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L'azienda

I giovani Lunelli: i nostri primi duecento giorni

03 Aprile 2012


Marcello, Camilla, Matteo e Alessandro Lunelli

Se la sono incorniciata in mogano piumato e poi appesa, a mo’ di crocefisso, alle loro spalle, dietro la scrivania: “Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo! Se vuoi veramente possederlo”.

E’ una regola di  Wolfgang von Goethe e la sentono come un simbolo apostolico ancor più oggi  a duecento giorni dall’investitura ufficiale di reggenti  di una delle olding, e dei brand, più prestigiosi d’Italia, la Ferrari Spumanti. Sono i quattro giovani cugini Lunelli le cui età, se messe assieme, non sommano neppure centocinquant’anni.

Matteo, direttore amministrativo laurea alla Bocconi e una  esperienza molto più che formativa alla Goldman Sachs, una delle più grandi banche d’affari del mondo, figlio  di Giorgio, 38enne che non si è fatto pregare quando lo zio Gino, lo ha richiamato in azienda a far rifermentare il suo talento; Camilla donna di gran classe per cui l’età va taciuta ma  per certo è ancor più giovane, ed è responsabile alla comunicazione e pubbliche relazioni nonché sorella di Alessandro, terzo cugino, con  laurea in Ingegneria e direttore tecnico di tutte le cantine. Entrambi figli di Mauro a cui si devono alcuni  dei tanti gioielli del catalogo, il Perlé, il primo  rosé italiano. Completa il quartetto Marcello, figlio di Franco, laurea in Agronomia e direttore enologico.

Quattro spavaldi ragazzi che, appena arrivati,  “hanno aperto le finestre e fatto circolare aria nuova”. Imponendosi il “metodo classico” di cui hanno molta dimestichezza, di convivere “mettendo al bando  le invidie e le gelosie personali e anteporre gli interessi dell’azienda a quelli individuali”.

“Sì, sono veri questi  due aspetti – afferma Matteo – ma il motore sta nella nostra passione ma anche nella voglia di  innovazione nel rispetto della tradizione e soprattutto di mantenere, se non  migliorare l’alto livello di qualità, del quale ne sono un tangibile esempio i nostri millesimati 2005 e 2006. Che al Vinitaly hanno riscosso lusinghieri consensi al nostro stand rinnovato dove non abbiamo anche voluto raccontare non solo i nostri vini ma la nostra immagine rinnovata. E la Cantina di Castelbuono, il cui modellino esposto ha raccolto un successo di visite e curiosità,  è un esempio dell’innovazione di questo gruppo”.

Una holding che gestisce altri marchi  di eccellenza del bere italiano quali l’Acqua Sorgiva, il marchio storico della grappa Segnana, la Locanda Margon, un luogo di sovranità e sperimentazioni per innovativi  abbinamenti con le bollicine,  i vini trentini Lunelli, i toscani della Tenuta Podernovo e gli umbri della Tenuta Castelbuono con la sua cantina-scultura progettata da Arnaldo Pomodoro che sarà inaugurata il 16 giugno. Gruppo il cui fatturato si aggira sui 75 milioni, con un  l’export che  tocca 40 paesi e si taglia un segmento pari al 40% del fatturato e una forza lavoro di circa duecento dipendenti. “Eppure dobbiamo ancora crescere – afferma Camilla Lunelli – e lo faremo apportando delle innovazioni che già sono in atto e tangibili non solo  con prodotti nuovi ma con  un modo nuovo di comunicare ovvero  l’approccio ai media, i social networks  e tutti gli altri strumenti del web rivelatisi  efficaci per una comunicazione  penetrante  e   globale.   La nostra mission è quella di perpetuare i principi che hanno fatto di questa cantina sia un successo che la storia dell’enologia italiana”.

Storia scritta dai padri e dal nonno Bruno. E Alessandro e Marcello, direttore tecnico e direttore enologico,  ne esaltano le loro qualità: “Sono stati così lungimiranti e fiduciosi da lasciarci le redini del comando dell’azienda. Certo la nostra affidabilità è maturata col tempo e la loro fiducia si è consolidata con l’esempio di quel nostro affiatamento che noi giovani  cugini della new generation abbiamo cominciato ha consolidare sin dai primi anni di gavetta. Il segreto? Ci vogliamo bene ci rispettiamo e la squadra che si forma ha un’efficacia incredibile. Che ci rende anche sicuri dii certe azioni coraggiose che a volte prendiamo senza preventivamente chiedere il permesso alla vecchia generazione ma informandola dopo. E questo ci riempie sia di responsabilità che di grande entusiasmo”.

Un bell’esempio  di “family business”, un modello giuridico che, secondo gli economisti, soffre spesso di alcuni limiti individuabili nel “rischio storico di avere una proprietà forse troppo invadente e onnipresente, con pochissime deleghe lasciate ai manager esterni”. Ma di questi limiti i Lunelli della penultima generazione ne sono sta sempre consapevolmente  coscienti. Infatti nel consiglio di amministrazione hanno preteso, a fianco dei giovani rampolli, alcune figure “esterne”. Confermando nel Cda Guido Pianaroli come amministratore delegato e la presenza di Innocenzo Cipolletta e Lino Benassi, tre figure di grande caratura economica.

Stefano Gurrera

 

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