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L'azienda

La vigna del Cavaliere de “I Viceré”. Un nuovo progetto sull’Etna

23 Ottobre 2012
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C’è sempre un velo di piacere nell’accogliere la notizia della nascita di una nuova azienda sull’Etna.

La “giovane centenaria” storia enologica etnea sente infatti il costante bisogno di arricchire di nuovi capitoli il corso degli eventi. Perché il valore di un paesaggio, di uno scenario, di una contrada sta anche nei geni che raccontano un passato glorioso e denso di storia. E la neonata “Feudo di Gulfa” pare si sia fatta carico di patrocinare questa mission.

Si è affacciata timidamente alla ribalta di mercati e critici con un vino che la timidezza la sa simulare molto bene. E’ il “Rosso di Gulfa” un Doc dell’Etna che subito ti colpisce per l’eleganza del suo abito che nasconde molto bene il carattere vulcanico che gli sta sotto per non dire dentro. Un vero ruffiano che piacerà molto alle donne, perché beverino nonostante i suoi 14,5 gradi ma anche ammaliante con i suoi tannini venati e un imbocco mielato che non interferisce sull’acidità dotata della stessa freschezza di un’acqua da sorgente d’alta montagna. Nasce da uve che crescono sul versante sudovest, considerato a torto il meno predisposto ad esaltare le tipicità dell’Etna. Si comincia a scoprire invece che su questo fianco i vigneti godono della migliore incidenza dei raggi solari e, altro asso nella manica, anche della caratteristica di tenersi al riparo dalle brezze e dall’umidità generata dallo Jonio. Favorendo altresì oltre ad uno sviluppo all’insegna dell’integrità tendendo alla larga i pericoli dell’umidità e relative muffe e una più ampia escursione termica fra notte e giorno. Che privilegia i vitigni a bacca bianca ma non solo.

E’ la prima etichetta del catalogo. La sua vocazione: rimanere il vino base del catalogo, e fregiarsi dell’incarico di apripista ai successivi vini di livello degni di un Etna che vuole  primeggiare agli occhi del mondo. Almeno così lo ha pensato Michele  Bean l’enologo di fresca nomina, il secondo vino. Selezionando le uve di un certo cru già in fermentazione da alcuni giorni, la cui caratteristica dovrà essere  la vera espressione della  relazione  tra i  caratteri del terreno vulcanico e quelli della diversa esposizione del  versante. E conformarsi al business plan stilata da Vincenzo Vacirca ultimo rampollo della famiglia, 35enne di new generation e notaio affermato in quel di Catania, che appena entrato in azienda  ha aperto le finestre facendo entrare aria nuova con  molte idee innovative, progetti ambiziosi di ristrutturazione e cospicue risorse finanziarie tutte attinte dalla cassaforte familiare.


Vincenzo Vacirca

La sua storia familiare si fregia tra l’altro di un ricco, lungo e particolare legame col vissuto trascorso. Un cespite fondiario, fortemente rivalutato. Quattordici ettari, ubicati a Santa Maria di Licodia agro Biancavilla a circa 900 metri d’altitudine, in contrada del Cavaliere, citata da  De Roberto ne “I Viceré”. Nel settimo capitolo della seconda parte si legge: “Don Blasco Uzeda, ex benedettino del monastero di S. Nicolò l’Arena di Catania, una volta secolarizzato, tramite un prestanome venne in possesso di una delle migliori terre dei benedettini: la “vigna del Cavaliere”.  E dal 1874, questa vigna del Cavaliere è di proprietà, e per cinque generazioni, della famiglia Vacirca. Tra gli ultimi, l’avvocato Lucio, papà di Vincenzo unitosi in matrimonio con Carmela Floreno, donna di gran classe ed elevata carriera professionale con prestigiosi incarichi istituzionali (tra gli ultimi la nomina di Prefetto alla provincia di  Siracusa).  Che in dote, oltre ai cespiti materiali, portò  come valore aggiunto un patrimoniostorico-culturale carico  di passati e virtù nobiliari del cui stemma l’azienda potrà fregiarsi per valorizzare la sua immagine.


Vigna del Cavaliere

La sua origine è spagnola. Giunse in Sicilia nel 1531 al seguito della  corte di Carlo V. Sbarcarono nell’agro girgentino e lì per secoli stanziarono. Poi nei secoli scorsi la famiglia Floreno si trasferì nell’antica Adernò(oggi Adrano)  vicino Biancavilla. Storie di famiglie, come ne “I Viceré”. Trame diverse ma stessa concretezza e controllato ottimismo come i due caratteri qualificanti della personalità di Vincenzo Vacirca tutta manifestata dalla luminosità sottile e riverente che dardeggia il suo sguardo, quando parla del “suo” vino, racconta le trame dei suoi progetti e i piani programmatici di lancio. Che qui sintetizziamo: costruzione di una nuova cantina, nuova etichetta nel 2013, un cru rosso, e un primo bianco; ristrutturazione degli antichi immobili dell’azienda, altri e tanti cru quanti i terreni ne consentiranno. E tagliare entro il 2017 il traguardo di 70mila bottiglie tappate per presentarsi sui mercati esteri con numeri e qualità idonee ai criteri dell’ export.

Stefano Gurrera


Feudo di Gulfa
C.da Cavaliere – Via del Bosco, 211
S. Maria di Licodia (Ct)
info@feudodigulfa.com