracismi, ma una evoluzione perché abbiamo un’ossessione che è il concetto di identità”. A questo punto è iniziato un fantastico pubblico duetto padre-figlia che se “copiato” anche da altri vignaioli, può fare solo del bene al vino italiano. Per esempio, Dominga sciorina tre concetti che ossessionano lei, Enrica e Marta e, cioè, vanità per il bello, territorio, capacità di interpretazione, Riccardo prova piacere a fare da spalla alla figlia che si avventura, anche, nell’esaltazione di vini che hanno grazia, che sono caratterizzati da gusto complesso, intensità e verticalità che poi avvertiamo nella successiva degustazione del Montasio 2016.


(Dominga e Riccardo Cotarella)

In questa evoluzione del vino, cambia anche l’etichetta. E, come è stato complicato fare la nuova etichetta, ha detto – o meglio, ha confessato Enrica -, incaricata di questo lavoro che è stato difficile “perché avevamo l’obiettivo di intervenire sull’esistente, aggiungendo solo qualcosa di nostro, senza rinnegare il passato”. Lavoro perfettamente riuscito, anche se ha richiesto molta fatica – sospira Enrica –  perché non c’è stato il supporto dei “mostri sacri” della famiglia. Così, Riccardo sorride e dice che “se i giovani vengono lasciati liberi di seguire la loro strada, i risultati non possono che essere positivi. Io e Renzo siamo contenti di aver ceduto l’azienda alle nostre figlie e di confrontarci con loro da pari a pari, non da padre e figlio, per essere certi di fare le scelte giuste come, per esempio, realizzare una cantina solo riservata al Montiano oppure di aver deciso di non imbottigliare la vendemmia 2014 sia del vino icona, sia del Brunello di Montalcino”. E’ vero che oggetto dell’incontro è stato il “figlio” del Merlot della Famiglia Cotarella, ma Riccardo, non ha perso l’opportunità per fare alcune considerazioni tecnico-scientifiche come il caso dei cambiamenti climatici che, tutto sommato, ritiene positivi perché hanno permesso di produrre grandi vini anche in zone dove, nel passato, non era possibile. E, poi, ha esaltato il piacere di donare qualcosa ai giovani come le proprie esperienze,  compreso quelle negative, per aiutarli ad evitare eventuali errori dei genitori. Grazie ad un grande vino, insomma, è stato possibile esaltare l’utopia, vedere un guru fare da spalla alla figlia sul proprio terreno professionale, assaporare il piacere di donare il proprio sapere ai giovani. Tutto confortato dall’eleganza, finezza e grazia del Montiano che nel 2016 ha avuto una annata perfetta per il Merlot. Annata che Cotarella ha paragonato elle mitiche 2001 e 2010.